Il logo degli Amigos del 1967/68

Il logo degli Amigos del 1967/68

Nel febbraio del 1967 con la formazione della lega, la ABA assegnò ad Art Kim, un americano di origini cinesi da sempre appassionato alla pallacanestro e proprietario di una squadra nella defunta American Basketball League, la possibilità di creare una franchigia nella città di Anaheim, California. Kim scelse come primo allenatore Al Brightman, ex Boston Celtics, in particolare primo biancoverde della storia a segnare 20 punti in una partita e in seguito coach di Seattle University per ben 8 anni. Le sfide casalinghe degli Amigos si disputavano presso il nuovo Anaheim Convention Center, a pochi passi da Disneyland e il roster era composto da alcuni giocatori professionisti e altri dilettanti, tra cui Larry Bunce, centro di 2.13m da Utah State, il più alto giocatore ABA nel primo anno ma che nonostante l’altezza fu molto deludente in post e a rimbalzo, Lester Selvage, point guard dalla buona mano dal perimetro che guidò la lega con ben 461 triple tentate il primo anno (circa 6 a partita), la guardia Stephen Chubin, visto alla Simmenthal Milano l’anno precedente con cui vinse il campionato Italiano perdendo però la finale di Coppa Campioni dal Real Madrid, e miglior marcatore di squadra con 18.2 punti e 3° nella lega per assist con 4.7 a partita, fino all’ala Warren Davis, macchina da doppie doppie con 17 punti e 10.5 rimbalzi di media. Nel complesso gli Amigos faticarono sin dalla prima palla a due, costando un rapido licenziamento a Brightman e seguente innesto di Harry Dinnel, e spesso l’unico motivo di interesse non era tanto la squadra in campo bensì le evoluzioni della loro particolare “cheerleader”, un uomo travestito da bandito Messicano seduto di fianco alla panchina dei padroni di casa che saltava su e giù dalla sedia sparando colpi a salve in aria. Se in campo il gioco latitava, di certo non andava meglio al di fuori del rettangolo di gioco: tutto era organizzato alla bell’e meglio, gli stessi giocatori dovevano procurarsi da soli l’attrezzatura da gioco, come ricordava anche Jeff Congdon, guardia spedita ai Rockets nel corso dell’inverno (“con un paio di calzettoni dovevamo farci l’intera stagione”) e latitava anche il pubblico, infatti nelle zone di Orange County in pochi erano a conoscenza di questa franchigia. A primavera del 1968 il record era impietoso (25W-53L) e dopo nemmeno un anno la dirigenza non aveva sufficienti fondi per proseguire, vedendosi costretta a cedere l’intero pacchetto a James Kirst, proprietario di una ditta di costruzione, che spostò la squadra a Los Angeles presso la L.A. Sports Arena sotto il nuovo nome di Los Angeles Stars, dandola in mano a Bill Sharman, 4 volte campione NBA con la maglia dei Celtics e in seguito anche allenatore dei San Francisco Warriors per due stagioni, in cui li aveva guidati alle Finals del ’67 perse contro i 76ers di Chamberlain.

Bill Sharman in maglia Celtics

Bill Sharman in maglia Celtics

Il roster fu rivoluzionato, tra i giocatori più importanti della stagione precedente rimasero solo Chubin e Davis, mentre i nuovi innesti furono ben 8, tra cui George Lehmann, point guard prelevata a metà stagione dai St. Louis Hawks, che divenne il miglior marcatore e assistman di squadra a quasi 19 punti e 5 assist di media. Le sorti degli Stars però non migliorarono e con appena 33W-45L l’ingresso ai playoff fu ancora una volta fallito. Il pubblico non presenziava alle partite interne, ma Kirst rimase fedele alle sue idee continuando a lasciare il team a Los Angeles e nell’estate del 1969 furono firmati due rookie poco conosciuti, ma che divennero fondamentali per le sorti della franchigia: Willie Wise e Mack Calvin. Wise era una power forward in uscita da una piccola università dell’Iowa e mise a referto 15.2 punti e 11.6 rimbalzi con ottime percentuali al tiro, diventando gradualmente fondamentale negli anni a seguire per le sue doti difensive, mentre Calvin era una guardia fisicamente poco esuberante ma che strabiliò da subito con quasi 17 punti segnati e 6 assist. Nonostante queste nuove forze nel gennaio del 1970 il record degli Stars era ancora una volta negativo (16W-22L) e fu solo l’acquisto del centro Craig Raymond dai Pipers a dare la svolta giusta: finalmente coach Sharman aveva il lungo dominante sotto le plance che era sempre mancato fino ad allora. Il record finale fu finalmente sopra il 50% (43W-41L) e ai playoff senza avere il vantaggio del fattore campo in nessuna serie gli Stars eliminarono via via ogni avversario. Prima i Chaparrals per 4-2, poi 4-1 ai Denver Rockets dell’MVP della lega Spencer Haywood grazie al lavoro sporco di Raymond in area (17 punti e 15 rimbalzi di media), raggiungendo sorprendentemente i Pacers alle ABA Finals. Purtroppo contro la squadra dominatrice della stagione regolare non bastarono le doppie doppie di Raymond né i 23 punti e 6 assist di media di Calvin e i sogni degli Stars si infransero in gara-6 persa per 111-107, davanti al proprio pubblico accorso numeroso (circa 8000 spettatori, un record stagionale visto che raramente si erano superati i 3000), a causa dei 45 punti di Roger Brown. Nonostante questo exploit e nonostante un pubblico via via più interessato, la sopravvivenza economica nella zona di L.A. rimaneva molto complicata e Kirst fu costretto a vendere gli Stars a Bill Daniels, imprenditore della TV via cavo del Colorado che spostò la franchigia a Salt Lake City.

