Foto Peppe Mura 2018

La crescita nelle giovanili della Montepaschi Siena e l’esordio in A2 a soli 16 anni. L’incredibile cavalcata verso l’argento al Mondiale U19 in Egitto e l’inserimento nel quintetto ideale insieme a Tommaso Oxilia. Poi l’acquisto da parte di Sassari, che l’ha subito girato a Cagliari, in un progetto di crescita condiviso da tutte le parti. Se leggi la carta d’identità c’è scritto 1998, ma poi a parole assomiglia molto di più ad un veterano: è davvero difficile pensare come Lorenzo Bucarelli non possa avere un futuro da protagonista ad alti livelli.

Lorenzo, partiamo con l’avventura a Cagliari… Come ti stai trovando? “Qui in Sardegna, oltre alla qualità della vita eccellente, mi sto trovando bene anche a livello cestistico. Con la società, con l’allenatore, con i compagni: tutto mi fa pensare come sia stata la scelta più giusta, soprattutto per la mia crescita. La conferma arriva dal progetto che mi è stato presentato, che ha alle spalle la Dinamo (Sassari) e ha come obiettivo il mio sviluppo in A2 a Cagliari, potendo contare sulla grande fiducia da parte di questa società”.

Hai già fissato degli obiettivi personali e di squadra particolari? “Dal punto di vista personale l’obiettivo non può che essere quello di migliorarmi su tanti aspetti del mio gioco e di continuare un processo di crescita partito all’inizio di questa stagione e che sta proseguendo a gonfie vele. Per quanto riguarda la squadra, l’obiettivo è quello di raggiungere la salvezza il prima possibile e poi di giocare al massimo le partite che restano”.

(credits FIBA)

La carta d’identità non mente: tu sei ancora giovanissimo, ma hai già qualche esperienza alle spalle in A2. Ti senti già pronto per un eventuale salto di categoria?Il salto di categoria in realtà non è legato molto all’esperienza, ma riguarda soprattutto alle qualità. Sotto alcuni aspetti sono pronto, ma sotto altri sono ancora molto indietro. Cagliari è la società giusta per continuare il mio processo di crescita. Non c’è nessuna intenzione di bruciare le tappe, perché non avrebbe senso, ma sono fiducioso sul lavoro che sto facendo e condivido appieno il progetto della società”.

Da Cagliari all’Egitto. Se dico argento ai Mondiali U19 con la Nazionale… Cosa ti resta addosso di quell’esperienza?Sicuramente il ricordo che più mi è rimasto impresso è il legame creatosi con il gruppo. Gli altri undici ragazzi, tutto lo staff: i rapporti che si sono creati in quei quindici giorni, tra viaggi e competizione, non si possono dimenticare”.

Anche da casa davanti alla tv non era difficile accorgersi di quel legame…Per i cinque in campo vedere una panchina che ci spingeva sempre non faceva solo piacere, ma ti dava una carica pazzesca. Significa avere la consapevolezza di non essere da soli contro gli avversari, ma avere una squadra che ti supporta in tutto e per tutto”.

Un’impresa pazzesca, contando che siete sbarcati non proprio con i favori dei pronostici. Qual è il momento in cui è effettivamente maturata la consapevolezza di poter arrivare in fondo? “Il punto di svolta è stato il canestro di Oxilia contro il Giappone. La consapevolezza è arrivata soprattutto a livello mentale. All’inizio non avevamo alcun supporto, anzi sono arrivate tante critiche viste le assenze e i numerosi problemi logistici che c’erano prima della partenza. Quel canestro ha dato al nostro gruppo una marcia in più!”.

Vittoria dopo vittoria, il vostro percorso stava proseguendo alla grande, fino alle partite da “dentro o fuori” Quanta pressione avete sentito in questi match?La pressione, quella vera, l’abbiamo vissuta nei quarti e in semifinale: lì, con la medaglia sempre più a portata di mano, la sentivo abbastanza. In finale, invece, più che pressione avvertivamo una sensazione di leggerezza indescrivibile: non ti rendevi nemmeno conto di dov’eri. Una cosa talmente bella per cui ogni tipo di peso o pressione erano scomparsi”.

