I Thunder hanno solo due vittorie a Marzo e faticano contro le grandi; Portland sogna, Utah arranca e Denver, guidata dai suoi giovani talenti, reagisce bene all’infortunio di Danilo Gallinari. Minnesota, nel frattempo, pensa già alla prossima stagione. 

 


Oklahoma City Thunder (44-22, terzi ad Ovest): l’organico di coach Donovan sta mostrando segnali decisamente negativi in questo periodo complicato dal punto di vista della difficoltà del calendario. Kevin Durant (terzo in punti con 28.1 a uscita) e compagni, nel mese di Marzo, vantano un record di due vittorie e quattro sconfitte, tre delle quali arrivate contro “Big” del calibro di Golden State, Clippers e San Antonio (l’altra quasi allo scadere, in casa, contro Minnesota). L’unica nota positiva risale a cinque giorni fa, quando la corazzata di Chris Paul ha perso per 108-120 alla Chesapeake Energy Arena: quello, però, è stato solo uno dei pochi match di rilevanza conquistati dall’indecifrabile e indisciplinata Oklahoma City, che spesso è apparsa inadeguata davanti alle contendenti al titolo NBA. Quando il livello della partita sale, sia nel suo insieme sia col proseguire dei minuti, quello di OKC scende: per dodici volte durante l’attuale annata, infatti, i Thunder hanno perso buttando via un vantaggio accumulato dopo i primi tre quarti. La loro difesa concede 103 punti a partita (18esimo record della Lega), l’attacco è troppo statico e dalla panchina solo Enes Kanter si sta rivelando all’altezza della situazione. Non è l’unico problema del team in questione, sia chiaro, ma l’impatto di Russell Westbrook nell’ultimo mese ha del preoccupante: al classe 1988, nei possessi decisivi, si chiude esageratamente la vena e ciò che si vede sono delle scelte completamente insensate (anche in fase difensiva) e che alla fine risultano deleterie per il collettivo; non è raro vedere l’ex UCLA schiantarsi contro la difesa o prendere tiri fuori ritmo senza nemmeno guardare i compagni. Dall’All-Star break, inoltre, la point guard tira con il 28.1% nei quarti periodi (e ai supplementari) e a Marzo ha toccato e oltrepassato già tre volte le sette palle perse.

 

Stagione da sogno per Damian LIllard (Foto: Foxsports.com)

Stagione da sogno per Damian LIllard (Foto: Foxsports.com)

Portland Trail Blazers (35-22, settimi ad Ovest): la crisi dei Mavs e il calo dei Jazz stanno facendo sorridere i Trail Blazers, che ormai sono una certezza e non più una piacevole sorpresa. Una squadra smantellata nel mercato estivo e destinata al baratro della classifica si trova saldamente in zona Playoffs a poco meno di un mese dalla fine della Regular Season: chi l’avrebbe mai detto? “La nostra forza è il gruppo”, dice con saggezza il giovane esterno Damian Lillard (quinto realizzatore della Lega, l’unico con almeno due gare da 50 punti insieme a Curry), protagonista indiscusso della trama di questa favola. Le tre sconfitte esterne consecutive (contro Boston, Toronto e Detroit), dopo il 9-2 di Febbraio, hanno fatto tornare Portland sulla terra ed ora la truppa di coach Stotts ha ritrovato la giusta fiducia per tornare alla vittoria. Ogni giocatore sta dando il suo contributo e tutti si stanno rivelando importanti, l’attacco continua a girare discretamente e le statistiche a rimbalzo rimangono tra le migliori della NBA (quinti con 45.6). La stanchezza si farà sentire nelle successive quindici partite, ma la franchigia dell’Oregon deve resistere e ha le carte in regola per completare l’impresa. Va detto, in conclusione, che Stotts è candidato al premio di Coach of the Year e CJ McCollum (20.7 punti) a quello di Most Improved Player: due riconoscimenti individuali del 2015-16 potrebbero finire nella RIP City.

