Dailybasket racconta, o ci prova, le gesta degli atleti e delle squadre che giocano a pallacanestro ma non solo. In periodi di riflessioni su campionati, regolamenti e comunicazione abbiamo intervistato un “ragazzo” piuttosto fuori dagli schemi. Pochi peli sulla lingua e tanta creatività’ e voglia di fare. Tifosissimo dell’Hellas Verona ma sopratutto cresciuto con la Forli baskettara prima come tifoso poi come “addetto ai lavori” col sito Forlibasket che tanto ha fatto parlare nella cittadina romagnola. Spesso voce contraria e poco aziendalista e’ stato reclutato alla Forli 2.0, quella del post Boccio e delle macerie lasciate sul campo e nella bocca amara come il fiele degli oltre 3000 appassionati forlivesi. Da questa stagione ad aiutare la Virtus Roma del “forlivese” Ronci lo abbiamo punzecchiato sui temi disparati, dalla comunicazione alle Leghe ai suoi ricordi sino alle prime mosse di Tanjevic. ..

Prima cosa da quanti anni segui la pallacanestro? Ti ricordi perché ed in che modo ti sei appassionato al basket?

In realtà, come per quasi tutti gli italioti, la mia passione per lo sport nasce con il calcio… Per me il “Mundial” dell’82 (avevo 9 anni) fu una folgorazione: a causa della quale ho guardato e pensato al “pallone”, non sapendo neppure cosa fosse il basket, lungo quei preziosissimi anni in cui un ragazzino potrebbe teoricamente “metter su” i fondamentali. Capirai, 193 cm col 46 di piede: avrei mai potuto giocare a calcio? Un Jolly Colombani Forlì – Stefanel Trieste, una domenica di ottobre del 1986 al Villa Romiti, io 13enne mio padre coi biglietti omaggio che la Conad regaló alla mamma dopo una congrua spesa, cambió leggermente il quadro. Capii praticamente subito che quella roba lì sarebbe stata per sempre. Piantai il sedere ogni santa domenica al palasport e mi misi, sia pur tardivamente, a giocare a pallacanestro.

Ci sono partite che ricordi con maggiore entusiasmo o, all’opposto, con sconforto?

Ovviamente al centro del mio immaginario cestistico c’è la “mia” Forlì. Sarebbe facile citare il 3-0 di Forlì a Rimini, maggio 1995: gol di Niccolai sulla sirena e promozione dell’ Olitalia in A1. Ma di sicuro le due “prime volte”, anche se molto più lontane nel tempo, sono maggiormente stampate nella mia mente: il Jolly Colombani- Stefanel del debutto assoluto di cui dicevo prima, e poi, come scordarla’, la prima trasferta, a Fabriano, ottobre 1987: Alno- Jolly Colombani 88-92 dopo un tempo supplementare con le triple decisive del “Barone” Franco Boselli. Uscendo dal loop forlivese – ma fino a un certo punto poiché resterò al Palafiera e omaggerò la realtà con cui collaboro oggi, la Virtus Roma – la finale di Coppa Italia della prima Final Four di tutti i tempi, credo fosse il 1990. Tra la Virtus Bologna di un incantevole Sugar Richardson e Il Messaggero miliardario della breve epopea del Gruppo Ferruzzi, quello del Bianchini II, con Brian Shaw e Danny Ferry: fu la mia prima “Grande Partita” vista dal vivo. La partita dello sconforto? Beh, anche se la seguivo da cronista e non da tifoso, non posso negare che la tripla di Malaventura in Gara5 per la promozione in LegaDue del 2010 tra Fortitudo e la Fulgor Libertas Forlì fu una inc…, fu una mazzata incredibile. Forlì-città quella sera meritava quella festa che covava nell’aria. Essere stati (giustamente) ripescati un mese dopo non fu la stessa cosa. Sacrati dovrebbe corrispondere a Forlì “danni morali” per “risarcimento emotivo”.

Foto Claudio Devizzi Grassi 2015

Matteo Malaventura in maglia di Ravenna i(foto Claudio Devizzi Grassi 2015)

Parlando di marketing legato alla pallacanestro. Cosa manca alle società italiane ed in che modo per te potrebbero migliorare?

Di base, due cose sono abbastanza drammatiche nel basket italiano. La prima è l’approccio all’investitore. Uno sponsor non può più essere quello che ti fa sostanziosi assegni in cambio di un logo sui pantaloncini o di un led a bordo campo. Oggi chi ti pagherebbe per questa roba, dentro a campionati mediaticamente marginali? A mio avviso ogni singolo club dovrebbe fare della propria compagine di soci e sponsor un club esclusivo di professionisti e imprenditori eccellenti. Gente che si frequenta la domenica, in una hospitality civile, e magari pure qualche volta tra settimana. Non necessariamente per cospirare l’esonero dell’allenatore o gonfiarsi il petto per qualche vittoria. Ma magari per parlare di business. Un club esclusivo in cui con la destra investe e con la sinistra recupera, magari all’inizio anche solo parzialmente, entrando però in contatto con interlocutori con cui fare affari, se non oggi domani o dopodomani. Aggiungo che il movimento basket – ne fosse capace – dovrebbe caricare tutta sta gente, proveniente da diversi club, a proprie spese su dei cargo diretti alle Maldive. Per farli stare 7 giorni assieme: workshop di piacere per conoscersi, relazionare e creare un network-basket.

