Messico – Lituania 74-87 (27-22, 14-23, 12-22, 21-20)

Troppo bello per essere vero. Parliamo del Messico del primo quarto, capace di giocare una pallacanestro veloce ed “eccessiva”, fatta di pick and roll ossessivi e veloci, capaci di liberare dal perimetro un Paco Cruz in serata di grazia. La Lituania di Kazlauskas pare capirci ben poco e, soprattutto, pare non avere il fiato per limitare le giocate messicane. Il primo quarto sembra un party selvaggio in quel di Tijuana, con i baltici ospiti totalmente fuori luogo ed indesiderati. Un jump shot di Jorge Gutierrez sigla il massimo vantaggio (+8) della Tricolor a 30” dalla prima sirena ma una provvidenziale tripla di Darjus Lavrinovic permette alla Lituania (sempre splendidamente seguita dai propri tifosi e… dalle proprie fans) di non chiudere il primo intervallo in stato confusionale. Ventisette (sì, 27!) i punti messi a referto dagli uomini di Valdeolmillos in 10 minuti. La pacchia però non può durare in eterno e (a piccoli passi, collettivamente) Maciulis e soci tornano in partita, ricuciono il gap e, cosa più importante, sembrano prendere le redini e l’inerzia del match nelle proprie mani. Per prima cosa migliorando l’approccio difensivo (14 i punti concessi nel secondo quarto) e in secondo luogo sfruttando muscoli e centimetri che un roster, pur privo del cervello Kalnietis, più profondo permette a chi è in campo di giocare con maggiore lucidità. Il primo tempo si  chiude così sul 45-41 per la Lituania. 

Un'azione di Messico - Lituania (Foto FIBA Basketball)

Un’azione di Messico – Lituania
(Foto FIBA Basketball)

Lucidità è la parola chiave anche del terzo quarto. Che abbandona di schianto i messicani dopo 5 minuti in cui riescono, di riffa o di raffa, a rimanere a ruota dei baltici. Ma quando lucidità e fiato vengono meno, scendono inesorabilmente anche le percentuali al tiro e una squadra solida come la Lituania ne approfitta macinando il proprio basket preferito e piazzando l’allungo decisivo. Il 22-12 (che vale il +14) per gli europei del terzo quarto è una sentenza che chiude di fatto la gara. Ma l’orgoglio non fa certo difetto a Paco Cruz e compagni. La gara, seppur ormai indirizzata, non finisce in ghiaccio anche per un paio di iniziative di uno Stoll fino a quel momento deficitario. I messicani alzano bandiera bianca solo nel finale di fronte ad una squadra assai solida ma che dovrà fare i conti, come ampiamente preventivato, con un’assenza esiziale come quella di Kalnietis.

Messico: F. Cruz 21, J. Gutierrez 13, G. Ayon 12. Rim (26): G. Ayon 6. Ass (12): F. Cruz 4.
Lituania: J. Maciulis 19, J. Valanciunas 17, D. Motiejunas  15. Rim (25): J. Valanciunas 5. Ass (17): R. Seibutis 5.

Grecia – Senegal 87-64 (18-9, 27-8, 19-19, 23-28)

La missione rilancio di coach Katsikaris parte da Siviglia. L’esordio iridato della nazionale ellenica non è certo di quelli che fanno tremare i polsi: il Senegal di Sarr, dopo quanto visto fare dalle Filippine in apertura di rassegna, sembra essere l’anello debole del girone B. E le impressioni sulla carta si tramutano dopo appena una manciata di minuti in solide realtà sul parquet andaluso. La gara, praticamente, dura 5 minuti: giusto il tempo per Bourousis e compagni di sciogliere la tensione dell’esordio e capire che, dal perimetro, i Leoni africani sono davvero poca cosa. Già al primo intervallo la squadra europea ha doppiato gli avversari (18-9). È però il secondo quarto ad uccidere la partita, con un parziale di 27-8 per i ragazzi di Katsikaris che, sommato a quello del primo, fissano il punteggio all’intervallo lungo sull’improbabile punteggio di 45-17. Il divario fra le due formazioni è abissale nei giochi, nelle scelte, nella tecnica individuale e si traduce in impietose cifre statistiche (che premiano un Kaimakoglou sugli scudi). Nulli gli esterni africani in attacco, in difficoltà Dieng sotto canestro, giochi talmente deficitari da sembrare improvvisati e provati per la prima volta sotto le docce del Municipal San Pablo; davvero troppo poco per capire fino a dove possano arrivare i meriti difensivi di una Grecia comunque disciplinata nei raddoppi su Dieng, unico terminale pericoloso avversario. Identico discorso vale per l’altra metà del campo, dove la “difesa” (virgolette più che doverose) del Senegal, aldilà di un prevedibile atletismo, non riesce ad esprimere. Gli schemi di Katsikaris innestati da Calathes sembrano funzionare a meraviglia: due passaggi consecutivi in post basso sono sufficienti per liberare dall’arco i tiratori, i giochi al limite dei 24” alla fine trovano sempre puntuali i lunghi. Tutto troppo facile per capire se quella greca è vera gloria e sono state archiviate le delusioni delle recenti rassegne. 

Foto FIBA Basketball

Kostas Kaimakoglou contro il Senegal (Foto FIBA Basketball)

Il secondo tempo è un lungo, interminabile “garbage time”, utile a Katsikaris per ruotare tutti e dodici gli effettivi a referto e provare varie soluzioni difensive (compresa una zona allungata sul +30 che provoca due palle perse consecutive dei senegalesi sulla rimessa da fondo campo dopo canestro subito), mentre i secondi 20 minuti sono utili a Gorgui Dieng per mettere in mostra il proprio innegabile talento e rimpolpare il proprio tabellino.

Grecia: K. Kaimakoglou 20, K. Vasileiadis 13, G. Antetokounmpo 11. Rim (43): K. Kaimakoglou 8. Ass (19): K. Sloukas 4.
Senegal: G. Dieng 21, A. Badji 14, M. Ndoye 11. Rim (31): G. Dieng 14. Ass (9): X. Dalmeida, M. Ndoye, M. Ndour 4.


Claudio Devizzi Grassi