Il logo dei Virginia Squires dal 1970, in cui compare l'immagine dello stato della Virginia, quando divennero una franchigia regional

Il logo dei Virginia Squires dal 1970, in cui compare l’immagine dello stato della Virginia, quando divennero una franchigia regional

Durante l’estate del 1970 con il continuare dei rumors riguardo ad una fusione con la NBA, venne a galla l’intenzione del proprietario dei Baltimore Bullets di spostarsi a Washington e non avrebbe voluto in alcun modo i Caps nel mezzo. Foreman decise così di muoversi nel Virginia e nacquero i Virginia Squires, una franchigia “regional” che giocò partite in tante differenti città come Hampton, Norfolk, Richmond e Roanoke. Il roster venne completamente smantellato, Jabali fu spedito ai Pacers, Barry dopo una serie di commenti denigratori sullo stato della Virginia e sul pessimo accento del sud che avrebbero preso i suoi figli fu scambiato con i Nets e la squadra puntò tutto sul ritorno di un Doug Moe dalle ginocchia a pezzi, e sui due rookies Charlie Scott e George Irvine. Scott arrivava dalla University of North Carolina in cui era stato il primo studente/atleta di colore, 2 volte All-America, atleta dell’anno nella ACC e stando al parere di Dean Smith, head coach di North Carolina, “Charlie ha le abilità per diventare una superstar e grazie alle sue capacità da all-around il primo paragone che mi viene in mente è con Oscar Robertson”.

Infatti quando Scott mise piede in campo con gli Squires sembrava un veterano per la maturità con cui giocava: aveva una rapidità e un atletismo incredibili, era troppo grosso per essere marcato dalle guardie e troppo veloce per essere marcato dalle ali, ed ebbe una annata formidabile da 27 punti, 5.2 rimbalzi e 5.6 assist, diventando il rookie of the year assieme a Dan Issel. La Eastern Division fu dominata con 55W stagionali, Al Bianchi fu eletto coach dell’anno e al 1° turno capitarono sul loro cammino proprio i Nets dell’odiato e fischiato Barry. Gli Squires trainati da Scott, Carter e da un rivitalizzato Moe riuscirono ad imporsi in 6 battaglie, ma nel 2° turno non riuscirono ad arginare i Colonels nonostante il vantaggio del fattore campo, perdendo per 4-2. Nell’estate del 1971 il roster di Virginia si arricchì ulteriormente vista la firma di un “underclassman” dalla University of Massachusetts, tale Julius Erving detto “Dr.J” per come “operava” sul campo, tra schiacciate, layup e acrobazie in volo grazie ad un controllo perfetto del pallone tra i polpastrelli che a Bianchi ricordava tanto quello di Connie Hawkins (“Ha mani come quelle di Connie e tutti lo paragonano ad Hawkins, ma vi dirò che Julius sarà molto meglio perché gioca tutti i 4 quarti con la stessa intensità”), e la stagione sembrava procedere bene fino a marzo, quando il leader della squadra Scott, insoddisfatto della situazione nella ABA, abbandonò gli Squires per i Phoenix Suns. Un colpo durissimo, Scott stava viaggiando a 34.6 punti (record all-time della ABA), 5.1 rimbalzi e 4.8 assist a partita, ma inizialmente la sua partenza non recò grossi problemi agli Squires grazie anche ai passi avanti del suo sostituto Bernie Williams e con 45W Virginia finì seconda ad est. Ai playoff il 1° turno contro i Floridians fu un sonoro 4-0 sulle ali di un Erving che in gara-3 e gara-4 mise a referto 53 e 39 punti conditi da oltre 20 rimbalzi, ma al 2° turno con ancora il vantaggio del fattore campo il sogno degli Squires si infranse in gara-7 contro i Nets di Barry, in cui la difesa di New York riuscì ad ingabbiare Erving e ad espugnare Norfolk.

