Il copricapo scozzese che divenne il simbolo dei Memphis Tams del nuovo proprietario Finley

Il copricapo scozzese che divenne il simbolo dei Memphis Tams del nuovo proprietario Finley

“La storia dei Buccaneers”: 2^parte

Con l’arrivo del 1972 la situazione si complicò: Ladner, Warren e il rookie Owens furono ceduti ai Cougars in cambio di Randy Denton, Warren Davis e George Lehmann, ma il tutto fu eseguito di nascosto dal parere di McCarthy. Dal giorno della trade arrivarono ben 35 sconfitte, con il record finale di 26W-58L, il peggiore della lega. McCarthy a fine aprile del 1972 lasciò il timone accasandosi ai Chaparrals e in giugno la squadra fu di nuovo consegnata alla ABA viste le continue difficoltà economiche, ma ancora una volta arrivò una soluzione: Charlie Finley, già proprietario degli Oakland Athletics di baseball, si propose come compratore tenendo la squadra sempre a Memphis con il nuovo nome di Tams. Come logo fu scelto un dorato copricapo scozzese simile al basco che veniva indossato sia dai giocatori prima della partita che dalle cheerleader e dagli uscieri del Coliseum, come coach fu contattato Bob Bass, già allenatore di Rockets e Floridians nella ABA, e tra i nuovi giocatori figurò anche George Thompson, preso dal “dispersal draft” dei Pipers. La stagione però fu un insuccesso sin dalla partenza: Neumann fu messo fuori squadra per il suo atteggiamento egoista sul parquet e nello stesso periodo il giovane centro Randy Denton, miglior rimbalzista di squadra con 13 a partita, subì un serio infortunio alla mano. Finley cominciò a pensare ad un trasferimento della franchigia a St.Paul, Minnesota e questi rumors portarono ad un rapido deterioramento dei rapporti con i fans locali, ma ciò che più rovinava i Tams era la sua gestione che non lasciava tempo alla squadra di creare una chimica, aprendo un incredibile via vai di giocatori con ben 24 transazioni nel corso dei primi 2 mesi di stagione, addirittura tagliando Ron Franz la vigilia di Natale intimandogli di consegnare divisa e borsa prima di ricevere il pagamento finale. Il record a fine anno fu impietoso, 24W-60L con coach Bass che decise di licenziarsi approdando agli Spurs come head coach per due stagioni seguite da altre con ruoli dirigenziali, vincendo il premio come executive of the year nel 1990, ripetuto anche nel 1997 agli Charlotte Hornets e ritirandosi solo nel 2004.

Finley (vedi foto sopra) chiuse tutti gli uffici tentando invano di vendere la squadra e per una malattia cardiaca fu costretto a trascorrere l’estate del 1973 su un letto di ospedale senza avvisare né ABA né giocatori riguardo al futuro. Solo a fine agosto sciolse le riserve confermando la presenza dei Tams al campionato e iniziò così il training camp senza un allenatore, senza una dirigenza, nella più totale disorganizzazione. Solo con l’imminente inizio della preseason fu contattato Butch van Breda Kolff, ex coach di Lakers, Pistons e Suns e padre di Jan visto in Italia negli anni ’80 con la Granarolo Bologna di Bucci con cui vinse il decimo scudetto. La squadra era ancora guidata dal veterano Thompson, miglior marcatore per il secondo anno in fila sempre attorno ai 20 punti e 5 assist di media, mentre Neumann venne scambiato con gli Stars per Ronnie Robinson, Mike Jackson e Glen Combs. Vi furono i soliti problemi economici, un proprietario assente che non prese parte ad alcuna partita, impegnato a seguire la squadra di baseball, il solito numero di sconfitte (63), frutto anche di un gioco lento e statico che poco coinvolgeva lo scarso pubblico.

