Francesca Dotto (Fonte Famila Schio)

Chi ha giocato qualche volta a pallacanestro sa benissimo come quella palla a spicchi possa trasmettere emozioni che rimangono come una seconda pelle. E chi, come Francesca Dotto, è riuscito a realizzare quei sogni che frullano nella testa di ogni bambino e adolescente, sa che quella seconda pelle non se la toglierà più per il resto della sua vita. Lo scudetto a Lucca, lo splendido rapporto con sua sorella Caterina, una nuova avventura a Schio e il percorso in Nazionale. C’è tanta pallacanestro, ma anche emozioni indelebili nelle parole di Francesca: la cosa bella, però, è che ci sono ancora tanti sogni da realizzare, soprattutto con la maglia azzurra.

Iniziamo dall’attualità: l’obiettivo scudetto passa dalla semifinale con Napoli, che ha battuto la tua Lucca ai quarti. Con l’ingaggio di Harmon, che tu conosci molto bene, quali sono i rischi e su cosa dovrete puntare per portare a casa questa serie? “Napoli ha dimostrato di essere una squadra molto compettitiva, anche con Lucca si è visto quanto sia grande la loro voglia di vincere ed è stata questa la chiave per cui sono arrivate fino a qui. Dobbiamo stare attente al loro modo di approcciare la gara, fatta di grande energia, velocità ed entusiasmo: dovremo essere capaci di controllare il ritmo. Il loro punto di riferimento è certamente Harmon, ma ci sono tante altre buone giocatrici. Ci siamo allenate bene e dobbiamo imporre il nostro gioco: sappiamo di avere maggiore fisicità e dobbiamo far leva proprio su questo aspetto”. E personalmente cosa ti aspetti da questa serie? “Penso sempre all’obiettivo di squadra prima di tutto.

È il tuo primo anno a Schio: qual è il segreto di una squadra che domina in Italia da tanti anni (8 scudetti negli ultimi 14 anni, ndr)? “Un vero e proprio segreto non c’è: per vincere così tanto una società ha bisogno di persone e giocatrici che ogni giorno diano il 100%. Gli allenamenti e il lavoro in palestra sono fondamentali, visto che senza l’impegno quotidiano non si va da nessuna parte. La presenza di tante giocatrici d’esperienza è fondamentale in campo e fuori: spesso danno consigli dalle compagne di squadra, anch’io ho imparato già tanto da quando sono arrivata”.

Come mai, invece, in campo europeo la Famila fa più fatica? “Senza prenderli come alibi, ma quest’annodiversi infortuni ci hanno un pò condizionato. A livello Europeo ci si confronta con delle realtà molto più fisiche: è l’aspetto che fa la differenza e che predomina tra le squadre più importanti di Eurolega. Ovviamente anche il budget in minima parte incide, ma la fisicità è una caratteristica fondamentale per fare bene in Europa”.

Francesca Dotto durante una delle gare in Eurolega (fonte Famila Schio)

Torniamo a settembre e alla partita di Supercoppa: pronti, via e subito la sfida alla tua Lucca. Come sei riuscita a gestire le emozioni in campo, visto che sei stata la migliore alla fine (18 punti, ndr)? “Non è stato assolutamente facile: trovare subito la mia ex squadra è stato molto emozionante, sopratutto giocare in quel palazzetto. É una realtà dove mi sono trovata veramente bene, come in famiglia. All’inizio sono partita un pò contratta: poi con il passare dei minuti mi sono sciolta ed è andata bene”.

Per quanto riguarda la tua esperienza a Lucca, la scelta di rimanere nell’estate di due anni fa l’hai sempre definita una decisione di cuore. Sono scelte che, in un modo o nell’altro, segnano la vita non solamente da giocatrice. Ci hai riflettuto molto o, al contrario, è stata una scelta di puro istinto? “Quando hai diverse opzioni sul tavolo, decidere non è mai facile. In quella situazione probabilmente il mio istinto mi diceva di rimanere ancora a Lucca, però anche dal punto di vista tecnico l’idea che si voleva portare avanti di una squadra aggressiva sia in difesa che in attacco era perfetta per le mie caratteristiche. Ho seguito molto l’istinto: gli anni a Lucca sono stati speciali: auguro a tutti di vivere degli anni così, con un’atmosfera familiare e un rapporto incredibile con le mie compagne. Eravamo davvero una squadra con la S maiuscola e i nostri valori emergevano sempre”.

La tua scelta è stata premiata con lo scudetto, il primo nella storia di Lucca. Te l’aspettavi? “Una delle più belle vittorie e serie di finale della mia vita: solo a ripensarci mi viene ancora la pelle d’oca. Non se l’aspettava nessuno: noi ci credevano, ma non era assolutamente scontato. Quegli attimi mi sono rimasti nel cuore”.

