champions-classic-kansas-duke-kentucky-michigan-state-frank-mason
Nessuno sport americano -e non solo probabilmente- è caratterizzato da una off-season infinita ed esacerbante per i suoi appassionati quanto il basket collegiale. Certo è che la pallacanestro possiede varie forme di cui possiamo ampiamente godere nel corso dell’anno (NBA, campionati europei etc.), ma per noi malati di bande degli atenei, coach leggendari e nuovi pupilli da scovare i mesi tra l’inizio di aprile e la metà del novembre successivo sono piuttosto bui e frustranti: talmente tanta è l’attesa per vedere in contesti competitivi i nuovi talenti o scoprire se il nostro giovane preferito è finalmente pronto a sbocciare che, quando è arrivato finalmente l’11 novembre, siamo stati ben contenti di abbandonare i dibattiti Trump-Clinton e le altre amenità della vita moderna per chiuderci in una caverna con siti streaming ucraini, tornando a perdere notti di sonno in favore del vecchio, caro basket NCAA. Ora, dopo la prima settimana di partite è forse possibile perdersi in giudizi sentenziosi o ancor peggio in conclusioni affrettate? No, ovviamente. I primi sette giorni di partite possono difficilmente considerarsi i più esaltanti e comprovanti a livello di gioco delle squadre e dei singoli, ma alcune partite d’interesse sono già state disputate e non hanno mancato di darci qualche spunto interessante.

L’highlight della settimana è sicuramente stato il Champions Classic che ha chiuso la Tip-Off Marathon del 15 novembre e che ha visto contrapporsi in successione Kentucky-Michigan St. e poi Kansas-Duke: a vincere sono state le due squadre il cui nome inizia con la K, ma qui non siamo in un romanzo di Kafka e la spiegazione delle vittorie è piuttosto razionale, andiamo a vedere.

Catch me if you can: esegue Malik Monk (credits to newsday.com)

Catch me if you can: esegue Malik Monk (credits to newsday.com)

Kentucky è -fate finta di sorprendervi- estremamente talentuosa, ma quest’anno questo talento sembra già convogliato verso un gioco corale e bene a fuoco anche in fase difensiva: il freshman De’Aaron Fox è un playmaker tentacolare, e con potenziale difensivo altissimo, che ha già dimostrato ottima visione di gioco e comprensione dell’importanza non solo degli assist, ma anche dei cosiddetti hockey pass (passaggi che portano all’assist); Malik Monk è un talento offensivo con pochi eguali in questa classe di primo anno e le sette triple messe a segno contro Michigan State sono state piuttosto chiare in questo senso; Bam Adebayo è un altro debuttante che però costituisce già una presenza significativa sotto a canestro e sembra che si stia “sgrezzando” piuttosto rapidamente rispetto ad altri prospetti comparabili; a ciò si aggiungono un Isaiah Briscoe che potrebbe concorrere per il ruolo di giocatore più migliorato della stagione, un gruppo di lunghi d’esperienza (Willis, Humphries) e l’altro interessantissimo freshman Wenyen Gabriel, ala esplosa poco prima dell’uscita dalla high school, ma atletica, fisica e contributiva su ambo i lati del campo, una summa delle molte qualità di questa Kentucky. Contro questa armata e priva di lunghi fondamentali come Schilling e Carter, Tom Izzo non ha che potuto osservare i suoi cadere miseramente 69-48 con una prova opaca anche da parte del freshman Miles Bridges: è ormai pacifico che MSU e il suo coach diano il meglio di sé più avanti e la durissima schedule degli Spartans dà pronte occasioni di riscatto nonostante la partenza con due sconfitte (la prima giunta allo scadere contro Arizona), ma è altrettanto certo che con una media di 55 punti a partita MSU necessiti di salire un paio di gradini a livello offensivo, non potendo permettersi di puntare tutto su Bridges, eccelso prospetto che però può pagare l’inesperienza ed una cura del pallone ancora altalenante. Una mano da giocatori come Harris e McQuaid e magari qualche ritorno dall’infermeria e gli Spartans potranno tornare una minaccia concreta.

