Levitare, come un giocatore di basket. Lavorare sodo, come un giocatore di basket. Bruce Hornsby santifica la spicchia. That’s the Way it Is!

Il rapporto di Bruce Hornsby con l’Italia è stato veloce e intenso. Una toccata e fuga traducibile con un one-shot difficile da dimenticare. That’s the Way it Is: un pianoforte che se ne va e prende la strada della bellezza, un riff assassino che ti entra in testa sin da subito, una voce calda, i sapori del jazz tirati fuori in combutta con i Range. Da lì avrebbe potuto prendere il via una lunga storia d’amore, peccato che il polistrumentista di Williamsburg non sia più riuscito a replicare quel successo. Non nel nostro Paese, almeno. Negli Stati Uniti, al contrario, Hornsby si è tolto parecchie soddisfazioni: un paio Grammy Awards intascati con somma soddisfazione, album premiati da vendite da capogiro oltre a una serie di collaborazioni di un certo prestigio. Qualche nome: Brandon Marsalis, Bob Dylan, Elton John.
Anche “Levitate”, che Hornsby fa uscire nel 2009, può contare su contributi importanti: Robert Hunter, storico paroliere dei Grateful Dead, oltre a un musicista di primissimo piano come Eric Clapton. Slowhand presta la sua chitarra in Space Is the Place, al resto pensano i figli, allora dodicenni, di Hornsby, Russell e Keith, impegnati a rappare senza pietà. Piccolo ma significativo particolare: Keith, dopo l’esperienza con il papà in sala di registrazione, si è ritagliato un ruolo nel nel mondo della spicchia. Gioca nel ruolo di guardia e dopo qualche anno a farsi le ossa nella NBA Development League, è approdato in Polonia, nel Twarde Pierniki Torun, dove tuttora passa il tempo a bruciare retine.
Tornando a “Levitate”, c’è da dire che il disco, in quanto a vendite, è andato così così, nonostante l’aiuto offerto da Spike Lee. Che inserisce la title-track, sia pur in una versione differente rispetto a quella presente nell’album, nella colonna sonora di Kobe Doin’ Work, un documentario incentrato, come è facile intuire, sulla figura di Kobe Bryant e sul suo rapporto con il basket.

A leggere il testo del singolo, non sembra che il legame con la pallacanestro sia così robusto. Certo, si parla di sfide, di preparazione, fiducia, estasi, eccitazione, agonismo. Messa così, si rimane sul generico, se non da tutt’altra parte: “Ascolta tutto quel che puoi raccontare / come un pattinatore con i suoi pattini migliori”. Pattinaggio o pallacanestro? È lo stesso Hornsby a chiarire il proprio punto di vista in un’intervista concessa a The Express Night Out, supplemento del Washington Post, nella quale ammette una certa nebulosità testuale: «Ho voluto scrivere una canzone – un po’ vaga, volutamente vaga – ispirata al mondo dello sport. Quando dico che i giovani stanno lavorando sodo per diventare grandi, mi riferisco al basket. Il passaggio che parla di ‘Bambini del villaggio che levitano’ si riferisce davvero ai ragazzi del quartiere che lavorano sui loro giochi. Lo stato di estasi che descrivo rappresenta il punto di arrivo quando si eccelle e si raggiungono grandi performance, ecco da dove viene il testo della mia canzone».
Una canzone che, per quel che riguarda la musica, si ispira al tema della colonna sonora del film Le ali della libertà, composta da Thomas Newman. Hornsby se ne impossessa con l’aiuto dei Noisemakers, la band che, nel frattempo, ha preso il posto dei Range, aggiungendo una battuta e marcando il territorio con un groove caldo e un pianoforte dal suono secco e percussivo. Un inconfondibile marchio di fabbrica che ha segnato la lunga carriera artistica del musicista nordamericano.

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