ATLANTA HAWKS (9-5): Tutto sembrava avviato verso un cammino senza intoppi e con il pilota automatico. Anche perché Bazemore è entrato in quintetto alla grande, senza far rimpiangere (un po’ a sorpresa) Carroll, e gli altri stavano viaggiando a pieno regime. Tutto come nella passata stagione insomma. Invece no, perché nell’ultimo periodo è arrivato qualche passo falso di troppo, pure inaspettato. Niente di grave, per carità, però non va nemmeno preso sotto gamba. Il primo posto nella Division è ancora realtà e così un posto al sole nella Conference, ma le tre sconfitte consecutive contro Boston, Utah e Brooklyn hanno fatto scattare il solito campanellino d’allarme. Sì, nulla di nuovo: senza Teague, il giocattolino tende a incepparsi. Ahimè, sempre lo stesso limite. Se manca un interprete, nemmeno le ottime prestazioni degli altri (Millsap e Horford sempre sublimi) riescono a garantire la totale armonia. Un’indicazione che, ora come ora, può non inficiare troppo il cammino dei ragazzi di Budenholzer ma che, più avanti, potrebbe presentare il conto.

MIAMI HEAT (7-4): Più va avanti la stagione, più ne si ha la certezza: gli Heat, al completo, hanno una “spina dorsale” di primissima fascia. Bosh è tornato su livelli altissimi, Wade, ben centellinato, è sempre un giocatore di classe superiore, Whiteside si sta confermando uno dei migliori animali da pitturato della Lega. Partendo da questa base, si può arrivare ovunque. Qualche passo falso a inizio novembre, per poi sciogliersi e ribaltare il proprio score, superando Washington nella Division e candidandosi per un posto playoff (anche se è troppo presto per fare previsioni). E se Dragic sembra ancora stentare, ecco che Tyler Johnson spunta dal sottobosco e si impone come una delle sorprese più belle delle ultime settimane. Liberato dalla panchina per volere di Riley (che ha scambiato Chalmers proprio per dare spazio al prodotto di Fresno State), il #8 si sta rivelando preziosa alternativa per allungare le rotazioni e dare minuti di riposo a D-Wade. Il recente tonfo contro Minnesota stona con lo spartito, ma l’immediato riscatto contro i Kings è prova di maturità e solidità.

WASHINGTON WIZARDS (5-4): Rispetto alle buone indicazioni di inizio stagione, qualche deciso passo indietro. Perché? La verità non sta in tasca, ma ci sono almeno un paio di ipotesi plausibili: Beal, che era il terminale offensivo principale e spalla ideale di Wall, si è fermato di nuovo per problemi fisici, e la personalità della squadra parea sotto i tacchi. Pochi giorni fa, Randy Wittman ha imputato ai suoi mancanza di intensità. Di certo, non gli si può dare torto. Wall sembra stufo di predicare nel deserto, Gortat e Nene non fanno un centro dominante in due e la panchina è quella che è. Così, anche i discreti miglioramenti di Porter e la vena da triplista (inteso come tiratore, e non saltatore) di Humphries vengono gettati al vento. Tradotto in soldoni: seconda peggior difesa della Lega, 109 punti concessi per match, che vanifica il buon score di 103 segnati. La bella vittoria contro i Bucks potrebbe ridare la scossa, ma con questi Wizs non si sa mai. Morale? Bradley Beal serve come il pane.

CHARLOTTE HORNETS (6-6): Pian piano, forse, qualcosa si muove. Finalmente, ma diciamolo a bassa voce, Charlotte ha dato qualche segno di vita. Tutto nasce dal buon momento di alcuni degli acquisti estivi che, terminato il processo di ambientamento, si stanno lasciando andare. Batum sembra quello dei giorni buoni a Portland: solido tatticamente e ordinato in difesa, pericoloso dall’arco e intenso anche in fase d’attacco (in novembre, oltre 18 punti di media). I due Jeremy che arrivano dalla panchina, Lamb e Lin, risultano spesso e volentieri tra i migliori realizzatori della squadra (rispettivamente, 12.5 e 11.8 punti di media). E’ soprattutto l’ex OKC a sorprendere. Finalmente, per lui e per chi gli ha sempre creduto, si sta levando di dosso le timidezze e gli impacci dei giorni in maglia Thunder. Per il resto beh, nulla di nuovo: tutti questi discorsi non varrebbero se, alla base, non ci fossero le buone performances di Walker e Jefferson, il duo di riferimento per coach Clifford.

ORLANDO MAGIC (6-6): Anche Orlando strizza l’occhio al 50%. Accelerazione figlia della crescente amalgama tra i giovani interpreti e la filosofia di Scott Skiles. La stagione sarà un’altalena; quest’ultimo periodo, però, ha fatto registrare un momento di ‘alto’. In Florida dovranno ragionare così: day-by-day. Sconfitta con Pacers e Wizards che bruciano ma ci stanno, in particolare se compensate con i bei successi contro gli ostici Raptors e Jazz; poi la vittoria facilina con i 76ers e le sudate contro Minnie e Lakers, quando è stato il buzzer beater di Vucevic a riseolvere. Il tutto nel segno di un Tobias Harris tuttofare, un Fournier on fire più che mai e rimpiazzi che, quando chiamati in causa, si fanno trovare pronti. Come Payton, bravo a sopperire alla mancanza dell’acciaccato Oladipo, mentre Dedmon e Frye hanno fatto il possibile per sostituire Vucevic, out per un paio di gare (prima di ripresentarsi proprio nella serata del canestro vincente con LA).