A1 Femminile Beatrice Carta

Il play sardo, appena giunto alla Dike Napoli, ha degli obiettivi ben precisi: Campionato ed Eurocup con la Dike, strizzando l’occhio a Rio 2016.

Beatrice Carta, classe 1992, è una cestista che ha carattere da vendere, una giocatrice che mostra la sua passione per la pallacanestro riallacciandosi le scarpe da gioco nonostante i brutti infortuni subiti, ma sempre col sorriso. Quest’anno, ha indossato la maglia della Nazionale italiana alle Universiadi giocando intensamente contro squadre come gli Stati Uniti e la Repubblica Ceca, dando il massimo e portando l’Italia al nono posto. Dopo una vita passata nella sua amata Cagliari – e una pausa a Seattle, purtroppo durata poco a causa di un infortunio –, il playmaker Beatrice è passata alla Dike Napoli con lo scopo di avere nuove soddisfazioni e di arrivare più in alto.

Com’è nata la passione per la pallacanestro? La tua è una famiglia di cestisti?

È iniziato tutto con mio fratello. I miei genitori lo portarono a giocare a basket quando aveva più o meno 5 anni..è stato così che io e mia sorella, poco più piccole, abbiamo avuto il primo approccio alla palla a spicchi. La società di mio fratello si trovava accanto ad una società di basket femminile e, per una questione di lavoro e di comodità, iniziammo anche io e mia sorella a giocare a basket.

Indossare la maglia azzurra in Under 16, Under 18 e Universiadi quante emozioni? La vittoria più bella e la squadra più tosta?

La vittoria più bella è sicuramente quella dell’oro all’Europeo Under 18, mentre la squadra più tosta, invece, è stata la Spagna. Fisicamente e atleticamente la squadra USA, incontrata quest’estate alle Universiadi, non ha eguali.

Quanti sacrifici in serie A e in Nazionale, lontano da casa?

In realtà quest’anno è il primo lontano da casa, escludendo la parentesi a Seattle, in quanto ho sempre giocato a Cagliari. Posso dire che, finora, il sacrificio di star lontano da casa vale la pena.

L’esperienza americana, nonostante l’infortunio, cos’hai imparato? Che differenza c’è, rispetto alla preparazione italiana, a livello fisico-tecnico? Qual è il loro punto di forza?

Come dicevo prima, fisicamente e atleticamente sono ad un livello superiore. Il fatto che sia in pre-season che in post-season (estate compresa) tutta la squadra faccia pesi e “conditioning” 3-4 volte a settimana (alle 5.30 del mattino, dopo ci sono le lezioni) la dice lunga. Il nostro basket, a differenza del loro, è meno fisico e meno individuale, ma più tattico, si basa maggiormente sulle letture di gioco.

Ora, a Napoli, cosa ti aspetti e che obiettivi ti sei predisposta?

Mi aspetto di crescere e migliorare tanto, sia dal punto di vista fisico-tecnico che mentale. E per quanto riguarda gli obiettivi di squadra, beh, sicuramente arrivare il più lontano possibile sia in campionato che in Eurocup.

Il basket è sempre stato, in Italia, surclassato dal calcio..cosa pensi del basket italiano e, soprattutto del basket femminile di cui ancora si parla troppo poco?

Penso che il basket femminile sia troppo trascurato e snobbato qui in Italia, mentre in altre Nazioni è molto più seguito e valorizzato.

Il sogno nel cassetto? Hai mai pensato ad un futuro da coach?

No, sinceramente non ci ho mai pensato. Io studio Economia quindi le mie aspettative lavorative sono rivolte ad un ambito diverso. Da buona sportiva il mio sogno nel cassetto è…partecipare alle Olimpiadi.

Il tuo idolo da bambina e il tuo idolo di oggi?

Sempre Pozzecco!

 

Foto: Federazione Italiana Pallacanestro – Italbasket