TRIESTE – In questa intervista Andrea Pecile, ora direttore tecnico del settore giovanile dell’Alma Pallacanestro Trieste, ha risposto su molti temi interessanti come il suo nuovo ruolo all’interno della società, la situazione del settore giovanile in Italia e su vari aspetti della prima squadra in esclusiva solo per i lettori di Dailybasket. Diamo un’occhiata alle considerazioni dell’ex giocatore della nazionale italiana che proprio oggi spegne trentotto candeline!

Domanda: “Siamo qui con Andrea Pecile, direttore tecnico del settore giovanile dell’Alma Pallacanestro Trieste. Come ti stai trovando nella tua prima stagione in questo ruolo?”

Andrea Pecile: “Sicuramente è una bellissima esperienza e, dopo sette mesi che sto facendo questo lavoro, posso dire veramente di aver fatto la scelta giusta. Naturalmente un po’ il campo mi manca ma più gli allenamenti piuttosto che le partite, quindi proprio il basket giocato. Ovviamente, durante la settimana, vado a fare due tiri con delle squadre di amici miei che giocano, chi in Promozione o chi in livelli ancora più bassi, semplicemente per aver la palla tra le mani. Per quanto riguarda il ruolo di direttore tecnico ti dico che è stimolante. È un lavoro incentrato su molti gruppi diversi di età e mi piace perché partecipo alla costruzione del lavoro quotidiano dei ragazzi ed alla programmazione con gli allenatori. Inoltre penso che stiamo facendo le cose in modo corretto poiché abbiamo stretto accordi con varie società con lo scopo di migliorare la qualità del nostro vivaio così come quella del basket giovanile, sia Trieste sia in tutta la regione. Per questo motivo ti dico sono contento.”

D: “Ricoprendo questo incarico vorrei sapere in che modo ti poni sul problema del lento ricambio generazionale di talenti in Italia?”

A.P.: “Credo che sia determinante la quantità tecnica ed economica che una società applica nel settore giovanile. Per quanto mi riguarda ho avuto la fortuna di incontrare, a livello giovanile, delle grandissime persone prima che dei grandissimi tecnici i quali mi hanno permesso di concretizzare un ottimo lavoro impostato sin da quando ero bambino, con l’aiuto di tecnici preparati con passione che ti trasmettessero la giusta grinta e determinazione. Ciò ha permesso alla mia innata passione di alimentarsi e posso affermare che il mio lavoro nel settore giovanile è stato sicuramente fondamentale per avere basi solide e per farmi trovare pronto successivamente quando ho avuto l’opportunità di giocare tra i professionisti. È chiaro che la lucida follia di Antonio Zorzi (ex coach della S.D.A.G. Gorizia, squadra in cui Pecile esordì nella stagione 1998/99) quando mi ha schierato titolare a diciotto anni in serie A1 è stata anche frutto del lavoro che hanno fatto altri prima di lui ovvero i miei allenatori delle giovanili. Loro sono diventati allenatori di squadre di Serie A1 ed A2 come Franco Ciani, che è stato mio allenatore per due anni a Gorizia, che da è anni è uno dei principali protagonisti del campionato cadetto sulla panchina di Agrigento. È chiaro che di estate quando si allenava la juniores della Stefanel Trieste all’inizio degli anni novanta, in cui c’era un giocatore come Alessandro De Pol allenato da uno come Matteo Boniciolli, io ero il ragazzino che passava la palla a Sandro però rubavo le indicazioni di Matteo e li studiavo così come ho fatto con gli altri più grandi. Quando venivo a Trieste andavo sempre ad allenarmi con i miei vecchi istruttori per cui mi sono rimaste queste persone conosciute tra la Don Bosco e Gorizia nella mia adolescenza in questi due settori giovanili. Sono stati veramente importanti per me.”

D: “Qual è per te l’idea principale per risolvere questo problema?”