 

Utah Jazz (31-35, noni ad Ovest): l’attuale mini-serie di due vittorie consecutive ha in parte allontanato la crisi di risultato avuta a cavallo tra la fine di Febbraio e l’inizio di Marzo: cinque sconfitte di fila, un successo contro i Pelicans e altre due “L”. I Jazz si stanno allontanando dalla zona Playoffs specialmente a causa del basso livello di talento offensivo all’interno del roster, che a lungo andare, in un’annata da 82 partite, ti punisce crudelmente in una Lega come la NBA. La difesa funziona alla perfezione (97.3 punti concessi, solo San Antonio fa meglio) anche grazie al lavoro dei lunghi verticali, ma per abbracciare la postseason serve altro e l’impressione è che questo organico non possa fare più di così. Gordon Hayward sta disputando una stagione strepitosa (20.1 punti e 4.9 rimbalzi), Derrick Favors sta crescendo (28 punti, 14 rimbalzi, 4 assist, 1 stoppata e 3 recuperi ieri notte a Sacramento) e per riuscire a fare il salto di qualità, però, sono necessari come minimo un giocatore con tanti punti nelle mani e un centro titolare maggiormente valido.

 

La beata gioventù in casa Nuggets (Foto: NBA.com)

La beata gioventù in casa Nuggets (Foto: NBA.com)

Denver Nuggets (28-38, decimi ad Ovest): nelle ultime settimane, forse anche a causa della consapevolezza di non avere più speranze per i Playoffs, la franchigia della Mile High City ha giocato con più leggerezza e spensieratezza. Il roster, nonostante i brutti scivoloni casalinghi contro Memphis e Brooklyn, ha reagito molto bene all’assenza del leader e miglior realizzatore Danilo Gallinari (fuori con due legamenti della caviglia rotti, dovrebbe rientrare per le ultime gare di Regular Season) e attualmente i Nuggets possono vantare una striscia aperta di quattro vittorie consecutive. Sicuramente il calendario ha fatto la sua parte (tutti incontri in casa e contro avversarie non di grande calibro), ma questa serie positiva è sintomo del giovane talento di Denver che sta iniziando a sbocciare: Jokic, Mudiay (30 punti e 5 assist contro i Suns) ed Harris hanno sempre avuto ruoli importanti nei precedenti successi, mentre Nurkic sta gradualmente mostrando una condizione migliore. Senza l’azzurro nelle rotazioni, coach Malone ha dato più spazio e responsabilità agli inesperti e loro hanno risposto presente in maniera assai confortante. Zitti zitti, al momento i gialloazzurri sono a cinque vittorie in meno dalla zona Playoffs. Da segnalare i miglioramenti di Kenneth Faried (12.8 punti e 8.8 rimbalzi), due volte sopra i 20 punti a Marzo e sempre fondamentale per l’energia e l’intensità che mette sul parquet.

 

Minnesota Timberwolves (21-45, tredicesimi ad Ovest): con Kevin Garnett e Nikola Pekovic ancora fuori, Minnesota sta continuando a collezionare una serie di brutte figure e la situazione non accenna a migliorare. Le rescissioni con Kevin Martin e Andre Miller e la firma per dieci giorni di Greg Smith fanno capire quanto la dirigenza abbia appreso la mancanza di senso di quest’ultima parte di stagione. Serve concentrarsi sul futuro, che per i Lupi può essere radioso. La franchigia di Minneapolis è stata una delle delusioni dell’anno e il rischio di “fallimento”, però, era altissimo: un’età media bassa, vari problemi fisici, la morte di coach Saunders, la dubbia gestione di coach Mitchell (difficilmente lo vedremo nel 2016-17, potrebbe arrivare Thibodeaou) e un’immaturità a 360° (24esima difesa della Lega per citare un esempio) che ha contraddistinto tutti i mesi dell’annata dei T’Wolves. Ma con un clamoroso rookie come Karl-Anthony Towns (17.7 punti, 10.3 rimbalzi, 1.7 stoppate e un’incredibile maturità) e un giocatore del calibro di Andrew Wiggins (20.7 punti) c’è solo da essere ottimisti e la speranza è che in estate, il GM Newton e i suoi colleghi, riescano a creare il giusto binomio tra talento ed esperienza. Nel frattempo i Timberwolves si tengono stretta la vittoria dell’11 Marzo contro i Thunder grazie alla tripla quasi allo scadere di Ricky Rubio, uno degli atleti che nella offseason potrebbe fare i bagagli verso altri lidi.


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