Il tiro decisivo di Frank Mason III (credits to: bleacherreport.com)

Il tiro decisivo di Frank Mason III (credits to: bleacherreport.com)

Dopo un’amara sconfitta all’OT contro Indiana, Kansas è dovuta volare a New York a prendersi di forza una vittoria di altissimo valore, seppur molto precoce a livello di calendario, andando a vincere con un jumper di Frank Mason III ad un secondo dalla fine contro la Duke di coach K: ai Blue Devils continuano a mancare i tre freshmen di punta Giles, Tatum e Bolden, che una volta sani andranno a comporre il frontcourt più lungo (e verosimilmente talentuoso) nella storia dell’ateneo, ma la sfida rimaneva contro una squadra di primissimo valore e, anche al netto delle assenze, tra le favorite per il titolo e Kansas ha risposto presente con una prestazione a ondate, ma nel complesso convincente. I veterani Mason e Graham hanno confermato di essere due pilastri su cui verosimilmente si potrà contare ad occhi bendati per tutta la stagione e difensivamente Kansas è stata efficace per buoni tratti della partita, giocando un ruolo rilevante nella giornata storta di Grayson Allen e sfruttando la presenza dei propri lunghi, compreso il freshman Azubuike, per limitare l’apporto del parco lunghi decimato di Duke. Di freshman si parlerà poi più approfonditamente nella rubrica specifica, ma merita menzione Josh Jackson, talento dal potenziale infinito su entrambi i lati del campo e che, dopo una partita deludente contro Indiana, ha fatto vedere -nonostante qualche problema di falli- sprazzi di gioco da superstar, compresa una serie di nove punti nel giro di un paio di minuti che hanno spezzato la partita prima del riavvicinamento finale dei ragazzi di Coach K. Il coach di origini polacche ha però poco di cui preoccuparsi: perdere 77-75 allo scadere contro una delle candidate alle Final Four, in assenza dei tuoi tre freshmen più talentuosi e con una giornata che rivedremo raramente da parte del tuo miglior giocatore (4 su 15 e 12 punti per Grayson Allen) forse non vorrà dire essere gli assoluti favoriti per il titolo NCAA, ma di certo non ci va lontano. Difensivamente i Blue Devils sono partiti ottimamente salvo poi perdersi, specialmente in una difesa in area che ha lasciato alle guardie di Kansas una discreta libertà di scorribande, facilità che verosimilmente sarebbe venuta meno con i tre infortunati d’eccezione a disposizione; offensivamente l’assenza di un trattatore di palla principale sembra funzionare, Kennard (22 punti) lascia molto ben sperare per il resto della stagione e anche il freshman spesso dimenticato, Frank Jackson, non ha mancato di esaltare i tifosi di Duke con sette punti in un amen (un gioco da quattro punti e una tripla) che hanno riportato i ragazzi di Krzyzewski in parità prima del canestro finale di Mason.

Per quanto concerne gli altri spunti d’interesse di questi primi sette giorni che dire: Villanova è partita con un’ottima vittoria sul non facile campo della talentuosa e fisica Purdue, ma quando si ha un giocatore come Josh Hart che gioca 10 centimetri oltre quella che sarebbe la sua statura ufficiale è tutto più facile; può essere l’anno della rinascita per UCLA? Presto per dirlo vista anche la schedule attuale, ma il debuttante Lonzo Ball quando il tiro è in giornata è pressoché l’arma offensiva perfetta, l’altro freshman TJ Leaf è partito con un’ efficienza surreale e se a questo aggiungiamo l’esperienza di Alford, Welsh e Hamilton, allora il futuro sembra più roseo che oscuro; rischia di essere un’annata più lunga del previsto quella di UConn, che ha aperto con due sconfitte contro Wagner e Northeastern per poi sopravvivere contro Loyola Marymount.