Il logo degli Oakland Oaks tra il 1967 e il 1969

Il logo degli Oakland Oaks tra il 1967 e il 1969

In questo appuntamento la nostra attenzione si focalizza su un team che ha militato per tutti i 9 anni nella lega tra successi, disfatte e tanti problemi economici con un unico comune denominatore, la capacità di individuare nuovi talenti. La storia inizia nel febbraio del 1967 quando Pat Boone, famoso cantante e attore del periodo decise di fondare gli Oakland Americans, nome ben presto modificato in Oaks prendendo spunto da una vecchia squadra di baseball locale. La franchigia si insediò nella baia sfidando apertamente i San Francisco Warriors perché propose un ingaggio a Rick Barry, giocatore a libro paga degli Warriors e reduce ad appena 22 anni dalla migliore stagione in carriera a 35.6 punti segnati di media in NBA: un’ala tra le più produttive che abbiano mai calcato un parquet, un ottimo tiratore con tanti movimenti offensivi nel suo repertorio, eccellente anche in costruzione di gioco vista la superba visione e le doti di passatore, ma sopratutto un giocatore mentalmente duro, un combattente sempre competitivo. Barry tentennò visto il contratto a tanti zero proposto, in aggiunta al 15% della proprietà della franchigia, mentre gli Warriors dal canto loro non pareggiarono l’offerta e quando Bruce Hale, suocero di Barry e suo ex allenatore all’University of Miami, fu preso come coach degli Oaks, Rick non ebbe più ripensamenti ed accettò l’offerta. Gli Warriors immediatamente portarono la vicenda in tribunale e la corte della California stabilì che San Francisco deteneva i diritti su Barry almeno per la stagione in corso.

Rick Barry in una delle ultime apparizioni in maglia San Francisco Warriors prima di trasferirsi agli Oaks.

Rick Barry in una delle ultime apparizioni in maglia San Francisco Warriors prima di trasferirsi agli Oaks.

Rick decise allora di prendersi un anno sabbatico, si allenava agli ordini di Hale ma il giorno delle partite non potendo scendere in campo, provò l’avventura come commentatore radio degli Oaks. Intanto Hale costruiva la squadra affidandosi a giocatori con un minimo di esperienza anche in team semiprofessionistici, come la guardia Steve “ Snapper” Jones e Levern “Jelly” Tart, scartato dai Celtics e alquanto indisciplinato, ma che divenne un clamoroso realizzatore da 27 punti, 6.5 rimbalzi e 3.5 assist a partita nei primi mesi di stagione, anche se per i frequenti litigi con Hale fu scambiato a fine gennaio 1968 con Barry Leibowitz degli Americans. Tra i rookie ottimo fu l’impatto di Ron Franz (12 punti e 6 rimbalzi), Andrew Anderson e Wes Bialosuknia (detto “Mr. B” e talento folle dalla buona mano dall’arco), ma nonostante questo la squadra ebbe molti problemi in campo, una difesa colabrodo e una chimica collettiva inconsistente contribuirono ad un record impietoso a fine anno (22W-56L), con Boone che perse centinaia di migliaia di dollari. L’anno seguente però gli Oaks svoltarono: Hale fu rimosso dalla panchina diventando il GM con il suo posto fu preso da Alex Hannum, ex coach dei 76ers con cui vinse l’anello nel 1967 terminando l’egemonia dei Celtics, e in secondo luogo fu messa mano al roster. Prima una trade con i Buccaneers dando Steve Jones e Ron Franz in cambio di Larry Brown e Doug Moe, poi le firme di rookie come Warren Armstrong, conosciuto come Jabali (cognome utilizzato per mettere ancor più in risalto le sue origini africane), Jim Eakins e Henry Logan. Ma la notizia migliore arrivò dal tribunale, Rick Barry poteva giocare e l’ex Warriors fu subito strepitoso viaggiando ad oltre 34 punti, 9 rimbalzi e 4 assist a partita nei primi due mesi di regular season, fino al 27 dicembre 1968, quando durante una ripassata data ai Nets in uno scontro di gioco si procurò una distorsione ai legamenti del ginocchio concludendo anticipatamente la sua prima stagione. Senza il loro miglior giocatore ci si sarebbe aspettati la fine dei sogni degli Oaks, ma non fu così, la squadra continuò a macinare gioco e chiuse la stagione con un pazzesco record: 60W-18L, il migliore della ABA e Hannum venne eletto coach of the year. Un obiettivo raggiunto anche grazie agli enormi passi avanti di Jabali, al suo fisico e atletismo era difficile mettere un freno e con 21.5 punti, 9.7 rimbalzi e 3.5 assist divenne il rookie dell’anno, ben coadiuvato da Moe (19 punti e 8 rimbalzi) e dal miglior assistman della lega Brown (7.1 assist a partita). Ai playoff non fu tutto semplice, infatti al 1° turno fu battaglia vera con i Rockets decisa solo al termine di una combattuta gara-7, seguita poi da uno sweep ai Buccaneers e dalla vittoria del titolo per 4-1 contro gli Indiana Pacers (vedi immagini inedite nel video sottostante) trainati da un Jabali incontenibile da 28.8 punti, 12.9 rimbalzi, 2.9 assist nominato MVP della post-season e riempito di elogi anche da Barry (“Warren è incredibile, non ho mai visto una guardia del genere con quella forza e nemmeno Oscar Robertson può pareggiarlo in termini di atletismo e verticalità a rimbalzo”) e da coach Hannum (“É il giocatore più intelligente che abbia mai allenato”).

