Sergio Tavčar

Sergio Tavčar

Dove eravamo rimasti? Già, evidentemente la gente mi conosce poco, eppure penso di essere coerente, anche e soprattutto perché fondamentalmente sono testardo come un mulo. Come avrete capito da queste mie note sono inoltre uno che, quando matura un’opinione che nel suo animo diventa certezza, da quella non si schioda più. Per cui credetemi bene, perché molti di voi mi conoscono di persona, se dico che il basket attuale non mi interessa più, proprio non mi interessa più. Non è un vezzo, è un fatto. Non è che lo dica per far passare l’idea che è uno schifo e che bisogna cambiarlo, bisogna ritornare ai tempi che furono, eccetera, eccetera. No, il basket che si gioca oggigiorno non mi piace, sarà quello che volete, più frizzante, più atletico, sarà tutta un’altra cosa rispetto a una volta, le partite fra giocatori di una volta e quelli di esso non avrebbero storia, può anche essere, ma non mi interessa. Punto. Per cui la mia lunga pausa è dovuta al fatto che non so cosa scrivere. Vi dovrei ancora il pezzo che avevo promesso tanto tempo fa sullo sport femminile in genere e di come lo vedo io, perché secondo me qui siamo in presenza di una fondamentale frontiera che più o meno divide una civiltà evoluta da una primitiva, e cioè qual è la condizione femminile in quella determinata società, nella quale lo sport è una fondamentale cartina di tornasole per comprendere i trend sociali dominanti. In breve, analizzando un po’ quale sia il rapporto donna-sport, si possono facilmente trarre fondate deduzioni su quale sia il reale ruolo della donna nella società, al netto di tutte le scontate e fumose frasi di circostanza. E’ un argomento che mi affascina, e per quanto non sia esattamente un sociologo, anzi in fatto di istruzione formale (per fortuna?) sono totalmente digiuno, vi ho riflettuto moltissimo provando a capitalizzare le esperienze fatte allenando gruppi di ragazze paragonandole a quelle maturate allenando i ragazzi e, se vi interessa, ne parlerò con molto piacere.

Tanto più ho poca voglia di parlare di basket perché, onestamente, non riesco a trovare spunti dai vostri commenti. Ormai di tecnica, di gioco, di basket in sé se ne parla sempre di meno e, scusatemi,  sempre peggio visto che tantissimi commentatori della prim’ora ormai non intervengono più. Ogni tanto mi capita di leggere qualche commento eccellente, centrato ottimamente sul pezzo, che meriterebbe di essere discusso e allargato, ma normalmente viene coperto da improperi a capocchia di missionari fondamentalisti del verbo NBA (che ovviamente come tutti i fondamentalisti sono prontissimi immediatamente all’attacco di quelli che loro ritengono eretici accusandoli con sdegno delle cose che per primi commettono loro – uno non può essere fondamentalista e integralista se non ritiene che tutti lo siano, per cui uno che non pensa come loro è automaticamente il male da estirpare perché non convertibile, non prendendo in considerazione il fatto che esistono persone che la pensano in un determinato modo senza per forza ritenere che sia la Verità assoluta), per cui il dialogo scade a un eroico tentativo di Edoardo di resistere nel ridotto del fortino al fuoco nemico incrociato, tentativo che però, visto che nessuno gli dà (giustamente, scusa Edoardo, perché lo sforzo è assolutamente inutile) una mano, alla fine di una schermaglia di accuse reciproche e di patetici sarcasmi incrociati finisce letteralmente in vacca nel più glorioso solco dei vari processi calcistici televisivi. Il che, se mi permettete un po’ di snobismo, non era certamente quello che mi aspettavo per il mio blog.

Per inquadrare un po’ la situazione racconterò del basket di questa stagione entrante che ho finora visto in TV. L’unica cosa che avrei guardato volentieri erano i Mondiali femminili, ma non sapevo neanche che ci fossero né chi li trasmettesse, per cui ho saputo della loro effettuazione a giochi finiti. Poi ho visto l’amichevole degli Spurs a Berlino e un pezzo di quella di Istanbul, dell’Eurolega del venerdì (il giovedì c’è il simultaneo nazionale di bridge, per cui non guardo la TV di sera, essendo al Circolo) ho visto un pezzo della partita di Sassari a Nižnij Novgorod, quasi tutta la partita sempre di Sassari contro l’Anadolu Efes e l’ultimo quarto di Unics-Real, del campionato ho visto Venezia contro Roma (a spezzoni) e un pezzo di Milano-Venezia. Tutto qua. Per cui sarebbe stupido se cercassi di commentare quanto visto non avendo dati sufficienti a disposizione. Mi sono anche chiesto se per caso sto diventando troppo vecchio e di conseguenza incapace a guardare un evento qualsiasi per lungo tempo mantenendo viva la concentrazione. Ora, a parte che giocare a bridge per quattro ore comporta l’uso di molta concentrazione che riesco a mantenere senza soverchi problemi, ho pure guardato con molto interesse tutti gli Europei di atletica per non parlare della Ryder di golf, della quale ho visto ogni minuto possibile facendo anche un grande tifo con pugni levati al cielo quando Jamie Donaldson ha messo dato (cioè a qualche centimetro dalla buca) il secondo colpo alla 15 dell’ultimo giro portando all’Europa il punto decisivo.  Per cui sono arrivato alla conclusione che è proprio il basket come tale a non interessarmi più.

