Tra il 1983 e il 1984, la Virtus Roma, allora meglio conosciuta come Bancoroma, si aggiudica il filotto: scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Roma caput mundi. Non si poteva non festeggiare con una canzone ad hoc: “Forza Banco!”, firmata Fighters Band.

Roma caput mundi. L’espressione, a quanto pare, fu usata per la prima volta dal poeta latino Marco Anneo Lucano più o meno negli anni ’60. Non quelli mitici cari a Gianni Minà, qui si parla dell’immediato dopo Cristo. E già da allora era chiara una cosa: Roma era la capitale del mondo. O almeno di quello sino allora calpestato dall’uomo occidentale. Tesi valida almeno fino al 476: l’Impero romano crolla, arrivano i barbari e l’erba non cresce più. E poi i lanzichenecchi, più di un papa farabutto e la rinascita: Roma torna capitale, anche se solo della nuova Italia, e ricomincia a crogiolarsi nella sua indiscutibile bellezza. Poco male se i centri nevralgici del globo terracqueo di oggi sono da tutt’altra parte: l’ex caput mundi ha avuto modo di prendersi le sue belle rivincite.
È il 1982, la Virtus Roma, sponsorizzata dal Banco di Roma, staziona ormai da un paio d’anni in quella A1 che ben presto sarà colonizzata dall’Olimpia Milano di Dan Peterson, Mike D’Antoni, Dino Meneghin e compagnia vincente. Nella stagione precedente, a dirigere le operazioni in panchina è arrivato Valerio Bianchini, il vate, e qualcosa nell’aria comincia a cambiare, tanto più che sulle sponde del Tevere sbarca anche Larry Wright, un anello con i Washington Bullets, play che si rivelerà un autentico marziano. A completare il roster, ecco un americano affidabile come Kim Hughes (che poco prima della fine della stagione regolare si farà male, verrà sostituito da Clarence Kea) e un pacchetto di romanacci affidabile, costituito da Roberto Castellano, Enrico Gilardi, Fulvio Polesello e Stefano Sbarra. Una squadra buona, che però non gode dei favori del pronostico. Eppure, quel Bancoroma arriva in finale playoff e si laurea campione d’Italia, battendo in finale, per 2-1, proprio Milano. E non è mica finita. Passa poco meno di un anno e la Virtus si laurea campione d’Europa, a farne le spese il Barcellona, poi, a chiudere un ciclo a dir poco scintillante, ecco la vittoria in Coppa Intercontinentale, vittime di turno l’Obras Sanitarias di Buenos Aires. Roma è di nuovo caput mundi.

29 marzo 1984, Polesello e il presidente Eliseo Timò alzano la Coppa dei Campioni conquistata a Ginevra

Ma quel Bancoroma meritava più di un semplice scudetto o di un paio di Coppe, sia pur prestigiose. C’era bisogno di un riconoscimento, di quelli che non si possono dimenticare. Oltre che di una task-force in grado di mettere su qualcosa in grado di sfidare l’eternità. Un lavoro sporco insomma, che qualcuno doveva pur fare. Del quale si incaricò la Fighters Band con il 45 giri “Forza Banco!”, uscito nel 1984 per la Bancomusic. Una ragione sociale dietro alla quale si nascondevano (è proprio il caso di dirlo) G. Shoping, nome d’arte di (ehm…) Giancarlo Acquisti, coautore di “Labbra”, successo imperituro di Ilona Staller, Jimmy Fontana ed Italo Greco (vai a capire se si tratta di Lilli Greco, deus ex machina della Rca Italia…). Una canzone brutta come poche che, guarda caso, non si trova nemmeno su youtube, forse perché nessuno ha mai trovato il coraggio di caricarla. Una marcetta invereconda, con arrangiamento loffio e suoni che non senti nemmeno durante la messa di un giorno feriale, riscattata, c’è da dirlo, da un testo pregno, anche se non si sa di cosa: “Su, sempre più su, con amore, con gioia, con rabbia, con simpatia, con il cuore che scoppia nel petto con la tua magia, e in me la voglia di starti vicino e lottare con te!”. Brutta sì, ma guai a fare gli snob: “Forza Banco!” esce, come accennato poco sopra, nel 1984, quando il Bancoroma attraversa una fase vincente che non tornerà più. Non credete che il merito di tanti e tali successi possa essere anche di quelle note? No, vero?

Grazie a Moreno Rossi!