Dal nostro inviato

Lubiana è una strada a sei corsie. Una strada che – idealmente – nei secoli ha dovuto fare spazio a popoli e culture diverse, com’è tipico delle città mitteleuropee, incrocio indecifrabile di retaggi latini, tedeschi e slavi. Una strada ancora vitale, nonostante il comunismo che ha lasciato i suoi massicci ricordi di cemento, l’atroce guerra fratricida che l’ha lambita meno di vent’anni fa e la crisi economica e finanziaria che – più recentemente – non ha risparmiato la vivace economia slovena, troppo dipendente dai paesi vicini per non risentire della recessione altrui. E una strada che va percorsa in lungo in largo, soprattutto se si viene ingannati dalla grande somiglianza delle varie arterie che uniscono il centro all’ampia tangenziale, anche per arrivare alla bellissima Arena Stožice, impianto tanto grande e maestoso quanto poco funzionale, inquadrato all’interno di un più esteso “parco sportivo” nella periferia nord della capitale.

L’interno dell’Arena Stožice durante il riscaldamento della Mapooro (foto D. Bortoluzzi 2012)

Il grande palasport inaugurato nell’agosto 2010, che con i suoi oltre 12000 posti a sedere accoglierà comodamente la fase conclusiva dell’Eurobasket 2013, è infatti un’opera invidiabile, dal punto di vista architettonico e sportivo, soprattutto se si considera la situazione imbarazzante, da questo (e altri) punti di vista, delle capitali cestistiche italiane, con Milano nel vecchio Forum, Roma ancora in attesa dei faraonici impianti di Tor Vergata (consegna prevista 2009…), che se finiti costeranno almeno 11 volte la stima iniziale, Siena che probabilmente non vedrà mai sorgere l’arena da Eurolega più volte annunciata da Ferdinando Minucci e Napoli che, tra qualche anno, potrà proporre visite guidate alle rovine del “Mario Argento” alla stregua di un tour del Colosseo; per non parlare proprio di Cantù che, dopo lo scandalo del PalaBabele, sembra poter fare il bis con il nuovo palazzo in (teorica) fase di costruzione.

Non è tutto oro quello che luccica, però: Lubiana di certo non sarebbe in lizza per un immaginario premio alla città europea con le migliori segnalazioni stradali, ed il palasport non fa eccezione. Una volta percorsi i meandri dell’enorme parcheggio interno, per di più, i cronisti in trasferta, pur incantati dallo splendore del catino biancoverde (almeno nell’anello basso; quello più alto presenta un meno comprensibile predominio del rosso nei seggiolini), si scontrano immediatamente con la scarsa praticità delle strutture: a fronte di un intero anello dedicato ai classici “box VIP”, infatti, non è stata prevista alcuna tribuna stampa, e le poche postazioni presenti a bordo campo, equipaggiate con tavolacci bianchi e prese multiple alla bell’e meglio, sono appena sufficienti per i giornalisti locali. Un posto in seconda fila, per quanto comoda possa essere la poltroncina, buona la visuale e veloce la connessione wi-fi, non è certo l’ideale per destreggiarsi tra pc, fogli delle statistiche e appunti vari, e viene da chiedersi quale precaria soluzione si inventerà l’organizzazione in vista dell’enorme flusso di giornalisti prevedibile per l’Europeo.

Un raggiante Blažič nel post-partita (foto A. Rizzi 2012)

Certo l’ampia capienza dell’Arena Stožice non è necessaria per gli incontri interni dei ragazzi del “sergente di ferro” Sašo Filipovski che, tanto in Lega Adriatica quanto in Eurolega, potrebbero tranquillamente utilizzare il vecchio ma più centrale Hala Tivoli, ora rimasto la casa dell’Olimpija dell’hockey su ghiaccio (sport che rivaleggia con il basket per popolarità, almeno in alcune zone del paese). La Mapooro non è certo l’avversario più atteso in città, tant’è vero che l’anello superiore viene lasciato vuoto ed opportunamente celato alle tv con tendoni scuri, ma anche nelle sfide di cartello, complici forse le scarse ambizioni della squadra ed il profondo rinnovamento a cui – a causa del budget risicato – il roster è sottoposto ad ogni estate, è difficile che i botteghini siano presi d’assalto. L’Union Olimpija, infatti, non è squadra che appassioni le masse; si addice di più agli amanti del basket balcanico e ai cultori del talento giovane, egregiamente rappresentato dalla grande promessa Klemen Prepelič (guardia dalla mano sopraffina che – a 20 anni appena compiuti – sta già imparando a “leggere” la partita e giocare in modo disciplinato senza voler strafare) ma anche dal tiratore finlandese Sasu Salin, dal promettente centrone Alen Omić e soprattutto dalla guardia/ala ventiduenne Jaka Blažič, nome che Trinchieri e Arrigoni si ricorderanno a lungo, dopo lo one-man show inscenato contro i biancoblù a suon di contropiedi arrembanti e triple fulminanti.

