Rocca ai saluti (foto G.Esposto)

12 aprile 2015:Rocca saluta il basket (foto G.Esposto)

Peccato, in quella domenica di aprile 2015 eravamo in pochi, forse meno di 2.000, in un palazzetto che nei momenti più belli faceva fatica a contenerne quasi 5.000: peccato, per la sua standing ovation, Richard Mason Rocca, una delle bandiere del basket jesino, ex Napoli, Milano, Virtus Bologna, oltre che ex azzurro, meritava di più, molto di più.

Sul parquet del PalaTriccoli, quel ragazzone di 38 anni, americano di nascita, dal cognome fascinosamente italiano, Rocca, che fa pensare a qualcosa di duro, di inattaccabile, di inossidabile, ha appena trascinato alla vittoria la sua squadra, segnando 31 punti, il suo high career.

Tutti sanno, ma tutti fanno fatica ad ammetterlo, è stata l’ultima partita della sua carriera: ma come, vederlo giocare dopo il rientro dall’infortunio con questa voglia, divertirsi come un ventenne appena uscito dalla università, non è possibile, difficile a credersi.

In sala stampa siamo in attesa dei due coach Ciani e Lasi, ma la vera attesa è per Rocca, ma l’emozione tradisce anche lui: così comincia la sua intervista parlando del campionato, di una stagione difficile, dell’orgoglio di aver fatto parte di questo gruppo, di tante cose, di tutto ma non del suo ritiro.

Spetta a me l’ingrato compito di porre quella domanda che nessuno ha il coraggio di fare:

Mason, hai qualcos’altro da dichiarare? “Ancora non l’ho detto, però questa è stata l’ultima partita della mia carriera. Ci ho pensato a lungo: la pallacanestro mi ha dato tantissimo, però il mio fisico e la mia famiglia sanno che è ora di iniziare un’altra avventura”.

E’ un attimo, mentre Mason continua a parlare, senza riuscire a mascherare l’emozione, le parole sembrano sfumare, la memoria del sottoscritto vola a quell’agosto del 2001: è la Sicc Jesi di Lupo Rossini e Pol Bodetto, un asse granitico attorno al quale girano alla grande Mario Gigena, Myron Brown, Michael Williams, Flamini. Al suo arrivo si sapeva ben poco, se non che provenisse da una università importante, Princetown, chiusa nella valigia una prestigiosa laurea in ingegneria elettronica.

foto di Savino Paolella

Rocca in maglia EA7 in Eurolega contro il Panathinaikos (foto di Savino Paolella)

In tre anni, con tanta fatica e sudore, diventa il leader della squadra, sviluppando un feeling eccezionale con Lupo Rossini. La sua esperienza jesina si chiude con una storica promozione in A/1. La società non ha la lungimiranza di prolungare il contratto al momento giusto e Rocca passa alla Pompea Napoli. Per lui forse è un bene, perché la Sicc torna in A/2 dopo un solo anno, invece la sua carriera ha un’ impennata. Nel 2006, con Bucchi in panchina Napoli conquista la Coppa Italia e la semifinale play-off, in un anno che sarà magico per Mason, che indossa con orgoglio la maglia azzurra ai Mondiali in Giappone. Epica la partita in cui lo mettono a marcare Yao Ming,  a occhio e croce 25 cm. di differenza.

Quello stesso orgoglio lo aveva manifestato quando aveva ringraziato la società jesina, per avergli dato la possibilità di diventare anche cittadino italiano. E dopo aver incontrato la nazionale degli Stati Uniti dichiarò che quella sera si era sentito più italiano.

L’anno successivo ha la possibilità di aggiungere un’altra esperienza, l’Eurolega. Nel 2008 Bucchi lo vuole con sé a Milano, dove rimane fino al 2011/2012, diventando anche capitano delle scarpette rosse, poi l’ultima stagione in A/1 alla Virtus Bologna: in totale oltre 340 partite nella massima serie.

Canestro di Mason Rocca (Foto di Chiara Sandrolini 2013)

Mason Rocca alla Virtus Bologna, per l’ultima stagione in A1 (Foto di Chiara Sandrolini 2013)

A Jesi lo ricordano per quell’episodio, quando quasi venne alle mani con Singleton; è il primo turno di play-off, la squadra ha perso gara 4 a Scafati, tutti stanno imprecando per la sconfitta che li costringerà alla bella, quarantotto ore dopo, tutti meno Singleton, che con la cuffia in testa ascolta musica, come niente fosse. Mentre Blizzard si appoggia alla porta per impedire a chiunque di entrare nello spogliatoio, prima Rossini, poi Rocca, affrontano a brutto muso il compagno di squadra. Volano parole grosse, si teme perfino che Rocca e Singleton vengano alle mani. Niente di tutto questo, Singleton si scusa con i compagni ed è la svolta, dopo la vittoria in gara 5 la Sicc si sbarazza di Montecatini e Virtus Bologna salendo direttamente in A/1.

Io personalmente lo ricordo per un corso di sommelier al quale partecipammo io, lui e Lupo Rossini, proprio nell’annata della promozione in A/1. Quante corse dopo l’allenamento per raggiungerci all’enoteca regionale.

In tanti anni posso dire di aver visto pochi giocatori come lui: un lungo di appena 204 cm che ha costruito una carriera importante, con tanto duro lavoro in palestra e un’ intelligenza cestistica non comune, quell’istinto che gli ha permesso, in ogni fase di gioco, di essere nel posto giusto al momento giusto, di portare un blocco a un compagno nel momento giusto, quando una frazione di secondo può decidere un canestro fatto o sbagliato. Un leader nel vero senso della parola, ma un leader silenzioso, che ha saputo sempre parlare con i fatti, che ha saputo sempre essere senza preoccuparsi di apparire.

Perfino coach Peterson lo ha inserito nella lista dei suoi giocatori preferiti.

La pallacanestro è la mia vita, ma è il momento di cominciare una nuova carriera, sono pronto per iniziare una nuova avventura. Ho sempre detto che prima o poi avrei voluto portare i miei figli negli Stati Uniti. Sono qua, sono vissuti qua, l’Italia è la loro casa, ma desidero che facciano anche una esperienza negli States. L’Italia rimane una parte fondamentale della mia vita, credo che in futuro riporterò qua la mia famiglia.

Sono le ultime parole di Mason, prima del suo congedo.

Non tanti anni fa, le stesse tavole del PalaTriccoli salutarono l’addio di un altro grande del basket jesino, Lupo Rossini, suo amico fraterno: anche Rossini quel giorno giocò una delle sue migliori partite, ma non bastò per far vincere una squadra senza voglia, senza entusiasmo. Il ripescaggio era già sicuro, ma la Fileni sul campo retrocesse; anche questo è basket, non è solo adrenalina quando si vince, è anche lacrime e sofferenza quando si perde qualcosa di importante. Avesse avuto Rocca al suo fianco, chissà, forse quel giorno sarebbe andata diversamente.

Oggi il suo progetto principale è allenare, probabilmente i giovani, nonostante quella prestigiosa laurea in ingegneria, che potrebbe aprirgli altre strade: e poi c’è sempre quel sogno nel cassetto, metter su una fabbrica di mozzarelle di bufala negli Stati Uniti. Una pazzia solo a pensarci, ma per uno tosto come lui niente è impossibile; chiedetelo ai suoi ex allenatori e compagni di squadra e ai tanti avversari incontrati in tutti questi anni.

E poi? Beh quella bella casa in collina dalle parti di Jesi è sempre là ad aspettare lui e la sua splendida famiglia.


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