Dal nostro corrispondente

276 punti totali, 7 'periods': sono solo alcuni strabilianti numeri della memorabile Gara 4 giocata sabato a Chicago

276 punti totali, 7 ‘periods’: sono solo alcuni strabilianti numeri della memorabile Gara 4 giocata sabato a Chicago

 

CHICAGO, Ill. – Cominciando già di prima mattina il nostro classico tragitto che dall’estrema periferia sud-orientale di Chicago ci porta in pieno West Side, zona in cui sorge lo United Center, mai ci saremmo aspettati di assistere ad una Gara 4 di Brooklyn Nets-Chicago Bulls così unica e spettacolare. Ci sono voluti infatti ben tre tempi supplementari per permettere ai Bulls di portare a casa una fondamentale vittoria che permette loro di mettere un piede nelle semifinali di Conference.

Ma andiamo con ordine. È un sabato puramente (e finalmente, ricordando come una settimana fa da queste parti cadeva ancora la neve) primaverile quello che fa da sfondo a Gara 4, e perfino le imponenti ciminiere che con i loro camini fumanti fanno parte della non-sfavillante area di Gary, East Chicago e Hammond — vale a dire la striscia urbana che da Chicago si spinge verso sud-est, ben oltre il confine Illinois-Indiana — hanno un aspetto meno cupo rispetto al solito, rendendo quasi piacevole il paesaggio ammirato attraverso i finestrini del South Shore Train.

Di certo, quest’ora abbondante di viaggio ci trascorre in un batter d’occhio, grazie soprattutto alla presenza di un anziano signore che si proclama orgogliosamente un ex-studente di Indiana University, e con il quale ci immergiamo in una selvaggia discussione cestistica. Durante la quale il buon uomo enfatizza l’incredibile popolarità di cui ai suoi tempi coach Bobby Knight godeva a Bloomington e dintorni, ed esprime tutto il suo disappunto — a suo parere intimamente condiviso da gran parte dei tifosi dei Bulls — verso la gestione dell’infortunio/caso Derrick Rose (unico riferimento a tale, inflazionato argomento; lo promettiamo).

La celebre statua di Michael Jordan fuori dallo United Center, oggi insolitamente 'addobbata' con la divisa dei Bulls

La celebre statua di Michael Jordan fuori dallo United Center, oggi insolitamente ‘addobbata’ con la divisa dei Bulls

Giunti al capolinea in downtown Chicago — e salutato cordialmente il nostro improbabile compagno di viaggio — saliamo subito sull’autobus Nr. 20 che percorrendo Madison Avenue in direzione ovest ci porta nei pressi dello United Center.

Trattandosi di una partita pomeridiana, lo scenario cambia radicalmente rispetto alle nostre precedenti esperienze serali. Questa volta, infatti, il breve tratto urbano che ci separa dall’arena dei Bulls non è costellato dalle immancabili losche combricole di “homies” locali, ma è bensì sgombro da qualsiasi tipo di (presunta) minaccia.

Al momento del nostro ingresso allo United Center mancano più di 60 minuti alla palla due di Nets-Bulls, e mai ci saremmo aspettati di uscirne 6 ore (!) dopo. Tuttavia, l’atmosfera che già si respira dentro e fuori l’impianto è sensibilmente diversa rispetto a quella (relativamente) sonnolenta che fa da cornice alle partite di stagione regolare, tenendo tuttavia a mente il fatto che il pubblico di Chicago — in quanto a calore e competenza, e che di regular o post season si tratti — riesce comunque a mantenersi regolarmente su livelli superiori rispetto agli standard NBA.

I Bulls sono reduci da due vittorie consecutive che hanno permesso loro di assumere il comando della serie sui Nets, e questo contribuisce in maniera sostanziale ad alimentare tanto entusiasmo pre-partita. E pure tra le fila dei Bulls stessi, l’atmosfera sul parquet e nel dietro le quinte della “Madhouse on Madison” pare da subito essere di grande fiducia.

Dopo l’imbarazzante prova di Gara 1, i ragazzi di coach Tom Thibodeau sono riusciti a cambiare marcia, e a portare sui propri binari una serie che dopo il capitolo iniziale sembrava già fortemente indirizzata in favore di Brooklyn. Perché oltre alla già nota pochezza in quanto a talento, ai Bulls era sorprendentemente mancato anche quello spirito di squadra che, portato in dote da Coach Thibs, ha contribuito in maniera decisiva a colmare le palesi lacune tecniche dei Bulls post-infortunio-di-Rose.

I Nets, dall’altra parte, provengono da una partita giocata nel peggiore dei modi, in cui le due stelle Deron Williams e Joe Johnson hanno tirato in maniera pessima dal campo. Williams, in particolar modo, ha sofferto tantissimo l’asfissiante marcatura di Kirk Hinrich, che anche in Gara 4 si rivelerà spietato mastino in difesa, ed efficace cecchino in attacco.

