Ci eravamo lasciati, qualche settimana prima dell’inizio della regular season, con i Toronto Raptors in completa ricostruzione, guidata dal neo GM Masai Ujiri, che stava piano piano componendo e mescolando le carte che la squadra di coach Casey avrebbe mostrato durante questa stagione. Siamo arrivati fino ad Aprile, ed i risultati sono esattamente quelli sperati (e probabilmente andati oltre le attese) quando la proprietà ha deciso di cambiare e sostituire Bryan Colangelo con l’ex GM dei Denver Nuggets. Ad onor del vero, il dirigente che a suo tempo scelse Bargnani nella prima casella del draft 2006, non ha soltanto contribuito all’affossamento dei Raptors negli ultimi anni, ma ha anche lasciato qualcosa di molto positivo in eredità. Stiamo parlando di un DeMar DeRozan che ad oggi ha finalmente dimostrato di meritare quel contratto, firmato nella offseason 2012, da 38 milioni per 4 anni, criticato e deriso dalla maggior parte degli addetti ai lavori NBA.

(Alonzo Adams/The Associated Press)

(Alonzo Adams/The Associated Press)

DeMar DeRozan arriva dalla non semplicissima realtà di Compton, nei sobborghi di Los Angeles. Chi viene da li, si porta dietro un passato difficile e DeMar non è esente da questa legge: come tanti, la sua valvola di sfogo è il basket, giocato prima alla Compton High School, dove occupa sempre i gradini più alti delle liste di tutti gli scout d’America e poi, per solo un anno, a USC, University of Southern California. Un “One & Done”, pronto, o meglio, spinto (anche dalla malattia della madre), a compiere il grande salto nell’olimpo NBA, dopo soltanto un anno di preparazione collegiale. Alla nona posizione del draft 2009, viene scelto dai Toronto Raptors: dalla bassa California si vola fin nel freddo Ontario, chiamato ad illuminare una franchigia che sin dalla sua nascita ha conosciuto poca gloria e tante delusioni. 

Una guardia pura, che sa tirare in tutti i modi: in uscita dai blocchi, spalle a canestro e in penetrazione. Un giocatore che con gli anni è diventato sempre più completo, fino alla definitiva consacrazione della stagione in corso, dove sta segnando 22.7 punti a partita, conditi da statistiche stabili rispetto allo scorso anno, ma che in due casi mostrano la differenza di fiducia del giocatore in campo. Prima di tutto, è stato fino ad oggi importantissima la sua crescita nella capacità di presentarsi in lunetta: i tentativi di tiro libero sono 7.9 a partita, un career best che lo piazza al settimo posto nella classifica NBA e che ci dice come il linguaggio del suo corpo in attacco sia decisamente migliorato, in tutti i fondamentali. Esemplificativo da questo punto di vista, la prestazione che gli è valsa il career high, 4o punti contro i Dallas Mavericks all’Air Canada Centre.

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(Rocky Widner/NBAE via Getty Images)

Come abbiamo visto, la sua media di punti segnati a partita è notevolmente migliorata, conseguenza anche dello scambio che ha visto Rudy Gay abbandonare Toronto quasi fra la gioia dei tifosi. Ma il suo più evidente miglioramento, e le cifre sono solo una piccola parte del discorso, poichè è proprio il suo atteggiamento ad essere completamente cambiato (e in questo Casey è stato fondamentale), è stato nella fase di playmaking. In questa stagione lui, James Harden, Steph Curry, Kevin Love, LeBron James e Kevin Durant sono gli unici ad avere delle media uguali o superiori a 22 punti, 4 rimbalzi e 4 assist. Questo e altro, lo ha portato, contro le previsioni di molti ad inizio carriera, a diventare il primo Raptor all’All Star Game dai tempi di Bosh nel 2010. Un traguardo speciale, che lo separa dalle polemiche e dai non eccelsi risultati delle prime 3 stagioni, quando, complice la pessima andatura dei Raptors, si era fatto “vivo” soltanto per un paio di Slam Dunk Contest (dove arrivò secondo e terzo).

Basketball-Reference.com

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Sono molte le prestazioni stagionali che ci consegnano un DeMar DeRozan davvero migliorato e finalmente leader di una squadra da playoffs:

  • 31 punti ad Atlanta, il primo novembre (23 negli ultimi due quarti)
  • 27 contro i Brooklyn Nets, il 26 novembre
  • Il primo gennaio contro Indiana, 26 punti e 9 rimbalzi
  • I 40 contro i Mavs, il 22 gennaio, career high
  • Il primo febbraio, 36 punti a Portland (Terry Stotts: “E’ un All Star per una ragione, è capace di prendere tiri difficili e con questi mettersi la squadra sulle spalle”)
  • 32 punti contro i Warriors, il 2 marzo
  • 33 contro i Thunder, il 21 marzo

Ne ha fatta di strada DeMar, da quel giorno in cui entrò in NBA e sembrava tutt’altro che pronto fino a questa stagione piena di soddisfazioni, che lo vede anche fra i difensori più migliorati, e sempre più saggio nelle scelte offensive (è 21esimo nelle palle perse considerando la percentuale dei suoi possessi). La domanda che molti si pongono è se può ambire o meno al titolo di Most Improved Player, giocatore più migliorato dell’anno, ma questo sarebbe soltanto un contentino, vista la crescita esponenziale di questo giocatore. Una cosa è certa, DeMar DeRozan ha finalmente un posto di preminenza nella NBA e le sue prime cinque stagioni da professionista fanno ben sperare i fan dei Toronto Raptors che finalmente vogliono uscire dal limbo della lotteria e iniziare ad assistere al basket che conta. DeRozan è prontissimo: “Una volta conosciuti i meccanismi e le persone che formano la NBA, sai come devi comportarti. Tutto sta nell’essere uno studente del gioco ed stare al posto giusto nel momento giusto”.