Una prestazione che lo stesso Blažič riconosce essere la migliore nella sua carriera professionistica, rispondendo sorridente a nostra precisa domanda nel post-partita. E la gioia è tanta che nemmeno gli ampi spazi vuoti del palasport gli fanno storcere il naso, anzi: con slalom retorici che escono più spesso dalle bocche di allenatori e dirigenti che da quelle dei giocatori, Jaka elogia i tifosi presenti (4200 secondo l’Eurolega, non molti più di 3000 secondo chi scrive), che ad onor del vero non smettono di sostenere la squadra, aizzati anche dall’iperattivo drago (mascotte della squadra assieme ad un più letargico ippopotamo) che, con un approccio fin troppo invasivo nei confronti di giocatori, arbitri e soprattutto cheerleader,  contribuisce a movimentare l’atmosfera prima, durante e dopo i numerosi time-out.

L’arrivo dei calorosi Eagles al palasport (foto A. Rizzi 2012)

In tutto questo spiccano anche i sostenitori di Cantù, giunti in avanscoperta con alcuni supporter attempati seguiti da diverse decine di tifosi più caldi (ovviamente capeggiati dagli immancabili Eagles). Come in altri paesi, anche in Slovenia non c’è una vera e propria tradizione di “curve”, “ultras” o che dir si voglia, così, quando l’assordante musica proposta dal fantasioso deejay locale (da simil-folk balcanico alla musica techno passando per tormentoni latinoamericani) tace, a farsi sentire sono soprattutto i brianzoli, con canti, tamburi e “sciarpate” che attirano anche l’attenzione del pubblico di casa. Meno encomiabile è il principio di rissa che, a seguito di qualche provocazione di troppo dei tifosi di casa, li vede protagonisti a partita finita, comunque contenuto senza eccessivi affanni dagli steward del palasport.

Nel frattempo, nonostante la vittoria, i giornalisti di casa non perdono l’occasione per mugugnare contro coach Filipovski, reo di gestire la rotazione in maniera discutibile. Con l’abitudine alla lamentela e al pessimismo che gli sloveni, popolo storicamente oppresso e “sballottato” tra un dominatore e l’altro, hanno un po’ nel proprio DNA, sembrano tutti concordare sul fatto che, con un “timoniere” diverso, questa squadra avrebbe potuto fare più strada in Europa, magari conquistando quel successo in più tra le mura amiche che li metterebbe ora in una posizione meno impervia per il passaggio alle Top 16. Il “Pianigiani lubianese” (cresciuto in società e plurititolato in patria), però, stasera ha vinto, e può presentarsi a testa alta di fronte ai microfoni delle emittenti nazionali, mentre Andrea Trinchieri appare amareggiato e piuttosto contrariato, com’è normale quando ci si vede sfuggire una vittoria all’ultimo respiro e, per giunta, con un finale controverso che sostiene di voler rivedere in registrazione prima di esprimersi.

Il celebre “triplo ponte” di Plečnik nella serata lubianese

Siamo certi, in ogni caso, che una buona Ljubljanska in uno dei tanti locali dell’elegante lungofiume in stile barocco avrà ritirato su il morale, almeno in minima parte, a Mazzarino e compagni, in una fresca (ma non fredda quanto Lubiana sa essere) serata autunnale in cui la Mapooro ha di fatto dato l’addio ai sogni di Top 16. Una serata di certo non fortunata ma che ha messo i biancoblù più che mai di fronte alla realtà che questa squadra, comunque la si veda, non vale quella della stagione scorsa, e ci sarà bisogno di qualcosa di più di un’impresa per ribaltare la situazione in Eurolega. Ma il campionato italiano, per ora, non sembra avere un padrone definito e, con il giusto spirito e qualche aggiustamento in sede di mercato, non è detto che la Chebolletta non possa dire la sua fino in fondo, magari regalandosi e regalandoci altre trasferte in giro per l’Europa negli anni a venire. Poco ma sicuro, DailyBasket non mancherà.

Andrea Rizzi
Ha collaborato Davide Bortoluzzi