 

Il logo dei Washington Capitols del 1969/70

Il logo dei Washington Capitols del 1969/70

Gli Oaks erano in cima alla ABA, ma nonostante il successo, nonostante la stagione incredibile, difficilmente si superavano i 3000 spettatori e Pat Boone era in continua perdita, vedendosi costretto a vendere il team a Earl Foreman avvocato di Washington D.C. che spostò la franchigia ad est sotto il nome di Capitols (il logo era esattamente l’US Capitol Building). Un cambio radicale a cui non prese parte Hannum che si rifiutò di seguire il team diventando head coach dei Rockets in NBA; anche Barry non approvò la situazione (“Se volevo andare a Washington, avrei corso per la Presidenza”), ma assieme a Brown fu costretto a seguire il team per onorare il suo contratto, mentre Moe si accordò con i Carolina Cougars. Il nuovo coach fu Al Bianchi, ex giocatore dei 76ers e allenatore dei Seattle Supersonics, che dovette affrontare una annata molto complicata, infatti i Capitols nonostante lo spostamento ad est rimasero sorprendentemente nella Western Division, con seguenti viaggi interminabili in aereo.

Warren Jabali in maglia Capitols.

Warren Jabali in maglia Capitols.

Al Washington Coliseum, nonostante un pubblico piuttosto freddo, la squadra non sfigurò: Brown continuava a guidare la lega con oltre 7 assist a partita, Jabali migliorava continuamente con oltre 22 punti, 10 rimbalzi e 4 assist di media e Barry dopo aver recuperato dall’infortunio divenne il miglior marcatore di squadra con quasi 28 punti (2° nella ABA alle spalle di Spencer Haywood) a cui aggiungeva 7 rimbalzi e 3 assist. Gli infortuni però colpirono ancora e Jabali dopo 40 partite di regular season ebbe seri problemi al ginocchio mettendo fine alla sua stagione, ma anche grazie all’ottimo impatto dei due rookies Mike Barrett (cambio di Jabali, autore di 15 punti, 3 rimbalzi e 3 assist) e Roland “Fatty” Taylor (difensore tenace e fenomenale sulle linee di passaggio), arrivarono comunque 44W, il 3° record ad ovest e una sfida ai playoff ancora contro i Rockets, che questa volta a gara-7 riuscirono a spuntarla nonostante un Barry da 40 punti e 10 rimbalzi di media nella serie.


Indice “DailyBasket Focus – ABA History”
Puntata 1 – La nascita e i primi passi
Puntata 2 – Tra difficoltà economiche e la fine delle ostilità
Puntata 3 – Pipers, dal successo all’anonimato (1^parte)
Puntata 4 – Pipers, dal successo all’anonimato (2^parte)
Puntata 5 – Buccaneers, i primi anni positivi a New Orleans (1^parte)
Puntata 6 – Buccaneers, l’addio alla Louisiana e l’approdo a Memphis (2^parte)
Puntata 7  – Buccaneers, dagli anni disastrosi dei Memphis Tams fino all’epilogo (3^parte)


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