La post-season fu così interrotta ancora ad un passo dalle finali, ma mise in mostra i lampi abbaglianti del talento di Erving che tenne medie strepitose ai playoff (33.3 punti e 20.4 rimbalzi) e proprio durante quella estate Dr.J tentò di abbandonare la piccola realtà del Virginia per approdare in NBA verso lidi economicamente più sicuri e stabili, ma venne fermato dalle decisioni del tribunale. Costretto a rimanere agli Squires, Erving mantenne un atteggiamento professionale e mise in mostra tutta la sua classe nel 1972-73 con una annata ancor più prolifica da 31.9 punti, 12.2 rimbalzi e 4.2 assist venendo eletto MVP della regular season e guidando Virginia alla terza partecipazione ai playoff consecutiva. Al raggiungimento del risultato contribuì la crescita del centro Jim Eakins (15 punti e 8.8 rimbalzi) tornato ai fasti dei primi anni ad Oakland e soprattutto la firma a stagione inoltrata di George Gervin, altro “underclassman” cacciato da Eastern Michigan per una rissa, e subito protagonista con 14 punti e 4 rimbalzi di media. Ai playoff però il cammino degli Squires fu brevissimo schiantandosi contro il muro dei Colonels di Gilmore e Issel e quello fu l’inizio della fine per la squadra del Virginia: la dirigenza era a corto di liquidità e cercò in ogni modo di sopravvivere, arrivando nell’estate del 1973 ad essere costretti a cedere il giocatore simbolo della squadra ai Nets. Senza Erving e con le partenze nel corso della stagione sia di Gervin che del centro olandese Swen Nater (eletto poi rookie of the year con 14.1 punti, 12.6 rimbalzi e il 55% al tiro) in direzione Spurs, la squadra sprofondò definitivamente.

George Gervin alle prime partite in maglia Spurs dopo il sofferto addio al Virginia.

George Gervin alle prime partite in maglia Spurs dopo il sofferto addio al Virginia.

“Ice” stava definitivamente esplodendo, con 25.4 punti, 8.5 rimbalzi e 2 assist era il leader degli Squires e anche l’allora commisioner Mike Storen si oppose alla trade, garantendo ai fan che Gervin sarebbe rimasto in Virginia, come volere espresso anche dal giocatore in più di una intervista. Purtroppo non fu così e nemmeno una settimana dopo la presa di posizione di Storen, Gervin era a San Antonio e la delusione dell’intero Virginia era incancellabile. Senza Erving, senza Gervin e Nater, coach Bianchi riuscì comunque a guidare gli Squires a 28W e ad arpionare l’ultimo posto utile per i playoff in cui vennero travolti per 4-1 dai Nets di Dr.J. Quella fu l’ultima apparizione nella post-season degli Squires, infatti le ultime due stagioni furono un disastro completo con la dirigenza sempre con l’acqua alla gola: ogni mese sembrava potesse essere l’ultimo, le sconfitte si susseguivano continuamente e il libro nero dei record fu più volte riscritto (il record di 15W-69L del 1974-75 fu il peggiore nella storia della ABA, con Bianchi che abbandonò il timone diventando poi assistant coach dei Phoenix Suns), arrivando all’estate del 1976 in cui non presero parte alla fusione con la NBA, sparendo per sempre dal mondo della pallacanestro mondiale.

Indice “DailyBasket Focus – ABA History”
Puntata 1 – La nascita e i primi passi
Puntata 2 – Tra difficoltà economiche e la fine delle ostilità
Puntata 3 – Pipers, dal successo all’anonimato (1^parte)
Puntata 4 – Pipers, dal successo all’anonimato (2^parte)
Puntata 5 – Buccaneers, i primi anni positivi a New Orleans (1^parte)
Puntata 6  – Buccaneers, l’addio alla Louisiana e l’approdo a Memphis (2^parte)
Puntata 7 – Buccaneers, dagli anni disastrosi dei Memphis Tams fino all’epilogo (3^parte)
Puntata 8 – Oaks, dall’ingaggio di Barry alla scoperta di Jabali fino all’abbandono della California (1^parte)


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