Finito il biennio dei Tams, nascono i Memphis Sounds di Mike Storen

Finito il biennio dei Tams, nascono i Memphis Sounds di Mike Storen

Nella primavera del 1974 finalmente Finley abbandonò il timone e la lega prese in mano la direzione della franchigia; sembrava la fine del basket professionistico a Memphis, ma una nuova cordata con a capo l’ex commissioner Mike Storen diede un’altra chance a tutto il Tennessee creando i Memphis Sounds. Storen rivoluzionò il roster comprando veterani di lusso con esperienza ai playoff come Mel Daniels, Freddy Lewis, Roger Brown e George Carter e a guidarli in campo venne scelto Joe Mullaney, fresco di nomina come coach dell’anno agli Stars. Tutto sembrava pronto per un cambio di rotta, ma proprio davanti al pubblico amico iniziarono i problemi, con i Sounds che persero 9 delle prime 10 casalinghe con il record a gennaio che recitava un impietoso 9W-26L, complice un Daniels limitato da vari acciacchi e l’infortunio alla spalla della guardia Rick Mount che lo tenne fuori per oltre 3 mesi. Lewis e Brown furono messi sul mercato e a guidare i Sounds rimasero Stew Johnson e George Carter, quest’ultimo tiratore rapido ed efficace che fu il miglior marcatore di squadra con 18.4 punti a cui aggiungeva anche 7.1 rimbalzi. La chimica in campo però stentava a trovarsi, i giocatori lottavano e non prendevano imbarcate come nei due anni precedenti, ma nonostante un record negativo (27W-57L) arrivò sorprendentemente la qualificazione ai playoff con l’ultima moneta ad est. Lo scoglio era proibitivo con i Colonels leader della division e fu subito 3-0, ma in gara-4 Memphis davanti a circa 5000 spettatori lottò fino alla fine, vincendo per 107-93 grazie ai 25 punti di Johnson, per la prima e unica vittoria ai playoff nella storia di Memphis. A Louisville i Colonels chiusero i conti per il 4-1 finale e quella fu l’ultima partita disputata dai Sounds, in quanto la lega fu inflessibile riguardo al futuro: senza garanzie di sponsor e di seguito di pubblico, Memphis diede addio alla ABA e i Sounds furono venduti a uomini d’affari del Maryland, diventando i Baltimore Claws.

Il logo dei Baltimore Claws.

Il logo dei Baltimore Claws.

La situazione però fu ben lontana dall’essere risolta, infatti a fine agosto del 1975 il nuovo commissioner Dave DeBusschere strappò la franchigia di mano agli investitori del Maryland accusandoli di aver “sottocapitalizzato” il team, riconsegnando i Claws ad investitori del Tennessee che però si ritirarono il giorno successivo, costringendolo a ridare il team in mano alla cordata di Baltimore sotto pagamento di 250 mila dollari. Il pubblico locale non sembrava interessato a questa nuova franchigia e per attirare l’attenzione nel settembre 1975 fu messa in piedi una trade coi Colonels che avevano bisogno di liquidità: Dan Issel fu messo sul piatto e i Claws offrirono 500 mila dollari. Purtroppo quei 500 mila dollari non arrivarono mai nelle casse dei Colonels, che decisero di vendere Issel ai Nuggets, con Denver che diede Dave Robisch ai Claws per sistemare la faccenda. Joe Mullaney era stato confermato come coach e guidò i Claws nelle prime 3 amichevoli (tutte abbondantemente perse), di cui una giocata addirittura contro i Philadelphia 76ers. Fuori dal rettangolo di gioco però la situazione era ai limiti del grottesco: i giocatori e tutto lo staff non venivano pagati, soggiornavano in piccoli motel a Baltimore, le magliette da allenamento erano piene di buchi e pure le divise da gioco erano riutilizzate dagli anni di Memphis con la scritta Claws malamente incollata sopra. La ABA non stette a guardare e prese in mano la situazione imponendo a Cohan un pagamento anticipato di 500mila dollari per la stagione intera, un pagamento da effettuare nel giro di 4 giorni. Cohan riuscì ad arrivare solo a 250 mila dollari con la deadline che fu passata senza che la cifra totale fosse trovata e 5 giorni prima dell’inizio della regular season DeBusschere pose termine all’esistenza dei Claws, con i vari giocatori inseriti in un “dispersal draft”, ad esclusione di Daniels che si ritirò dal basket giocato.

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Indice “DailyBasket Focus – ABA History”
Puntata 1 – La nascita e i primi passi
Puntata 2 – Tra difficoltà economiche e la fine delle ostilità
Puntata 3 – Pipers, dal successo all’anonimato (1^parte)
Puntata 4 – Pipers, dal successo all’anonimato (2^parte)
Puntata 5 – Buccaneers, i primi anni positivi a New Orleans (1^parte)
Puntata 6  – Buccaneers, l’addio alla Louisiana e l’approdo a Memphis (2^parte)


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