Il rapporto con coach Capobianco: senza un grande coach certi traguardi non si raggiungono, no?Andrea lo conosciamo da quando avevamo 15 anni: è stato l’epilogo perfetto di un percorso molto bello. Personalmente ho disputato con lui quattro competizioni internazionali (2 mondiali e 2 europei): il nostro rapporto è sempre stato sincero e diretto. Ovvio, ci sono stati anche momenti di screzi e di incazzature da parte sua, ma com’è giusto che sia: rispetto e fiducia, però, non sono mai mancati. Quello che ci ha trasmesso è stato fondamentale, visto che ha spinto tutti gli atleti a dare sempre qualcosa di più”.

Il Mondiale U19 e un argento inaspettato: non sarebbe ora anche in Italia di proporre un sistema che permetta ai nostri giovani di crescere nel migliore dei modi?Sarebbe bello che ci fosse un sistema che ci supportasse, ma è anche giusto che debba giocare chi se lo merita. Non serve a nulla aggrapparsi a regolamenti, ma bisogna giocare perché ce lo dobbiamo meritare e basta”.

(credits ItalHoop)

Più in generale, a livello sportivo quanto sarebbe importante replicare un modello simile a quello dei college negli Usa, dove il legame tra studio e sport va di pari passo?Quello assolutamente. Quest’anno ho provato a fare un test di ammissione per la facoltà di scienze motorie, eppure non sono riuscito ad entrare. Mi sembra assurdo che a livello nazionale non si possa fare in altro modo: un atleta che compete a livello professionistico e che vorrebbe parallelamente continuare gli studi, dovrebbe avere un accesso facilitato, soprattutto per una facoltà come quella di scienze motorie”.

Eppure va così… Allora perché non provare un’esperienza negli Usa, come hanno fatto Davide Moretti e Amedeo Della Valle?Effettivamente ci ho pensato più volte: non la reputo, però, per me, per la mia crescita e per il mio modo di giocare una cosa fattibile. Il mio è un modo di giocare molto standardizzato, non sono un giocatore di puro estro o talento ed è chiaro che basket europeo sia molto più adatto alle mie caratteristiche. Dal punto di vista umano, però, è chiaro che un’esperienza del genere ti cambi profondamente e sia assolutamente da fare”.

Stagione per il momento positiva in Sardegna per Bucarelli (Foto Peppe Mura 2018)

Ritornando al basket giocato: c’è un aspetto su cui ti senti di dover migliorare?La fiducia al tiro è quello su cui devo lavorare maggiormente: ad ora le mie percentuali sono migliorate tantissimo, ma mi manca ancora un po’ di confidenza”.

Parere personale. Sei un giocatore molto “old school”: forse non sempre emergi dal tabellino, ma il tuo impatto in campo si sente eccome. È vero?Sono stato cresciuto dal settore giovanile di Siena, in un ambiente dove l’intelligenza cestistica contava molto di più dell’estro. Io in campo faccio tante piccole cose che magari non si vedono, ma amo il mio modo di giocare per la squadra mettendomi completamente al suo servizio”.

C’è un giocatore a cui ti ispiri?Shaun Stonerook: mi piacerebbe diventare come lui. Un giocatore dall’intelligenza pazzesca: immarcabile nonostante non avesse un grandissimo talento. Il mio idolo sportivo, invece, è Diamantidis”.

Meglio pochi minuti in una grande squadra o più spazio in un team di metà classifica?Tutto dipende dal momento della carriera in cui un giocatore si trova. Se deve ambire a vincere e provare a portare a casa dei trofei, allora magari è meglio giocare di meno, ma in una squadra più forte. Altrimenti meglio avere più spazio e minuti in una squadra chiaramente con meno ambizioni”.

Sei un toscano doc: sogni ancora di vincere lo scudetto con Siena?Siena mi è indiscutibilmente rimasta nel cuore, perché ci sono cresciuto, ma dopo le vicende di quest’estate, per me è difficile immaginarla come la squadra di un tempo. Vincere lo scudetto, in realtà, sarebbe una cosa straordinaria in qualsiasi squadra!”.

A proposito di responsabilità e modo di giocare. Siamo in finale scudetto, si decide tutto nell’ultima azione: ti prendi la responsabilità del tiro o cerchi lo scarico per il tuo miglior tiratore?Io sono sempre stato cresciuto e abituato a prendermi le responsabilità, come è successo anche al Mondiale: quella palla contro la Spagna ho voluto averla io tra le mani, quindi non è un problema caricarmi la squadra sulle spalle. Magari alla fine trovo un compagno libero e gliela passo, ma voglio essere io a decidere cosa fare”.  

 


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