A.P.: “L’idea è che le società, qualora abbiano un determinato budget, dovrebbero sempre pensare a prendere un giocatore senior in meno e destinare quella parte di compenso all’attività giovanile quindi ingaggiare uno o due ottimi istruttori, qualcuno che faccia crescere i propri ragazzi. Non è il formare per forza dei giocatori che restino con te o no perché queste sono delle cose che non puoi prevedere. Non puoi pensare che un ragazzino di tredici anni, qualora sia bravissimo, deve essere allenato per cinque anni per renderlo pronto alla prima squadra a diciotto. Il senso è quello di aiutare questo ragazzino al massimo delle nostre possibilità accompagnandolo in questo percorso. Poi non si può prevedere se tra due anni vuole andare da un’altra società che gli offrirà qualcosa di più o lascerà per scelta di vita ma intanto hai fatto il massimo per quel ragazzino. Secondo me è importante programmare a seconda del gruppo in maniera annuale e bisogna fare il massimo ogni stagione. È chiaro che gente di qualità implica l’aumento della qualità del lavoro.”

D:In questa prima stagione da dirigente, qual è stato il maggior insegnamento ricevuto dal punto di vista umano e cestistico?”

A.P.: “Dal punto di vista umano ho trovato persone del nostro ambiente che sanno trattare le differenti età dei nostri gruppi poiché che variano dall’Under 18 fino a ragazzini del minibasket. È chiaro che ci sono alcuni istruttori che si occupano esclusivamente dei più piccoli ed altri che lavorano con i diciottenni che vanno a vedere le partite tra altre età come quelle dei dodicenni oppure li seguiamo in un torneo come quello che è successo a Jesi in Coppa Italia. Io penso che la disponibilità e la bravura dello staff di saper interagire tra di loro come squadra è un grande insegnamento per me nel capire che ci sono modi e modi di approcciarsi ai ragazzini. Già nel proprio gruppo ci sono tantissime personalità diverse con cui bisogna relazionarsi con lo scopo di indicare loro qual è la giusta strada. Dal punto di vista cestistico adoro la filosofia che stiamo dando qui in Pallacanestro Trieste e Basket Trieste, che è la nostra società satellite delle giovanili, ovvero quella di inculcare nei ragazzini un metodo di allenamento che prevede una prima parte della cura dei fondamentali giornaliera e costante, un’altra parte di gioco, costituita da posizionamenti e di abilità e poi correre ed avere l’intensità altissima. È significativo vedere che già i ragazzini piccoli del 2006 hanno questo tipo di approccio e di atteggiamento di squadra perché si incitano, si danno il cinque, corrono e hanno questo ritmo molto alto. È gratificante il fatto che facciamo fare ciò a più gruppi di più età.”

D: “Dai piccoli passiamo ai grandi dell’Alma Pallacanestro Trieste. Essendo tu stato un membro del roster dell’anno scorso ti chiedo qual è, secondo te, il problema che desta maggior preoccupazione all’interno del gruppo?”

A.P.: “Io credo che questa squadra abbia un grosso margine di miglioramento in un aspetto che ancora, rispetto alle altre caratteristiche del roster, non è riuscito a sviluppare del tutto ed è costituito dalle troppe sconfitte in trasferta. Si sono perse diverse partite fuori da Trieste, alcune volte di un punto, altre di tre con delle prestazioni sottotono. Credo che questo sia dovuto un po’ alle personalità di alcuni giocatori che non sono ancora riuscite ad emergere completamente in campo e che non permettono loro di capire esattamente dove deve andare la palla e non consentono di capire in maniera chiara chi effettivamente vuole il pallone per togliere le castagne dal fuoco. Questa è una cosa che la si capisce solo in campo. Alcune volte, già nei tornei pre stagione, si arriva che sei punto a punto e le gerarchie si definiscono automaticamente. A noi non è successo poiché abbiamo fatto una prima parte di stagione strepitosa vincendo con grandissimi margini. Quindi dico che la squadra ha giocato poche volte in queste situazioni oppure nelle volte in cui lo ha fatto non è ancora riuscita a trovare questo finale di partita. Questo però è un aspetto che consente di avere un grandissimo margine di miglioramento ed ho fiducia che avverrà adesso nel finale di stagione verso i playoffs quando sarà importante chiudere le serie fuori casa.”