Quando manca un quarto d’ora circa al tip-off, ecco che ci affacciamo dalla tribuna stampa situata al settimo piano dell’arena, non prima però di essere passati per il buffet riservato agli addetti ai lavori. Visto l’insolito orario diurno della partita, il menu a mo’ di brunch è d’obbligo, ed è così che tra bacon, salsicce e uova strapazzate facciamo il pieno che, di fatto, ci garantirà l’autonomia energetica per il resto della giornata.

Strepitosa la prestazione da 34 punti di Nate Robinson (Foto AP)

Strepitosa la prestazione da 34 punti di Nate Robinson (Foto AP)

La partita, dunque. Da segnalare come siano Carlos Boozer e Kirk Hinrich a partire fortissimo — e non è una novità, viste le due precedenti vittorie in cui proprio loro sono stati i due principali protagonisti. Il primo infila un paio di canestri in rapida sequenza, mentre il secondo s’immola subito in una serie d’interventi difensivi su Deron Williams che mandano in visibilio i 21.758 presenti sugli spalti, e che dimostrano come il #12 bianco-rosso sia ormai entrato nella testa dell’ex-Utah.

Anche Jimmy Butler è bollente in avvio, segnando 10 punti nei primi 10 minuti di gioco. Per i Nets, è Brook Lopez a tenere a galla i suoi, con 13 punti e 4 rimbalzi nel primo quarto. Primo quarto all’insegna del grande equilibrio, e che si chiude sul 26-25 in favore di Brooklyn.

Tripla di Hinrich, gioco da tre punti di Luol Deng, altra tripla di Nate Robinson: è così che Chicago si ritrova improvvisamente sul +8 (34-26) quando non sono passati nemmeno 60 secondi dalla ripresa del secondo parziale.

La reazione dei Nets passa per le mani di Andray Bletche e Deron Williams, che riportano subito sotto (33-36) Brooklyn. Si tratta, dunque, di una partita sostanzialmente diversa dalle altre; una gara giocata a viso aperto da entrambe le squadre, con ritmi più alti e percentuali al tiro di gran lunga superiori.

Il nostro Marco Belinelli fa il suo primo ingresso in campo quando mancano poco più di 9 minuti all’intervallo. Il suo sarà un pomeriggio trascorso quasi interamente seduto in panchina, visti i soli 4 minuti d’impiego. Ad ogni modo, non si può di certo prendersela con Thibodeau, visto che colui che ne ha di fatto preso il posto — dicasi Jimmy Butler — si sta confermando partita dopo partita elemento in irrefrenabile ascesa.

Ritornando all’andamento della gara, sul finale di secondo quarto Chicago riesce prima ad allungare — grazie ad Hinrich e Butler che con il loro apporto a 360 gradi infiammano all’inverosimile i già caldi tifosi locali — e poi a farsi velocemente riavvicinare da Brooklyn. Il primo tempo si chiude così sul 58-55 in favore dei Bulls, un punteggio sorprendentemente alto che sembrerebbe più appropriato ad una serie in stile Golden State-Denver, che non alla Brooklyn-Chicago in questione.

I Nets completano la rimonta pochi minuti dopo la ripresa dei giochi grazie ad una rara schiacciata in entrata di Deron Williams che impatta il punteggio sul 66-66. Nel frattempo, assistiamo pure a qualche giocata di fino di Reggie Evans, palesemente favorito dalla svogliata difesa di Boozer.

C’è tuttavia la sensazione che una partita del genere, giocata a ritmi così alti, possa alla lunga favorire i Nets, ed essere letale a dei Bulls solitamente abituati a tutt’altra tipologia di gioco. Ed è infatti proprio Brooklyn a controllare il terzo quarto, chiuso sul +8 (84-76) con la ciliegina sulla torta rappresentata da un’improbabile tripla allo scadere di Lopez.

Brooklyn continua a tenere in mano il gioco in avvio di ultimo parziale, riuscendo a raggiungere la doppia cifra di vantaggio grazie ad un contropiede chiuso con un 2+1 dall’ex CJ Watson. Ed è proprio da questo momento che l’attacco di Chicago si affiderà quasi esclusivamente all’estro di Nate Robinson.

Ancora Robinson, questa volta in entrata ostacolato da Reggie Evans e Andray Blatche (Foto Jim Young/Rueters)

Ancora Robinson, questa volta in entrata ostacolato da Reggie Evans e Andray Blatche (Foto Jim Young/Rueters)

Ecco, l’estro di Nate Robinson. Non è così facile riuscire a descrivere ciò che il piccoletto di Seattle è riuscito a fare negli ultimi minuti di partita. Facendoci aiutare dai numeri, proviamo ad affidarci ai suoi 34 punti in totale, ben 29 dei quali segnati tra ultimo quarto e overtime(s).