E l’altra cosa drammatica?

Situazioni palesemente farlocche, che in altri contesti durerebbero il tempo di una risata, vengono prese terribilmente sul serio: penso a casi, che ho seguito da vicino, come quelli di Riviera Solare a Rimini o Boccio a Forlì. In Italia, mentre i coniugi Gerasimenko a mettono a repentaglio la storia di Cantù, Raffaele Ferraro de La Giornata Tipo, il miglior comunicatore del basket italiano, viene scaricato dalla Virtus Bologna a luglio con un contratto firmato dieci giorni prima, ancora prima di cominciare a lavorare. Il tutto per essere incolpevolmente finito dentro qualche assurdo gioco di potere interno al club. Cose come queste credo spieghino tutto o quasi. Però se vuoi potrei parlare del fatto che la Serie A la stagione scorsa, anno di grazia 2017, non avesse ancora una piattaforma di web streaming. O che LNP Pass da due anni presenta la dicitura “presto sarà possibile pagare anche con PayPal”. Devo andare avanti?

Negli addetti stampa e nei siti internet sempre più dilettantismo cosi come sempre più giornalisti non pagati o proprio poco. Problema di qualità?

Dentro al mondo dei giornalisti e degli addetti stampa, più che tra dilettanti e professionisti, distinguerei tra scarsi e bravi. Pensare che la tessera dell’ordine dei giornalisti, di cui peraltro sono in possesso, distingua chi é competente da chi non lo è, appartiene ad un’impostazione novecentesca del guardare le cose. Raffaele Baldini di Trieste, che per hobby dirige BasketNet ma di lavoro fa l’arredatore d’interni, o Casalsoli di Firenze o De Persis di Veroli o Maggitti di Roseto o Caianiello di Roma o il mio ex compagno di merende Romualdi valgono forse meno di certi cronisti bolsi e tremebondi con tessera in tasca? Quanto alla remunerazione risibile o inesistente dei cronisti, incolpo chi si presta ad gioco. Se abitui un editore a non pagarti, non ti pagherà mai. La gavetta “a gratis” deve essere tale, ossia deve essere a tempo: non uno stato di cose consolidato.

Hai lavorato alla comunicazione della “rinascente” Forlì dal 2015 al 2017, ora collabori con la Virtus Roma. Quali le differenze tra queste due realtà?

Le differenze sono totali. Forlì è una città in cui il basket è sottopelle, aleggia nell’aria 7 giorni su 7. Ci sono 3.000 allupati da nutrire, e lì la sfida è sollecitarli, divertirli, a volte quasi farli “respirare” quando si ingastriscono troppo, ricordando loro che suvvìa, in fin dei conti si sta parlando solo di basket! È stato straordinariamente bello e sfidante impostare da zero comunicazione e biglietteria proprio come, da utente, per lustri, li avrei voluti. Così come fa piacere vedere che i ragazzi che se ne occupano oggi lo fanno mettendoci del loro con spunti pregevoli ma dando sostanziale continuità al solco tracciato. A Roma, dove faccio una collaborazione decisamente più “light”, dando umilmente una mano e qualche dritta ai ragazzi operativi sul campo, c’è un potenziale incredibile ma tutto da riconquistare. Migliaia di praticanti che si annidano tra 3 milioni di persone… migliaia di ragazzini con NBA Pass nello smartphone… in fin dei conti si tratta solo di spiegar loro dov’è il PalaTiziano. Facile no?

Boscia Tanjevic,

Parliamo di siti web, quello della LBA e’ in modalità’ beta da tanti anni. Quale il tuo pensiero in merito? Quale il panorama delle società’ di A ed LNP?

Al sito della Lega Basket sono affezionato. E’ – mi si passi il termine – un troiaio pazzesco praticamente da sempre. Un casino organizzato cui per la verità mi sono anche abituato: insomma se lo riorganizzassero confesso che ci resterei un pó male. Seriamente, la “rottura” del database statistico che avvenne ai tempi della scissione tra Serie A e LegaDue è stato un danno atroce all’attendibilità del basket italiano e non scherzo affatto. Non c’è la possibilità di soppesare in modo attendibile le centinaia di atleti che in carriera abbiano giocato nelle due leghe. Cioè per vedere la carriera di Alvin Young devo accorpare le statistiche di A e LegaDue (ah, è vero che non c’è più quel sito, quindi nisba) e Lnp con la calcolatrice: dai, ma ce ne rendiamo conto? I siti delle squadre progrediscono, ma il vero salto sarà quando produrranno, oltre al doveroso servizio informativo, tangibile “valore economico” per il club attraverso la “conversione” della visita in business, con l’acquisto di biglietti e merchandising.

