Siete ancora in vacanza e non avete intenzione di sprecare i pochi giorni di relax che vi rimangono davanti al televisore? Siete appena rientrati al lavoro e siete troppo impegnati per pensare alla palla a spicchi? Pensate semplicemente che i Mondiali di basket non valgano i Giochi Olimpici o gli Europei? Che un Mondiale senza LeBron, Durant, Parker, Ginobili e altre superstar non abbia alcuna attrattiva? Ecco 10 motivi per ricredervi.

Uno dei tanti campetti filippini (fonte Inthepen.wordpress.com)

Uno dei tanti campetti filippini (fonte Inthepen.wordpress.com)

– Perché c’è la Nazionale delle Filippine, paese del basket
Se non è la prima volta che una Nazionale si presenta ai Mondiali con tre giocatori sotto il metro e ottanta, poco ci manca. Ma del resto stiamo parlando delle Filippine, il paese – nelle parole di Federico Buffa – in cui la devozione per il gioco fa impallidire quella di qualsiasi altro luogo al mondo, Stati Uniti compresi (non ci credete? Buona lettura). Il paese che ha ospitato e per poco non ha vinto (si è arreso solo in finale all’Iran) lo scorso campionato asiatico, e che ora rilancia candidandosi all’organizzazione dei Mondiali 2019, prima edizione in anno dispari dopo la riforma FIBA. Arrivano con tanto entusiasmo, modeste ambizioni e l’interessante addizione Andray Blatche, difendendo un record poco considerato: sono la Nazionale non europea o americana ad aver ottenuto il piazzamento più alto nella storia dei Mondiali (terzo posto nel ’54). Laban Pilipinas!

– Perché l’inno è brutto, il basket dovrà essere bello per compensare
Comporre gli inni per le grandi manifestazioni sportive non è mai compito facile. Un inno ufficiale deve essere orecchiabile ma non banale, di flair internazionale e contemporaneamente a chiara connotazione locale. Ma Huecco, incaricato dell’arduo compito, non sembra essersi sforzato poi tanto, partorendo “Sube la copa”, pezzo disco-rap che sa tanto di già sentito e sembra prendere spunto fin troppo da omologhi inni delle competizioni calcistiche. Per evitare un totale… hueco (buco in spagnolo) nell’acqua, se non altro, il buon Iván Sevillano, nome all’anagrafe del cantante di Plasencia, ha proposto ai propri fan un’apprezzabile versione unplugged, accompagnata unicamente con la chitarra, che riportiamo qui sotto.

Kim Jongkyu, centro sudcoreano

Kim Jongkyu, centro sudcoreano

– Perché c’è la Corea del Sud. E chi ci capisce è bravo
Cercando di venire a capo del roster sudcoreano per i Mondiali, viene da pensare che ci sia di mezzo una strategia di confusione degli avversari. Nomi che cambiano di guida in guida (complici trascrizioni spesso fantasiose dai caratteri coreani o cinesi), numeri di maglia mutevoli e talvolta improbabili (1, 3…), per non parlare di nomi e cognomi già di per sé complicati, per noi occidentali. Se poi anche un giocatore naturalizzato come l’ex avellinese Jarod Stevenson (in realtà nativo di Seul) compare spesso con il nome coreano Moon Tae-Jong, viene voglia di segure l’esempio di coach Krzyzewski che, parlando in conferenza stampa dopo la sconfitta subita dai suoi USA contro la Grecia ai Mondiali del 2006, rilesse la gara rinunciando beatamente a imparare i nomi degli avversari e identificandoli solamente con il numero di maglia. Durante le telecronache ci sarà da divertirsi.

Sportitalia– Perché li trasmette Sportitalia
La nuova Sportitalia si conferma sulla scia di quella “vecchia” nell’occhio di riguardo che riserva alla pallacanestro. Un investimento rischioso, quello per Mondiali, che va però a colmare un vuoto vergognoso rendendo felici tutti i cestofili italiani. E restare incollati allo schermo (canale 153 del digitale terrestre) durante le partite di Spagna 2014 non rappresenterà solamente un premio allo sforzo dell’emittente di LT Multimedia (e dei suoi cronisti, vedi sopra): se i dati di ascolto saranno soddisfacenti, non è escluso che Michele Criscitiello e soci possano regalarci altre novità succulente nella prossima stagione sportiva, dai campionati esteri alle coppe europee passando per il basket d’oltreoceano.

Il giovanissimo Tai Wynyard

Il giovanissimo Tai Wynyard

– Perché c’è la Nuova Zelanda degli opposti
Nella terra del rugby, si sa, nascono talvolta anche buoni cestisti, e così la Nuova Zelanda riesce sempre a comporre selezioni nazionali competitive almeno per la modesta Oceania. E i motivi di curiosità non mancano mai: i Tall Blacks, infatti, schiereranno il giocatore più giovane della manifestazione, il 16enne Tai Wynyard, ala dei Super City Rangers di Waitakere City nonché figlio del mitico (in Nuova Zelanda) Jason Wynyard, re dei taglialegna mondiali. Nell’autarchico basket neozelandese, però, non ci si può permettere di sprecare la più piccola goccia di talento, cosicché anche alcuni degli atleti più attempati vestiranno il nero dei Kiwi: su tutti il bombardiere 33enne Kirk Penney, veterano dei parquet europei, il coetaneo Nick Horvath, smilzo centro allevato a Duke da coach K (che affronterà il 2 settembre) e il 36enne Casey Frank, lungo nativo degli USA ma con alle spalle 12 anni di carriera down under. E per rimanere sempre di moda ci sarà l’emergente Thomas Abercrombie…