Il logo degli Utah Stars dal 1970

Il logo degli Utah Stars dal 1970

Nacquero così gli Utah Stars, un team che riuscì ad attirare l’attenzione del pubblico dell’intero stato e fu subito tutto esaurito al Salt Palace anche grazie alla firma di Zelmo “The Big Z” Beaty, 30enne centro talentuoso proveniente dagli Hawks, terza scelta assoluta nel draft 1962, reduce da ben 6 annate su 7 sempre in doppia doppia disputando due NBA All-Star Game e che divenne rapidamente il leader degli Stars fuori e dentro il campo: era il punto di riferimento di ogni compagno, dispensava consigli, pretendeva il massimo e la professionalità da tutti e divenne il miglior marcatore e rimbalzista di squadra con 23 punti e 16 rimbalzi di media con un pazzesco 56% al tiro (migliore della lega).

Zelmo Beaty con la maglia degli Stars

Zelmo Beaty con la maglia degli Stars

Il roster fu poi ulteriormente ritoccato nel gennaio del 1971 con l’arrivo dai Chaparrals delle guardie Glen Combs e Ron Boone, con il primo che si impose come secondo marcatore di squadra a 20 punti e 4 assist di media, mentre l’ultimo era un giocatore dal fisico imponente e dalle superlative doti atletiche che divenne punto fisso degli Stars fino alla fine della storia della franchigia. La stagione fu un netto passo avanti rispetto al periodo losangelino con 57W-27L e il 2°record della lega alle spalle di Indiana, ma i playoff a parte il netto 4-0 ai Chaparrals furono tutt’altro che una passeggiata. Infatti al 2°turno vi fu la rivincita con i Pacers, passati nella Western Division e ancora miglior squadra della ABA, una sfida vinta per 108-101 al termine di una intensa battaglia in gara-7 a Indianapolis, dopo essere stati anche sul 3-1 con “matchball” sprecato a Salt Lake City. Le Finals furono così raggiunte per il 2° anno di fila, incontrando sul proprio cammino i Colonels, con il vantaggio del fattore campo che divenne fondamentale visto che nessuna delle due vinse mai fuori casa. Davanti ai 13.260 spettatori del Salt Palace gli Stars riuscirono ad imporsi in gara-7 per 131-121 grazie ai 36 punti e 16 rimbalzi di Beaty e ai 22 punti e 20 rimbalzi di Wise, vincendo il loro primo titolo ABA con Zelmo Beaty eletto MVP a 23 punti e 15 rimbalzi di media in tutta la post-season e soprannominato da allora “The Franchise”.

Indice “DailyBasket Focus – ABA History”
Puntata 1 – La nascita e i primi passi
Puntata 2 – Tra difficoltà economiche e la fine delle ostilità
Puntata 3 – Pipers, dal successo all’anonimato (1^parte)
Puntata 4 – Pipers, dal successo all’anonimato (2^parte)
Puntata 5 – Buccaneers, i primi anni positivi a New Orleans (1^parte)
Puntata 6  – Buccaneers, l’addio alla Louisiana e l’approdo a Memphis (2^parte)
Puntata 7 – Buccaneers, dagli anni disastrosi dei Memphis Tams fino all’epilogo (3^parte)
Puntata 8 – Oaks, dall’ingaggio di Barry alla scoperta di Jabali fino all’abbandono della California (1^parte)
Puntata 9 – Oaks, gli anni dei Virginia Squires tra Charlie Scott, Julius Erving e George Gervin (2^parte)
Puntata 10 – Muskies, l’anno a Minneapolis e l’approdo a Miami come Floridians (1^parte)
Puntata 11 – Floridians, gli anni di coach Bass, di Calvin, Jones e Jabali (2^parte)
Puntata 12 – Conquistadors, da coach K.C. Jones all’ingaggio di Wilt Chamberlain (1^parte)
Puntata 13 – Conquistadors, l’addio a Chamberlain e l’inizio del declino dei nuovi Sails (2^parte)


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