D: “Hai citato che non c’è ancora una figura che risolve le partite. Secondo te, potenzialmente, chi potrebbe essere?”

A.P.: “Ho visto diversi di questi ragazzi, poiché ci ho giocato l’anno scorso, che hanno la capacità di segnare canestri decisivi. Il problema non è il prendersi questa responsabilità bensì la costruzione di azioni nei minuti finali. Ho visto segnare Bowers queste tipologie di tiri in regular-season così come Cavaliero ed ho osservato giocare questi possessi a Da Ros. Ho anche notato però, in questo periodo di trasferte in cui è venuto a mancare il risultato, un po’ di difficoltà nel trovare ritmo poiché per una settimana Da Ros si è fermato per un infortunio, Bowers aveva dei problemi di natura fisica così come Cavaliero. Per questo motivo è difficile amalgamare questo. Non dimentichiamoci di Fernandez che può fare azioni decisive quindi c’è il materiale per migliorare questo aspetto. Magari capita una volta come a Imola, come quando Green fece zero su due dalla lunetta e abbiamo perso e la volta dopo ha fatto due su due a Roseto ed abbiamo ottenuto il risultato opposto. Sono queste le partite di cui ti parlo e per questo la trasferta in Abruzzo è stata molto importante per il modo in cui abbiamo ottenuto i due punti. C’è da lavorare ma questo è il maggior margine di miglioramento che ha questa squadra.”

D: “Nell’ultima trasferta l’Alma ha perso a Jesi dopo cinquanta minuti di gioco e tre settimane prima si è verificato il capitombolo contro Tortona nella stessa località in occasione della Coppa Italia di LNP. Cosa è cambiato secondo te dal punto di vista tecnico, tattico ed emotivo rispetto a ventuno giorni fa?”

A.P.: “Credo che la Coppa Italia sia stata decisa dal momento di forma di Tortona in quel week-end tanto che ha dato venticinque punti a noi, sedici in semifinale e trentadue in finale. Noi come Alma Pallacanestro Trieste abbiamo offerto una prestazione sottotono dinanzi ad una squadra che ha avuto la loro miglior settimana nell’arco della stagione tanto che è reduce da due sconfitte consecutive. Non ho visto nessun grosso cambiamento né tecnico né tattico da parte della nostra squadra che da tempo ha impostato una maniera di giocare qui a Trieste prestabilita nel corso degli anni con eccellenti risultati soprattutto in casa. È chiaro che in trasferta abbiamo avuto qualche difficoltà in più ma credo che sia cambiato il discorso motivazionale dei giocatori che si son visti un attimo destabilizzati dopo la batosta con i piemontesi, a Treviso ed a Bologna ed è chiaro che lo spirito motivazionale del gruppo è venuto di nuovo fuori.”

D: “Un’altra preoccupazione riguarda la preparazione atletica che è simile agli anni precedenti. Avendola provata nel tuo corpo qual è la differenza tra la preparazione atletica scelta rispetto ad altre riscontrate nella tua carriera?