Per fare un esempio: io vorrei tanto vedere qualche play vero che faccia giocare la squadra in modo logico e coerente, che ragioni in campo, insomma vorrei vedere le cellule grigie in azione. E invece vedo che De Nicolao se ne è andato in Lega Gold a Verona, per cui non lo vedrò più in questa stagione, se non andando a cercare strane emittenti che trasmettono questa Lega, cosa di cui non ho proprio la minima voglia. Poi guardo Venezia e vedo il nostro nipote di Matteo Boniciolli (figlio della sorella) che gioca con grande autorità e lucidità, benedico l’Onnipotente che ogni tanto fa nascere nella mia città ancora giocatori di basket, per cui non occorre riandare ai tempi di Pieri e poi di Iellini o di Pozzecco (Poz scusami, ma ti ritengo triestino a tutti gli effetti, malgrado i tuoi natali goriziani), ma vedo anche che la squadra ce l’ha in mano Goss che sarà sì un veterano di sicuro affidamento, ma che certamente non risponde ai miei canoni di play, semmai tutto l’opposto, per non parlare che ogni tanto vorrebbe fare il play anche quella straordinaria pippa spaziale (come definisce un giocatore il mio amico Lorenzo Sani nel libro che ha appena pubblicato e che consiglio a tutti di prendere – fra l’altro mi ha detto che a breve farà una presentazione a Gorizia) di nome Storm, o come cavolo si chiama, paracadutato non si sa bene da quale lontano pianeta sul campo per lui totalmente alieno di basket. Parlando di nuovi fenomeni del campionato italiano, ve lo raccomando altamente quello preso da Milano, tale Brooks al confronto del quale quello ex Cantù e ora a Sassari sembra Michael Jordan. Ma dove li trovano? Che ricerche fanno? Chi sono gli esperti che li scovano e raccomandano? Eppure di americani da sbarco ce ne è a bizzeffe e certuni sono proprio bravi, solo che normalmente, non si sa perché, giocano in squadre senza particolari ambizioni, salvo poi venir scoperti dagli squadroni che intanto hanno dovuto sopportare questi brocchi dal gran pedigree che, a furia di attendere che si ambientino (?), il campionato è già andato a ramengo. Fra l’altro, visto Langford contro il Real, mi sembra proprio che Milano lo rimpiangerà sanguinosamente. Con tutto il rispetto per i giocatori che per ragioni mediatiche vengono pompati fino all’esaurimento psichico l’anno scorso l’anima della squadra era lui e i risultati erano direttamente proporzionali al suo rendimento.

Vorrei per finire dire qualcosa anche su un argomento importante che avete toccato: quello della situazione giuridica dei giocatori di basket che pare fatta apposta per suggerire e poi mettere in pratica tutta una serie di manovre illegali con l’intento fondamentale di evadere le tasse, sport nel quale l’Italia dà giri di pista a tutto il mondo coalizzato assieme. Quello che voglio dire per prima cosa è, anche avendo tentato di capire senza alcun tipo di successo in cosa essenzialmente consistesse il caso Akele, che prendendo a paragone me stesso, persona che reputo di intelligenza media nella norma di un essere umano normale, e non capendoci un tubo, arrivo alla conclusione che la cosa è fatta in modo che solo i furbi molto addentro alle cose sanno come affrontarla, per cui la conclusione logica che se trae è che, come in tanti altri campi, la legislazione è volutamente farraginosa, fumosa e piena di eccezioni, buchi e possibilità di cavilli vari, proprio per permettere ogni possibile interpretazione, cosa che riporta il tutto, sotto la patina di una legislazione ferrea, alla più classica delle leggi della giungla, nella quale vince il più furbo e abile. Io sono un’anima candida da questo punto di vista. Non riesco a capire perché, se una squadra è formata da professionisti che sono a contratto, le leggi per loro non debbano essere esattamente quelle che regolano il lavoro subordinato a termine che c’è nel mondo del lavoro. Tot di paga, tot di ritenute fiscali, fine. Il tutto pubblico. Se invece una squadra è formata da dilettanti, allora giocano gratis. Se no che dilettanti sono? Ah, dite che quelli delle varie DNA, B o C non sono dilettanti? E allora anche per loro: legge che ricalca quella del lavoro saltuario, agevolazioni fiscali magari, ma fattura e ritenuta d’acconto, please. Se poi il club li paga in nero e loro figurano che giocano gratis, allora per favore ogni tanto la Finanza vada a vedere con quali soldi si pagano il SUV per andare all’allenamento o con quali soldi si pagano la villa e la badante per i figli. Cioè come per ogni evasore “normale”. Con ovvie conseguenze per il club che, se fossimo americani, che per queste cose non hanno il minimo senso dell’umorismo visto che è il campo della loro entità fondamentale per eccellenza, i soldi, sarebbe radiazione immediata, ma visto che siamo italiani basterebbe una megamulta senza conseguenze sportive, megamulta con la quale magari rimpolpare le casse dei vari Comitati periferici.

Semplicistico? Ingenuo? Patetico anche? Certo. Me ne rendo perfettamente conto. Era solo comunque per far passare un’idea, che è quella che ricalca più o meno quello che disse una volta Cartesio: “La Società meglio regolata è quella che ha poche leggi e molto semplici che però tutti rispettano”. La fotografia dell’Italia, insomma.


Sergiotavcar.com