Ettore Messina (foto CSKA Mosca)

Orfana d’Italia la Final Four di Eurolega che si gioca a Milano, ha tuttavia un figliol prodigo da tifare: Ettore Messina, che con il suo CSKA disputa la sua personale undicesima Final Four di Eurolega. Ci guarda da lontano, nello spazio, ma vicino nel tempo e nel cuore. Dalla Russia con amore. Una sera a parlare con lui del basket italiano.

L’egemonia di Milano?
“Non mi ispira particolarmente. Loro hanno messo sacrifici e investimenti ed ora, anche per altrui consunzione, stanno raccogliendo i frutti. Su di loro pesa la condanna del pronostico, sono diventati come ‘l’uomo che morde il cane’, fanno notizia quando perdono”.

Come in Eurolega?
“No. Hanno disputato una Top 16 in costante crescita, e sono stati fermati contro il Maccabi solo dall’infortunio di Gentile”.

La Giovane Italia? Ragazzi che vincono l’oro europeo U20 e anche il Torneo di Mannheim U18. Poi…?
“Non sono ancora del tutto pronti per giocare in serie A, e manca la “terra di mezzo”, ovvero un campionato dove possano maturare esperienza e consolidamento. Lo si diceva anche quando allenavo io la nazionale, ossia 20 anni fa”.

La nostra Nazionale?
“La seguo, la vedo giocare, capisco la difficoltà di ‘mettersi insieme’, stritolati dal calendario. Ha giocatori giovani, che sono un buon mix di forza e tecnica. Lo zoccolo duro c’è, quello degli europeo di Slovenia, e adesso deve dimostrare continuità di crescita”.

Però siamo rimasti fuori dal Mondiale. Mancava un pivot?
“Ma c’era tanta versatilità. Penso sia mancata solo l’esperienza, quella che permette a 2/3 giocatori di non andare mai sotto un certo livello”.

Allenerai ancora in Santa Madre Russia, o nel tempio del capitalismo?
“Per la prima volta nella vita non ho tensioni d’attesa per il futuro. Con mia moglie abbiamo deciso di guardare insieme e serenamente a qualche buona possibilità, se verrà”.

Messina sostituirà Mike D'Antoni ai Lakers?

Messina sostituirà Mike D’Antoni ai Lakers?

Sicuro di non aver ricevuto nessuna telefonata dalla West Coast americana? La sua precedente esperienza ai Los Angeles Lakers, l’esonero di Mike D’Antoni… Uno più uno, quanto fa?
“Zero. Come le telefonante in quel senso. Certo, ogni tanto mi sento con il management ed i giocatori dei Lakers, conserviamo reciproci e bei ricordi. Ma figurarsi se in un momento difficile possono pensare ad un coach europeo”.

Arsenico e vecchi merletti. Lo stato di confusione delle istituzioni del basket, con la Lega decapitata da un Time Out… Possibile che non si possa trovare trasparenza, logica, efficacia, onestà, efficienza, una comunità d’intenti, nell’interesse del movimento? E’ tanto difficile?
“Ma quanti bei sostantivi… E’ tanto difficile trovarli in un Governo? Lo sport è soltanto lo specchio fedele di una profondissima crisi di valori che attanaglia il nostro Paese. La collegialità, la voglia di lavorare insieme, la tolleranza e la costruttività nel rispetto del bene comune, per quale motivo dovresti trovarli nella LegaBasket? Rispetto a 10 anni fa la tecnologia a disposizione dei controlli è molto più avanzata, eppure, leggo che il livello di evasione è quintuplicato… Possiamo ancora pensare che venga Renzi, o Minucci, o qualsiasi altro, a salvarci? Siamo semplicemente in una profonda crisi di leadership”.

Si aggirano fantasmi per l’Europa?
“Direi di no. Ho visto solo cose positive. Palazzi pieni di entusiasmo, una bella favola come Nanterre, una Lega come quella tedesca che si propone sempre con idee sempre migliori. E ho visto crescere anche l’Eurocup, mentre le Top 16 di Eurolega sono state più interessanti che mai, con almeno otto squadre che potevano legittimamente aspirare alla Final Four: fanno più sensazione le squadre rimaste fuori di quelle che ci sono, qui a Milano. Si, ho visto l’Eurolega prendere sempre più quota, e di conseguenza farsi urgente la necessità di armonizzarla con i campionati nazionali”.

Dicono che maggio sia il mese delle rose, della Madonna e della rivoluzione… Il tuo?
“Da molto tempo ormai, maggio per me è semplicemente il mese delle Final Four, che nel mio caso significa riunire tutta la famiglia ogni volta in una città diversa, e soffrire e gioire insieme a loro. Per l’undicesima volta”.

Questa volta, però, dicono che lei abbia pescato il jolly contro il Maccabi in semifinale, e le due spagnole (Real e Barca) a sfiancarsi tra loro…
“Non direi tutta ‘sta fortuna. Il Maccabi è fatto di due squadre in una: con o senza Sofo. E due volte li devi battere, quando hanno in campo un centro praticamente immarcabile o, al contrario, una batteria di superpiccoli”.

Infine: se tu sei Ettore, chi è Achille?
“L’ho già detto parecchie volte: Obradovic è Achille, mica quello sfigato di Ettore… Quest’anno che è rimasto fuori, magari si apre uno spiraglio”.

Werther Pedrazzi (foto S.Paolella)

Werther Pedrazzi (foto S.Paolella)