A.P.: “Mi piace questa domanda perché me la fai esattamente dove stavo facendo da cavia al Prof. Paolo Paoli su tutti i suoi test. Oltre ad essere il direttore tecnico del settore giovanile ed occuparmi del marketing e della comunicazione della società faccio da cavia al Prof. che mi assegna dei test per i ragazzi per cui li provo prima e vedo come risponde questo fisico quasi vecchietto. Il metodo di lavoro di Paolo è eccellente poiché previene infortuni muscolari ed è un risultato derivato dai suoi ventuno anni di esperienza in società. Tranne le scavigliate, le operazioni di pulizia o qualche botta che capita devo dire che la preparazione è stato un crescendo in tutte le squadre tanto che Dalmasson ha sempre riscontrato un crescendo nella condizione fisica dei suoi roster da quando è qui. Quest’anno siamo partiti fortissimo e siamo ancora primi in A2 nonostante i molti mezzi infortuni che sono avvenuti come le distorsioni alle caviglie o problemi di natura traumatica, che sono imprevedibili. La differenza è che si lavora tanto secondo questa programmazione di Paolo divisa in più parti dettata dall’esperienza del professore. Lui ha lavorato anche nell’ambito della pallamano, della vela, del canottaggio, del basket femminile quindi ha un’esperienza enorme per capire e sentire il gruppo. Dalle altre parti si faceva un lavoro così ma non ho mai fatto degli esercizi di condizionamento al mattino per circa quattro volte a settimana, dettaglio che qui è di routine. è stata nuova, l’ho fatta tra i trentacinque ed i trentasette anni con risultati molto buoni poiché sono stato molto bene fisicamente a Trieste in questi due anni tanto che si vedeva la nostra condizione atletica e fisica nelle partite e la ferocia che puoi avere la scatenavamo in campo anche grazie a questa condizione qua.”

D: “Ieri (mercoledì mattina) è emersa la notizia che Trieste, fonte Gazzetta dello Sport, è interessata a Federico Mussini. Secondo te che contributo potrebbe dare in vista della fine della regular season e dell’inizio dei playoffs?”

A.P.: “Mi trovi in difficoltà a rispondere perché, al momento, non c’è niente di ufficiale. Trieste è una piazza ambita sia da tantissimi giocatori sia da altrettanti procuratori ma al momento ci sono undici giocatori senior più tre ragazzini del 2000′ che, secondo me, sarebbero in campo tranquillamente in almeno dieci squadre di questa A2, includendo anche il Girone Ovest. Da noi invece sono i ragazzini del settore giovanile. Mettere un altro senior credo che sia lecito farlo per una società che ambisce alla promozione in A1, a causa di una sola promozione. Lo si fa anche per prevenire un infortunio come successe l’anno scorso a Javonte Green in occasione di Gara-3 a Tortona. Solo una salirà e l’interesse di tutti è quello di poter ambire all’unico risultato che ci porti in A1. Considero comunque Federico un giocatore interessante che starebbe benissimo in questo gruppo. Per quanto riguarda gli equilibri tecnico-tattici o di rotazione saranno problemi che riguarderanno allenatore e staff che dovranno far quadrare il tutto. Tornando a Federico lo conosco, lo stimo e credo che abbia fatto una bella scelta del salto in NCAA a St.John, in cui è stato allenato da un grande come Chris Mullin. Ho visto che faceva difficoltà in A1, come è normale che sia, e vedremo come si comporterà qualora arrivi.” *

*N.B. È da considerare che questa intervista è avvenuta nella mattinata di giovedì, prima dell’accordo di massima tra Trieste-Reggio Emilia ed il giocatore.

D: “Qual è la percenutale di probabilità affinché Trieste arrivi al primo posto nel Girone Est ed abbia il miglior record in tutta la A2?”

A.P.: “Per quanto riguarda il Girone Est ti dico il 75% che arriviamo primi. Stessa percentuale per i due gironi complessivi perché non credo che Casale Monferrato vincerà tre delle quattro partite rimaste. Tanto ormai non gioco quindi posso dire qualsiasi numero! (ride)”

Ringraziamo Andrea Pecile e l’Alma Pallacanestro Trieste per la grande disponibilità ed auguriamo al dirigente ed alla società giuliana un finale di stagione ricco di emozioni.

 


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