L'accoglienza della Fossa dei Leoni alla prima giornata di campionato (foto: Fabio Pozzati)

L’accoglienza della Fossa dei Leoni alla prima giornata di campionato (foto: Fabio Pozzati)

Si potrebbe disquisire su quale tipo di fallimento intende il nostro titolo, perché una società che in DNB riesce a portare circa 4000 spettatori per ogni partita casalinga non si può dire che abbia fallito in tutto e per tutto. Proviamo allora a specificarlo il prima possibile, affinché il nostro pezzo appaia chiaro subito a tutti i lettori: il fallimento che intendiamo è quello di una società che una volta iniziato il campionato non ha saputo gestire una realtà da serie A capitata per svariati motivi nel mondo delle minors; ma è anche il fallimento di una squadra costruita con grandi nomi, ma incapace di mostrare tutto il proprio talento sul campo.

Ma andiamo con ordine. Per far ciò sarà necessario ricostruire tutto dal principio, ovvero quando più di un anno fa Marco Calamai convocò una conferenza stampa in cui mostrava l’intenzione di far rivivere la Fortitudo Bologna dopo tre anni in cui i tifosi erano scomparsi o divisi. Calamai chiarì subito di essere semplicemente un garante utile a riunire le varie fazioni e a ricostituire quella società che aveva fatto la storia del basket italiano; spiegò anche subito che, una volta svolto il suo compito, si sarebbe defilato per lasciare ad altri la ‘nuova’ realtà costituita. E, bisogna dargliene atto, così è stato: Calamai è riuscito praticamente subito in quello che era il suo primo intento, ovvero riunire tutto il popolo della Fortitudo, e già dai primi dati sugli abbonamenti ciò era chiaro. La scelta della categoria da cui ripartire apparve azzeccata visto il budget che la società aveva a disposizione. Ottima anche la rinascita di un settore giovanile quasi da reinventare. L’unico errore che commise a nostro avviso Calamai fu quello di voler assolutamente costituire una società simile alle altre di categoria, quando era evidente sin da subito che il seguito mediatico e di pubblico sarebbe stato ben differente. La domanda che allora non si pose Calamai fu: può una struttura societaria da DNB reggere certi pesi a cui solo in serie A sono abituati?

Il problema poi non fu posto neanche da colui che pian piano sostituì Calamai come uomo al comando, ovvero quel Dante Anconetani che, scelto da Calamai stesso, da metà stagione si ritrovò praticamente solo a prendere decisioni che fino a quel momento non aveva mai dovuto prendere nella propria vita.

Michele Venturelli, uno dei pezzi pregiati acquistati in estate (foto Fabio Pozzati)

Michele Venturelli, uno dei pezzi pregiati acquistati in estate (foto Fabio Pozzati)

Nel frattempo era stata costruita una squadra con diversi pezzi da novanta per la categoria che faceva intuire come l’obiettivo stagionale potesse essere la promozione alla serie successiva. Chiunque segua un minimo la pallacanestro sa che non basta mettere assieme tante figurine pregiate per fare una squadra vincente, a maggior ragione in un campionato in cui non basta neanche vincere il proprio girone per essere promossi, ma le sensazione attorno erano comunque positive. I risultati sul campo non si può neanche dire che mancassero, ma obbiettivamente il gioco espresso ha difficilmente convinto qualcuno. Sta di fatto che bastò un ruolino da 10 vittorie e 5 sconfitte e un secondo posto nel girone (ma a pesare più di tutto fu la brutta sconfitta casalinga con la capolista Tortona) per esonerare un allenatore comunque esperto della categoria come Antonio ‘Toto’ Tinti. Scelta giusta? Scelta sbagliata? Nei giorni seguenti si discusse molto e le opinioni comunque apparivano contrastanti. Quello che fu certo è che la scelta successiva per sostituire Tinti lasciò di stucco: promuovere l’esordiente Politi (il quale aveva solamente una grande esperienza nel settore giovanile) e concludere la stagione con lui. La prima domanda che balenò nella testa di tutti fu se la società non avesse esaurito i liquidi dalle proprie casse (nonostante il precedente oneroso acquisto di Verri); ma i successivi acquisti di Sorrentino a Landi (che contribuirono a portare la rosa ad 11 giocatori, con conseguente turnover) tolsero subito questo dubbio dalle nostre teste.

Clicca qui per la seconda parte