Danilo Gallinari (foto Pasquale Cotugno)

Alzi la mano chi l’avrebbe detto. Non ci riferiamo (solo) alla qualificazione dell’Italia per i Giochi di Tokyo, ma all’esito dei quattro gironi del Preolimpico: la Germania che batte d’autorità Croazia e Brasile (che aveva rifilato quasi 30 punti agli stessi padroni di casa pochi giorni prima), la Slovenia che con un Doncic ancora in forma nonostante la lunga stagione NBA fa il colpaccio in casa della Lituania (una delle squadre con meno assenze pesanti quest’estate) e soprattutto la pazza Repubblica Ceca di Satoransky che, dopo aver sorpreso ai Mondiali di Cina, fa il bis in Canada sorprendendo i favoritissimi padroni di casa e poi prendendo a sberle la rimaneggiata ma pur sempre temibile Grecia. Risultati sorprendenti, figli certamente della stagione Covid e ancor più dell’aberrazione sportiva partorita da FIBA ed Eurolega con la loro compulsiva manipolazione dei calendari e il conseguente logoramento dei giocatori a scapito della qualità del gioco.

A Belgrado, a dire il vero, se si eccettua la misura del trionfo azzurro, ciò che si è visto in campo non è stato così inaspettato, a partire dalle prestazioni di alcuni singoli. Se l’ultima stagione di club ci aveva lasciato pochi dubbi, infatti, ora anche questi sono fugati: Achille Polonara e Simone Fontecchio, prossimi compagni al Fenerbahçe, sono ormai giocatori di livello internazionale a tutti gli effetti, e non semplici comprimari ma leader tecnici in grado di prendersi responsabilità quando la palla scotta. Spetta a loro, oltre che a Melli e Tonut, il ruolo di pretoriani di questa squadra, coloro i quali (senza voler mettere troppa pressione ai giovani) dovranno farsi carico in prima battuta delle sorti della Nazionale nel presente e nel futuro prossimo.

È per questo che ci sembra assurdo prendere seriamente in considerazione la convocazione – da alcuni invocata subito dopo la sirena finale al Pionir – di Danilo Gallinari per Tokyo. Senza voler mettere in discussione il talento del Gallo, e pur riconoscendo il suo impegno per la causa azzurra (quest’estate la sua assenza è stata obbligata dal protrarsi della stagione dei suoi Hawks e Danilo si è dichiarato disponibile per Tokyo), pensare di mettere mano alle alchimie di questo gruppo, per di più andando a togliere minuti e responsabilità a due dei trascinatori del Preolimpico, sarebbe un rischio enorme che un coach esperto come Meo Sacchetti dovrebbe guardarsi bene dal correre.

La storia della nostra Nazionale, forse più di ogni altra (ricordate il biennio 2003-2004?), ci insegna come gli equilibri psichici, tecnici e tattici del gruppo possano essere più decisivi del marginale aumento di talento offerto da un singolo. In questo caso, poi, parliamo di un singolo “pesante”, un giocatore che non potrebbe entrare nel gruppo in punta di piedi nemmeno volendo. Certo, se Gallinari avesse 10 anni in meno e rappresentasse il futuro della Nazionale, precludergli l’opportunità di amalgamarsi con il gruppo sarebbe sbagliato, ma stiamo parlando di un giocatore che si avvia alla fine della carriera, un giocatore che – pur in gran forma dal punto di vista mentale, come ha dimostrato in NBA – è sempre stato fisicamente fragile e certamente non ha più molto da dare in azzurro. Ogni minuto (e responsabilità) in meno di Polonara, Melli e Fontecchio rischia di avere un impatto esponenziale sul loro rendimento, con potenziali ripercussioni psicologiche anche al di là della spedizione giapponese. Il tutto senza contare che l’addizione di Gallinari costerebbe il posto a un altro giocatore (probabilmente Moraschini o un piccolo tra Spissu e Vitali) che si è sciroppato tutta la preparazione e il Preolimpico, dando un contributo fattivo alla causa e guadagnandosi il sogno olimpico tanto quanto gli altri 11. Rispedirlo a casa ora, sul più bello, sarebbe un imperdonabile segno di ingratitudine e potrebbe – una volta di più – causare effetti imprevedibili sulla stabilità e sull’affiatamento del gruppo.

E se proprio si volesse “irrobustire” il roster in vista delle sfide contro i corpaccioni di nigeriani, australiani e tedeschi, paradossalmente avrebbe più senso cercare di convincere Duke a concedere un mese di libertà a Paolo Banchero: lui sì che, da matricola, potrebbe entrare nel gruppo senza troppe pretese, accettare di fare molta panchina ma all’occorrenza mettere i suoi 208 cm e il suo atletismo a disposizione della squadra, iniziando al contempo a sviluppare un’affinità tecnica e umana con i compagni (Mannion e Pajola su tutti) con cui dovrà cercare di riportare l’Italia a medaglia nelle manifestazioni del prossimo decennio.