Spostando l’attenzione sulla Nazionale, cosa ti aspetti dall’ultima finestra del girone di qualificazioni: a novembre ci si gioca tutto contro Svezia e Croazia. “Saranno due partite molto toste. La Croazia ci ha già dimostrato di cosa è capace all’andata: noi non eravamo veramente al massimo, ma alritorno sarà un match molto combattuto anche a livello mentale, visto che giochiamo in trasferta. Discorso simile contro la Svezia: non sarà semplice e ci aspetteranno agguerrite dopo l’importante sconfitta subita contro di noi”.

Dotto è una dei cardini della nostra giovane Nazionale (fonte Famila Schio)

In Nazionale hai lavorato con Ricchini e Capobianco: cosa porta di nuovo coach Crespi? “È un allenatore con un sacco di idee, che porta novità e ci trasmette tanta voglia di fare, molto entusiasmo. È un allenatore pieno di energia, quasi troppa a volte: quando è in panchina pare che si metta a difendere con noi”.

Il tuo avvento in maglia azzurra è arrivato anche grazie al College Italia: cosa ti porti dietro di quella esperienza? “È stato un progetto molto bello, sviluppato ad un’età piuttosto particolare e delicata. Abbiamo legato tanto tra compagni di squadra, a quell’età condividi soprattutto tutti i sogni da realizzare: la prima esperienza fuori casa, la lontananza dalla famiglia (anche se c’era mia sorella, le prime settimane sono state veramente dure), diverse cose che segnano. Un’esperienza di vita, non solo di basket perché mi ha arricchito sotto tutti i punti di vista: due anni bellissimi in cui la Federazione non ci ha fatto mancare nulla”.

Dopo diversi anni in cui il progetto è stato accantonato, a settembre è stato lanciato “High School BasKetLab”: cosa ne pensi? “È un progetto importante con ragazze di 13/14 anni: sono contenta che abbiano riproposto qualcosa di simile. Sono ragazze ancora più giovani e la scelta di andare via di casa indubbiamente sarà stata ancora più complicata: a volte, però, è anche giusto rischiare per inseguire i propri sogni”.

Anche tua sorella è approdata in Nazionale. Siamo sicuri che non sei stufa di vederla pure li? Che rapporto hai con lei, visto che non capita spesso di veder giocare insieme fratelli o sorelle in Nazionale? “Non sono mai stufa di vederla, assolutamente (ride, ndr). Abbiamo un legame indiscrevibile, faccio fatica anche a parlarne: è qualcosa che percepiamo, non sono mai stanca di vederla. Quest’anno abbiamo la fortuna di giocare piuttosto vicine (lei gioca a Venezia, ndr) e ci vediamo spesso. Quando eravamo piccole sognavamo di giocare in Nazionale insieme: quando quest’anno questo sogno si è avverato l’emozione è stata incontenibile. Indossare la maglia della Nazionale insieme a mia sorella è qualcosa che mi spinge a dare sempre di più. Solo a pensare e ricordare quei momenti in cui, durante le partite, ci siamo date il cambio e incitate a vicenda, mi viene la pelle d’oca”. Adesso la ciliegina sulla torta sarebbe vincere qualcosa insieme con l’Italia, no? “Assolutamente: visto che non bisogna mai smettere di sognare, sarebbe stupendo vincere qualcosa insieme in Nazionale”.

La Dotto sarà tra le protagoniste delle semifinali playoff che scattano questa sera (fonte Famila Schio)

Cosa manca al basket femminile per poter essere considerato, a livello mediatico, alla pari rispetto al basket maschile? “Chiaramente la differenza sostanziale è a livello fisico: schiacciate e più atletismo nel basket maschile fanno pensare ad una pallacanestro più divertente. Già nella scorsa estate, però, abbiamo dimostrato con la Nazionale di essere in grado di trasmettere emozioni alla gente. Il sistema principale per diminuire questo gap è proprio attraverso la Nazionale, riuscendo ad ottenere buoni risultati: sarebbe un traino per tutto il movimento”.

Cosa significa per te la pallacanestro? “La pallacanestro è una metafora di vita: a me ha insegnato tanto, però tutto ciò non rimane solo in un campo da basket, ma si applica a tutti gli aspetti della quotidianità. Il fatto che sia uno sport di squadra insegna a relazionarti con le altre persone: anche nella vita di tutti i giorni certi valori ti rimangono addosso. Poi è anche un rifugio: quando c’è qualcosa che non va, l’unica cosa che vorrei fare è entrare in palestra, giocare ed allenarmi. È il modo con cui riesco a sognare ad occhi aperti: è la mia passione essenziale”.


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