Lo scatenato #2 dei Bulls riesce così a svoltare completamente la partita, e a condurre i suoi ad una clamorosa rimonta che si conclude grazie ad un suo assist ravvicinato per Boozer, che da sotto firma un pareggio (109-109) davvero impensabile fino a qualche istante prima.

Ma non è finita. La mano ferma dalla lunetta di Brook Lopez riporta infatti i Nets sopra di due; Noah però non ci sta, e in tap-in fissa il 111-111, prima che Williams venga neutralizzato sulla sirena.

It’s overtime. O meglio, primo overtime. Perché 5 minuti di supplementare non bastano, dopo che negli ultimi 15 secondi il botta-e-risposta dal pazzesco coefficiente di difficoltà tra Joe Johnson e il solito Robinson porta le due squadre appaiate sul 121-121.

It’s overtime again, dunque. Secondo overtime, durante il quale Robinson è costretto a sedersi in panchina a causa del sesto fallo commesso in attacco su Williams, che mette fine ad una prestazione davvero gigantesca. Dall’altra parte, Johnson continua a spadroneggiare nei momenti decisivi del supplementare, e al suono della sirena il discorso non cambia: siamo ancora in parità. Incredibile, davvero.

It’s overtime, once again. Terzo overtime, che si apre con un’altra pesante perdita per i Bulls, quando è Joakim Noah a dover lasciare il campo per aver raggiunto il limite dei 6 falli. Fuori Noah, ci pensano però Butler e Taj Gibson a salire in cattedra mettendo a segno i due canestri che, di fatto, riescono finalmente a interrompere un equilibrio che, giunti a questo punto, sembrava davvero essere destinato a durare in eterno.

E dopo che la forzata uscita di scena di Reggie Evans — sei falli anche per lui — viene accolta con un boato dagli euforici ma ormai stremati tifosi dei Bulls, sono Belinelli e Nazr Mohammed a segnare i 6 punti che mettono il definitivo sigillo sul trionfo di Chicago. 142-134 è lo strabiliante punteggio finale che manda, finalmente, tutti a casa.

Secondi finali del terzo overtime, lo United Center esplode finalmente in festa

Secondi finali del terzo overtime, lo United Center esplode finalmente in festa

Si chiude così una partita memorabile, cominciata pochi minuti dopo le 13, e conclusasi alle 17.15 (!). Una partita dalla quale sono usciti vincitori lo spirito e la grinta degli uomini di Thibodeau, “talentuosamente” così normali, ma caratterialmente così forti. Considerando anche i problemi di falli dei due ultimi tempi supplementari, tale affermazione assume un tono ancor più significativo per Chicago, ora in pieno controllo della serie (3-1) e con la certezza di ritornare allo United Center con il match point sulla racchetta anche in caso di sconfitta in Gara 5 che si giocherà lunedì prossimo al Barclays Center di Brooklyn.

È stata una vittoria, ovviamente, molto sofferta; sono fiero dei miei ragazzi”, afferma Tom Thibodeau nella conferenza stampa post-gara di fronte ad una foltissima platea di giornalisti, quasi quintuplicata rispetto alle partite di regular season. All’ex-assistente di Doc Rivers viene poi chiesto un parere sull’ennesima prova decisiva di Nate Robinson, domanda alla quale Coach Thibs risponde facendo riferimento ai loro trascorsi comuni in maglia Celtics: “Nate è fatto a modo suo; prendere o lasciare. Credo comunque che stia giocando come mai aveva fatto in carriera, ed è stato per me utilissimo averlo potuto conoscere ai tempi di Boston”.

Entrando nello spogliatoio dei Nets — all’interno del quale scorgiamo un Reggie Evans letteralmente sommerso da un’orda di taccuini, microfoni e telecamere guidati dalla graziosa Rachel Nichols di TNT — incrociamo un elegante Jerry Stackhouse alle prese con il buffet post-partita, ed attratto in particolar modo dai celeberrimi “meatballs spaghetti”.

Non ne sappiamo bene il motivo, ma è questa la scena chiave che ci spinge a dare un’occhiata all’orologio. Sono le 6, ed è ora di risalire sull’autobus che dall’arena ci riporterà nei pressi della Millennium Station, in pieno Loop di Chicago.

Imbocchiamo così l’uscita dello United Center emotivamente stremati, ma soddisfatti come mai prima d’ora, consci del fatto di avere assistito ad una partita che rimarrà negli annali del gioco, e per cui la definizione “instant classic” già sembra più che azzeccata.