L’arrivo dell’All-Star Weekend permette alle squadre e ai giocatori di tirare un attimo il fiato in questa stagione accorciata ma dal ritmo particolarmente intenso. Ma è anche occasione, giunti in pratica a metà della regular season, per fare i primi bilanci su quanto andato in scena finora sui palcoscenici del campionato più famoso al mondo. Per questo DailyBasket, tramite i voti di tutti i redattori NBA, anticipando i tempi e senza aspettare il termine della stagione regolare, ha deciso di consegnare virtualmente i suoi “Midseason Awards”, nelle sei categorie principali, a chi ha maggiormente convinto nei primi due mesi di partite. Ecco i nostri vincitori (per ogni categoria trovate i tre più votati delle nostre speciali classifiche):

MOST VALUABLE PLAYER

LeBron James (foto Getty)

LEBRON JAMES, Miami Heat
27.4 pts, 8.1 reb, 6.8 ast, 54.7% FG, 41.3% 3p, 77.3% FT, 1.8 stl in 36.6 min
Ogni giorno, ogni mese ed ogni anno ci si chiede se il nativo di Akron possa essere considerato il miglior giocatore mai apparso sui campi da basket. In questi primi 2 mesi di regular season sta avendo una stagione da record, ha trascinato gli Heat nei 15 giorni giocati senza l’infortunato Dwayne Wade, quindi non ci sono dubbi, LeBron James è l’Mvp di inizio stagione. Terzo nella classifica dei marcatori alle spalle di Bryant e Durant, terzo nella percentuale dal campo, secondo in liberi tentati e segnati, undicesimo nella classifica degli assist, ottavo nelle palle rubate, dodicesimo in rimbalzi difensivi catturati, 13 doppie doppie stagionali, primo assoluto nel ranking dell’efficienza offensiva. Un impatto a tutto tondo nel gioco con una produzione punti leggermente maggiore rispetto allo scorso anno ed in linea con le sue medie carriera nonostante 4 minuti in meno giocati di media. Percentuali dal campo più alte in carriera da 2, da 3 e dalla lunetta, nonostante alcune sconfitte iniziali per pochi punti con molti suoi errori ai liberi (contro Warriors e Clippers). Ma ciò che stupisce è il forte incremento a rimbalzo che evidenzia anche un cambiamento del suo gioco, meno stazionamento sul perimetro (testimoniato anche dal calo del quantitativo di triple tentate), maggior gioco in area e spalle a canestro e alto numero di giocate e punti in transizione. E’ il migliore nella lega per punti in transizione davanti a John Wall e Tyreke Evans, cioè due guardie. Tutti questi dati statistici, in aggiunta al fatto che gli Heat sono al momento inarrestabili (avendo vinto le ultime 8 partite consecutive con scarti sempre superiori ai 10 punti) e saldi al comando della Eastern Conference con 27W-7L, rendono LeBron James il miglior giocatore nella miglior squadra NBA.
LA NOSTRA TOP THREE: 1) LeBron James; 2) Kobe Bryant; 3) Kevin Durant.

BEST SIXTH MAN

James Harden

JAMES HARDEN, Oklahoma City Thunder
16.8 pts, 4.1 reb, 3.6 ast, 47.2% FG, 37.3% 3p, 85.9% FT, 1.0 stl in 31.7 min
James Harden è uno “strano”. Sta lì in panchina, con quella barba incolta, in silenzio, ad osservare il quintetto dei suoi Thunder battagliare sul parquet. A vederlo non gli daresti un dollaro. Poi entra in campo e di colpo su tutto il palazzo sembrano calati gli anni ’80. Una eleganza innata, uno stile di gioco di altri tempi. La capacità di saper fare tutto e farlo bene. Una leadership silenziosa ma inequivocabile. Si lotta a rimbalzo, lui c’è. Serve difesa, lui c’è. La tripla che chiude la partita? C’è, c’è, fidatevi. E le cifre rispecchiano solo in parte quello che Harden significa per Oklahoma. Un 47% dal campo per 16.8 punti, 4.1 rimbalzi e quasi 4 assist per allacciata di scarpe in 32 minuti di gioco. Cifre che sono migliorate di stagione in stagione in tutte le voci principali. Nessun dubbio. Il Best Sixth Man di questo inizio di stagione è, per la nostra redazione, James Harden. Le conclusioni le si tireranno, ovviamente, a fine stagione, quando sapremo se Oklahoma sarà davvero una squadra da titolo. Di certo il loro sesto uomo lo è già da ora.
LA NOSTRA TOP THREE: 1) James Harden; 2) Louis Williams; 3) Jason Terry.