– Perché non c’è l’Italia
No, non si tratta di un sussulto di antipatriottismo. Tutti avremmo voluto che l’Italia battesse l’Ucraina, o almeno la Serbia, guadagnandosi sul campo la qualificazione a una manifestazione di immenso fascino per avversarie e sede designata. Ma così non è stato, e allora perché negarci il gusto di seguire il Mondiale senza essere forzatamente partigiani, potendo prendere le parti dei padroni di casa della Spagna, delle stelle americane, dei simpatici finlandesi, delle orgogliose balcaniche, delle misconosciute asiatiche o di qualsiasi altra compagine? Perché negarci lo sfizio di poter tifare per una squadra nel primo tempo e per l’altra nel secondo? Oppure, più semplicemente, apprezzare la libertà di seguire ogni azione con la sola speranza di poter osservare uno spettacolo godibile e avvincente. Uno spettacolo che ci faccia dimenticare, almeno per 40′ effettivi, che l’estate volge al termine.

– Perché l’Italia c’è. Solo qualche generazione in ritardo
Laprovittola, Campazzo, Giorgetti, Bortolin, Scola. Ma anche Prigioni, Nocioni e Ricciotti (pardon, Richotti). Non è la formazione di una squadra di serie C italiana, è buona parte del roster dell’Argentina. Ecco allora che, se qualcuno si sente particolarmente patriottico, la selección di Julio Lamas può essere la squadra da tifare, poiché verosimilmente i nonni, o al massimo bisnonni dei sopra citati avrebbero indossato la maglia azzurra, e non quella albiceleste. Alcuni di loro, per di più, giocano da comunitari in Europa proprio grazie al passaporto tricolore gentile concessione degli avi emigrati dallo Stivale. Legami culturali e sociali, scambi commerciali, vicissitudini sportive e – ahinoi – un paese in bancarotta: con il popolo argentino abbiamo davvero molto in comune, seguirli al Mondiale con simpatia sarà per molti spontaneo.

angrybirdFinland– Perché c’è la Finlandia firmata “Angry Birds”
Che ci sia la Rovio, azienda produttrice del noto gioco per pc e smartphone, dietro la wild card concessa alla Finlandia non è un segreto. Ma per ben figurare in terra iberica (esordio da sogno e incubo contro gli USA) non basteranno gli “uccelli arrabbiati”, né i sempre numerosi e rumorosi tifosi bianco-azzurri: per questo coach Dettmann ha dato fondo alle risorse della pallacanestro finnica convocando anche Erik Murphy, “sventola-asciugamani” NBA appena ingaggiato dai Cleveland Cavaliers, nato e cresciuto negli States ma di madre finlandese, peraltro ex giocatrice (la signora Päivi ha giocato in Nazionale fino al ’94). Non solo: sarà per il fascino del Mondiale, sarà per ragioni economiche, sarà per il “richiamo della foresta” finnica, ma persino Drew Gooden, lungo 32enne anch’egli di madre finlandese, mai seriamente preso in considerazione nonostante la lunga carriera NBA, si è ufficialmente candidato a partecipare alla spedizione spagnola, ma pare che lo staff non intenda avvalersi dei suoi servizi e che per di più il passaporto non sia arrivato in tempo. In ogni caso, se con la palla a spicchi dovesse andare male, Koponen e compagni potranno sempre consolarsi lanciando volatili imbronciati.

nrocco– Perché vinca il peggiore
È vero, USA e Spagna sembrano un gradino sopra le altre sotto molti aspetti, e per motivi diversi (gli americani per compiere la loro missione e confermarsi i migliori del globo, le Furie Rosse per trionfare tra le mura amiche e mandare in estasi un paese) sono lanciate verso un obiettivo dal quale sarà difficile distoglierle. Ma sotto sotto siamo tutti nemici della monotonia e degli epiloghi già scritti, tutti speriamo di assistere a sorprese più o meno clamorose fin dalla prima fase. E allora, popolo di Nereo Rocco della palla a spicchi, guarderemo il Mondiale con la costante, subdola speranza che almeno qualche volta Davide sconfigga Golia, magari all’ultimo tiro dopo una battaglia memorabile. Insomma, che vinca il migliore? “Speremo de no”.

– Perché DailyBasket li seguirà per voi
Ok, questo potrebbe essere un motivo per NON seguirli, visto che su DB.it troverete la copertura completa di quanto accadrà in Spagna. Ma è inutile negarlo, seguire le partite in diretta tv (o streaming) e collegarsi poi al nostro indirizzo per i commenti e i contributi esclusivi dalla Spagna sarà l’abbinamento migliore per godersi la manifestazione da casa propria. Vi aspettiamo su DB.it e sui nostri profili Facebook e Twitter!

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