Quali iniziative le Leghe e le società’ dovrebbero spingere per appassionare sempre più’ persone? In passato All Star Game e super coppe sono state quasi un flop.

Le Super Coppe di settembre sono posticce, vengono percepite come appendici del precampionato, lascerei perdere… meglio allora l’Open di un tempo, inviti una franchigia Nba al PalaEur, riempi con 12/13000 ragazzi in brodo di giuggiole, cerchi di bombardarli come puoi con tutte le iniziative possibili a far loro capire che un derby Virtus-Fortitudo potrebbe in un certo senso essere meglio di Clippers- Lakers. Gli All Star Game no dai… quelli sono delle ciofeche! Ne ricordo uno della Giba a Forlì un sacco di tempo fa, lo tengo come uno dei ricordi più angoscianti della mia vita. Quella roba lì, ivi incluse le cheerleaders nei timeout o le kiss cam, sono robe che dobbiamo lasciare agli americani: sanno farle e sono insite nella loro “cultura”.  Cosa piace all’italiano? Ne dico una delle tante, il cibo di strada. Fuori dai palasport (o dentro, in qualche posto sarebbe possibile farlo) perché 2 ore prima e 1 ora dopo la partita non posso avere 4/5 corner di qualità (panini gourmet, hamburger, piadine, birre artigianali, cantine vinicole) con delle panche dove sedermi e stare con gli amici prima o dopo le partite? Io credo che le società se riuscissero a organizzare qualcosa del genere ci guadagnerebbero molto più che dai biglietti. Ho visto delle foto di una cosa del genere fatta dai tedeschi a Bamberg. Ah quella vecchia regola… “se non sai fare, copia da chi sa fare”. Che poi talvolta più che sul cosa “fare” basterebbe focalizzarsi su cosa il basket italiano deve “non fare”.

Ad esempio?

L’anno scorso ho toccato con mano, in un Andrea Costa Imola – Unieuro Forlì penultima giornata, con doppia salvezza in palio, di cosa il mondo del basket possa essere capace. Derby che, se spostato a Faenza (10 km da Imola), avrebbe potuto fare 4.000, Imola scelse (legittimamente) di giocarlo nel suo palasport da 1.800. E va bene. La Questura impose capienza massima 1.500 per ragioni di ordine pubblico. Poi vietò la trasferta ai tifosi di Forlì. Quindi hanno ripristinato i 1.800? No, rimasti a 1.500, senza che Imola muovesse un sopracciglio. E siccome Imola non faceva valere gli abbonamenti perché vigeva per l’occasione la “Giornata Biancorossa”, pensarono bene, per evitare infiltrazioni forlivesi, di fare il biglietto (a prezzi aumentati del 50%) nominativo. Cioè il cancro che ha svuotato gli stadi italiani. Della serie: non l’abbiamo ma ce lo auto-imponiamo da soli. Geni. Morale: 600 spettatori reali contro 4.000 potenziali.

Un pensiero su Tanjevic e le sue prime idee?

Quella di Tanjevic é stata una scelta emotiva, dettata dalla necessità della Fip di dare una risposta rapida agli appassionati dopo l’ennesimo buco nell’acqua azzurro. Scelta chiaramente estemporanea, dato che ora Tanjevic si ritrova a capo della Nazionale l’ottimo Sacchetti, che cestisticamente parla un’altra lingua rispetto a lui. Non ho prestato grande attenzione alle ricette magiche, o presunte tali, dispensate da questo grande ex-allenatore, sul quale dal mio punto di vista grava e graverà sempre la colpa di aver sempre represso il mio adorato Poz. Se quella cosa dell’A2 con 1 solo americano è farina del suo sacco, direi che cominciamo male. Certamente mi fa riflettere un movimento che fino ai 19 anni in Europa é dominante o quasi, e poi a livello senior si compiace di un quarto di finale agli Europei. Mi interrogo da anni su questa domanda: bisogna dare spazi garantiti agli italiani in Serie A o esortare i nostri ragazzi a tirare fuori i coglioni e andarsela a guadagnare in campionati che diano loro giuste opportunità? Non ho ancora deciso, però guardo Nicoló Melli e penso che la “2” forse non sarebbe male.

Il nuovo logo della Legabasket Serie A

Con Forlibasket eravate diventati un punto di riferimento a Forli ma anche in tutta Italia. Ora aggiungi contenuti al tuo blog Punto Gira. Quale il tuo obbiettivo?

Forlibasket sono stati 12 anni (più un overtime di un ulteriore anno senza di me che, col senno di poi, avrei dovuto impedire abbassando d’imperio la saracinesca) ruggenti, divertenti, formativi, irripetibili. Capitolo chiuso. PuntoGira.it nasce con l’obiettivo di focalizzare, prevalentemente con dei video autoprodotti, i momenti più interessanti che propone il vasto mondo della comunicazione sportiva. Sono partito in quarta a gennaio 2017 ma, lo ammetto, sono in crisi d’ispirazione. Che ne dici, chiamo Tanjevic per farmi dare una dritta?