MOST IMPROVED PLAYER

Jeremy Lin

JEREMY LIN, New York Knicks
14.4 pts, 2.8 reb, 5.8 ast, 47.1% FG, 33.3% 3p, 76.6% FT, 1.5 stl, 3.6 to in 24.1 min
Facciamo qualche passo indietro. Capire da dove arriva e come arriva questo ragazzo ad essere il nuovo fenomeno dell’NBA è importante.  Agosto inoltrato, anno di grazia 1988. A Palo Alto, cittadina californiana famosa più per gli scienziati che per gli sportivi, nasce Jeremy Shu-How Lin. Padre taiwanese, madre cinese. Jeremy, dopo aver fatto vedere buone cose all’High School, viene scartato da quasi tutti i college. Gli unici disposti a garantire l’ammissione al ragazzo sono la Brown e Harvard. Lin sceglie la seconda opzione e, dopo un anno difficile, fa registrare buone medie. Nonostante questo nell’ambiente cestistico non gode di grandissima stima. Non viene scelto al Draft, ma partecipa alla Summer League con Dallas. Firma con Golden State, e dopo un inizio di stagione deludente viene destinato alla D-League. Nella stagione 2011-2012 passa ai Knicks che, dopo averlo relegato, anche loro, alla lega di sviluppo, gli concedono una possibilità vista la crisi di gioco del team di D’Antoni. Da qui (e stiamo parlando di meno di un mese fa) esplode il nuovo “caso” dell’NBA. Lin sfrutta l’opportunità di partire in quintetto mettendo a referto più di 24 punti e quasi dieci assist nelle ultime dieci partite. Guida i Knicks ad un inaspettato riscatto, mostra grinta e coraggio. “Linsanity”, “Yellow Mamba”, i soprannomi si sprecano, così come le copertine delle principali riviste americane. Il nostro premio come Most Improved Player va a lui, senza alcuna remora. Chissà cosa penserà di tutto questo Jeremy Shu-How Lin, figlio di un taiwanese e di una cinese, nato per essere un possibile “cervellone” e ora re di New York.
LA NOSTRA TOP THREE: 1) Jeremy Lin; 2) Ryan Anderson; 3) Kyle Lowry.

BEST DEFENSIVE PLAYER

Serge Ibaka

SERGE IBAKA, Oklahoma City Thunder
8.2 pts, 7.7 reb, 0.5 ast, 51.1 %FG,  3.2 blk in 27.6 min
Certamente la difesa dei Thunder non è statisticamente la migliore della lega, ma il congolese Ibaka è il faro dell’area della squadra di coach Brooks, che anche grazie a lui ha la miglior percentuale di vittorie in assoluto insieme agli Heat alla pausa per l’All-Star Weekend. Sono leggermente calate le sue medie e percentuali realizzative, che non sono il punto forte del suo gioco, mentre sono rimasti invariati il numero di rimbalzi catturati a partita. Ciò che è sensibilmente incrementato è il numero di stoppate. Forte rimbalzista offensivo, dotato di un fisico fuori dalla norma nonostante i “soli” 2.08 che lo fanno piccolo per il ruolo che deve ricoprire, sovrasta tutti grazie alla buona posizione, al fisico roccioso e alla sua ottima verticalità. E’ 1°nella classifica per stoppate totali e per stoppate a partita, da qui il soprannome “Iblocka”. Ha raggiunto per ben 3 volte in questi 2 mesi le 10 stoppate rifilate a partita. Storica la tripla doppia del 19 febbraio contro i Nuggets: 14 punti, 15 rimbalzi e 11 stoppate. Così è diventato il primo nella storia della franchigia ad aver raggiunto una tripla doppia con almeno 10 stoppate.
LA NOSTRA TOP THREE: 1) Serge Ibaka; 2) Luol Deng; 3) Tony Allen e Joakim Noah.

