Selfie di Paul Eboua durante il Basketball Without Borders 2018 (fonte Stella Azzurra Roma)

È uno dei prospetti più interessanti per fare il salto oltreoceano. Gli occhi di scout di tante franchigie Nba, college e università americane sono spesso puntati su di lui È uno dei 43 migliori prospetti a livello internazionale che sono stati invitati al Basketball Without Borders Global Camp 2018 di Los Angeles, manifestazione compresa nell’Nba All Star Weekend svoltosi a febbraio allo Staples Center. Eppure, Paul Eboua ha compiuto 18 anni lo scorso 15 febbraio. Un predestinato, vero?

Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio. Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra. Un lungo viaggio di mille miglia si comincia col muovere un piede”. Citando le sagge parole dell’antico filosofo cinese Lao Tze, non si può certo dire che il viaggio che ha portato Paul Eboua dal Camerun all’Italia sia stato breve. Salutare la propria famiglia e cambiare vita è uno di quei momenti che possono stravolgere un’esistenza intera.

Paul Eboua (FOTO CRISTIANA CASTANO)

Paul, rifaresti ancora la stessa scelta? “Certo che la rifarei. È stata molto difficile soprattutto perché non sapevo a cosa andavo incontro, ma questa decisione mi ha fatto conoscere una nuova famiglia e una nuova casa, la Stella. La paura era molta ma soprattutto perché non conoscevo nulla dell’Italia. Una volta arrivato, però, ho avuto subito sensazioni positive: certo ero senza la mia famiglia, ma ce l’ho fatta. Adesso non ho più nessun problema”.

Dopo diversi anni, hai avuto modo di scoprire un po’ di più sull’Italia: cosa ti piace di più della nostra nazione e di cosa, invece, senti la nostalgia del Camerun? “Il tipo di vita che faccio, alla fine, mi obbliga a trascorrere molto tempo in palestra: l’Italia, quindi, l’ho conosciuta solo durante i viaggi e le trasferte. Di sicuro mi piace molto la presenza di strutture che mi permettono di migliorare. Del Camerun invece mi manca la mia famiglia e il posto in cui sono cresciuto, ma credo sia normale”.

Senza sapere inglese e italiano, quanto è stato importante per te sia nella vita che nel percorso nella pallacanestro il tuo compagno di squadra e connazionale Jordan Philippe Bayehe? “Jordi è come un fratello maggiore per me, non riesco ad immaginarmi qui senza di lui. So che un giorno le nostre strade si divideranno, ma per ora è bello condividere questi momenti ed esperienze con lui”.

Cosa significava la pallacanestro quando eri ancora in Camerun e cosa significa adesso per te? “In Camerun era semplice divertimento, giocavo al campetto con gli amici. Qui è diventato molto di più, è come un lavoro. Un lavoro divertente, però”.

Una schiacciata di Paul, durante la finale U20 Ecc, contro la Reyer Venezia (fonte Stella Azzurra Roma)

Giugno 2016: prima esperienza a contatto con il mondo americano con il Jordan Brand Classic: che emozioni hai provato e come è andato l’incontro con Ray Allen? “Per me era la prima volta negli Stati Uniti quindi è stato tutto…”wow”! Non riuscivo a non stupirmi per ogni cosa: i palazzi, i grattacieli, le macchine, le persone. Per quanto riguarda il basket ho potuto confrontarmi con i migliori giocatori della mia età e mi ha permesso di capire che non sono l’ultimo, ma neanche tra i primi quindi tutto quello che devo fare è lavorare”. Ray Allen ci ha fatto un bel discorso, dicendoci che tutto quello che faremo dipende solo da quanto sapremo lavorare duramente”.

É difficile avere sempre gli occhi di tutti gli scout addosso? Avverti la pressione? “Sì, a volte sento ancora la pressione, ma con il tempo mi ci sto abituando. Prima questa pressione mi faceva giocare male, adesso in realtà agli scout neanche ci penso, se gioco male o bene dipende solo da me. Magari mi viene in mente a fine partita che gli scout mi hanno visto e giudicato, ma ormai sono già un paio di anni che lo fanno quindi con il tempo capisci che non puoi stare a pensare solamente a loro. E, tra l’altro, io probabilmente non so neanche esattamente su cosa mi giudicano. Quindi meglio non porsi il problema e pensare a giocare bene”.