BEST COACH

Doug Collins

DOUG COLLINS, Philadelphia 76ers
20 W – 14 L
Dopo una prima stagione da head coach dei 76ers chiusa con 41W-41L, migliorando di ben 14 vittorie rispetto all’anno precedente, con seguente qualificazione ai playoffs ed eliminazione per mano degli Heat (4-1), Collins ha saputo fare di meglio in questo inizio di regular season. La squadra è migliorata offensivamente ma è in difesa che si notano i maggiori progressi. Philadelphia concede di media 87.5 punti a partita (è la migliore), ben 10 punti in meno concessi rispetto al 2010/11 e tutto questo grazie ad una squadra operaia molto giovane e nessuna vera e propria superstar.  La partenza di questo 2011/12 per i 76ers è stata fenomenale ed il record di 10W-3L a metà gennaio rappresentava uno dei migliori inizi di regular season per la franchigia sin dal storico inizio del 2000/01. La squadra è stata quasi imbattibile tra le mura amiche del Well Fargo Center e a fine gennaio erano arrivate solo due sconfitte casalinghe (su 14 giocate) entrambe all’overtime contro Nuggets e Nets. Ben differente però l’impatto nel mese di febbraio con ben 8 sconfitte di cui 4 a Philadelphia. Nonostante l’attuale periodo no, con l’apice raggiunto prima della pausa dell’All Star Game con la quinta sconfitta consecutiva, la settima nelle ultime 9 giocate, Philadelphia è salda al comando dell’Atlantic Division con 20W-14L davanti a Knicks e Celtics, cosa che non accadeva dal lontano 2001 quando su quella panchina c’era Larry Brown e in campo Allen Iverson.
LA NOSTRA TOP THREE:1) Doug Collins; 2) Gregg Popovich; 3) Scott Brooks e Rick Adelman. 

BEST ROOKIE

Kyrie Irving

KYRIE IRVING, Cleveland Cavaliers
18.1 pts, 3.5 reb, 5.1 ast, 47.6% FG , 41.5% 3p, 85.7% FT in 31.0 min
E’ la principale ragione per cui i Cavaliers sono tornati ad essere una squadra credibile e non la barzelletta dell’anno scorso, in cui hanno riscritto il poco invidiabile record “All-Time” di sconfitte consecutive. Ha già sconfitto gli scetticismi e le perplessità di chi lo riteneva poco esperto, viste le sole 11 partite giocate al college, e non in grado di avere un impatto degno di una prima scelta assoluta. Certo, sarà chiamato a confermarsi, ma ora la nascita di questi dubbi sembra distante un’eternità. Beneficiando probabilmente anche della convivenza tecnica con un coach come Byron Scott che in carriera ha sempre lavorato bene con le point guard, Irving si sta dimostrando giocatore di eccellente personalità e già in grado di guidare una squadra a questo livello. Ha margini di miglioramento, in particolare nella lettura delle situazioni e nella gestione di qualche possesso, 3.1 palle perse sono un dato che va abbassato, specie perché gli assist non sono tantissimi per un playmaker (5.1). In questo è parzialmente giustificato dal fatto di non avere al fianco una grande abbondanza di realizzatori. Difensivamente non è una presenza di impatto anche perché la velocità di scivolamento non è eccelsa. Ma in generale sta disputando una grande stagione, è il miglior realizzatore tra i rookie, sa creare con la palla in mano, ha rapidità, controllo di palla e corpo per arrivare al ferro, e un tiro da fuori anche migliore delle aspettative (41.5% da tre). Già più volte determinante e risolutivo per i risultati dei Cavaliers, anche nei finali (recentemente il difficile layup del successo a Boston e i tiri liberi del sorpasso su Sacramento), solo 3 volte non è andato in doppia cifra, mentre in 14 occasioni ha segnato almeno 20 punti col picco dei 32 rifilati ai Nets.
LA NOSTRA TOP THREE: 1) Kyrie Irving; 2) Ricky Rubio; 3) Brandon Knight.

 
 
Matteo Plazzi, Alessio Bonazzi e Davide Sardi