Concentrazione, tiro e difesa: sono questi gli aspetti principali in cui devi migliorare? “Di questi tre aspetti sicuramente la concentrazione è ancora il mio tallone d’Achille. Sono molto migliorato e ammetto che ci sto lavorando molto con gli allenatori qua alla Stella. Facciamo lavori non solo di basket, ma anche a livello psicologico e mentale proprio per evitare cali di concentrazione. Per quanto riguarda il tiro so che devo migliorare, mentre in difesa credo di essere un po’ più sicuro rispetto al passato”.

Eboua insieme a Danilo Gallinari durante il Basketball Without Borders 2018 (fonte Stella Azzurra Roma)

Sei arrivato in Italia grazie alla Stella Azzurra Roma: che cosa significa per te questa società? “È casa mia. Credo sia giusto riassumere con questa parola cosa sia la Stella per me. E per molti altri come me. Sai che non sarà il posto dove starai per sempre, ma sai benissimo che resterà casa tua per tutta la vita.

Che rapporto hai con il coach Germano D’Arcangeli? “A volte da amico, a volte da nemico, a volte da padre, ma sempre da allenatore”.

L’Adidas Next Generation Tournament a Kaunas è stato un torneo importante per te e per la Stella Azzurra: cosa ti porti dietro di quell’esperienza e quanto ti ha dato fastidio perdere in finale? “Mi porto dietro la consapevolezza che ogni partita si conclude solo alla fine e soprattutto che a quel livello si gioca principalmente con la fisicità. E si deve partire subito carichissimi perché altrimenti gli avversari impongono il loro modo di giocare. Credo che l’aspetto fisico sia la chiave per questo tipo di partite. E proprio il nostro scarso approccio fisico in finale ci ha condannato alla sconfitta contro il Lietuvos. Adesso speriamo a Belgrado durante le Finali di non fare più lo stesso errore”.

National Prep School Invitation di Providence: un’esperienza unica per conoscere meglio il mondo universitario e non solo americano. Hai capito che sei già in grado di giocare a quei livelli o hai bisogno ancora di un po’ di tempo?

“Noi abbiamo giocato contro giocatori più grandi, ma comunque di high school o prep school. Credo che a quel livello ci posso giocare. Anzi, ne sono sicuro. Poi credo che il difficile venga dopo, a livello di College, soprattutto ad alto livello. In estate però gioco spesso contro i college americani con la Stella Azzurra: ad esempio la scorsa estate abbiamo giocato contro Kansas, Auburn e NC State e alla fine ho provato sensazioni contrastati: da un lato sentivo di poter giocar a quei livelli, ma al tempo stesso ho capito che mi manca un po’ per essere un vero giocatore per quel tipo di squadre”.

Basketball Without Borders Global Camp 2018 di Los Angeles: che emozioni hai provato a confrontarti e conoscere diversi giocatori Nba? Cos’hai imparato da questa esperienza? “La cosa più emozionante è stata quella di ammirare dal vivo quei giocatori che si vedono sempre e solo in tv. Solo quando ce li hai a pochi metri riesci a capire che fisico pazzesco abbia LeBron, quanto sia veloce Westbrook, quanto sia agile Davis e così via. Dalla tv hai sicuramente una percezione, ma non quella effettivamente reale. Lì ho avuto la fortuna di vedere questi fenomeni giocare davanti a me ed è stato davvero pazzesco”.

Eboua impegnato nella gare delle schiacciate durante un torneo in Spagna (fonte Stella Azzurra Roma)

Siamo sicuri, però, che Donovan Mitchell, vincitore dell’ultimo Nba Dunk Contest, sia così tanto più forte di te a schiacciare? “Assolutamente!”.

C’è qualche giocatore a cui ti ispiri? “Jabari Parker, perché mi piace il suo modo di giocare, il suo atletismo nonostante l’infortunio e la sua capacità di fare più cose in campo. Vorrei provare a diventare un giocatore molto simile a lui”.

Ultima domanda, quella più difficile: stai giocando nelle Finals Nba e sei in squadra con LeBron James. Ti arriva la palla nell’ultima azione e hai un po’ di spazio per il tiro: ci provi oppure gliela ripassi? “La passo a LeBron. Subito!”.


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