A fine stagione potremmo avere due giocatori di queste cinque squadre con un premio in mano (CJ McCollum MIP e Karl-Anthony Towns ROY), ma per ora solamente Oklahoma City e Utah hanno dei record positivi e quindi un prestigioso posto tra le prime otto della conference occidentale. Andiamo ad analizzare gli ultimi quindici giorni delle franchigie appartenenti alla Northwest Division.

Oklahoma City Thunder (12-8, terzi a Ovest): Il ritorno in campo di Kevin Durant, subito capace di fornire con costanza il suo solito inestimabile contributo offensivo, ha regalato a questi ambiziosi ma discontinui Thunder un carico di fiducia importante. La serie di vittorie consecutive, iniziata contro Dallas, si è estesa a quattro, grazie a prestazioni convincenti specialmente a Utah e in casa contro Detroit, con il Numero 35 che è stato sempre il faro offensivo della squadra con una media di 30.3 punti in tre sere. Le qualità di Oklahoma City continuano ad essere un attacco di primissimo livello (107.7 punti, secondi in NBA) e un incoraggiante dominio a rimbalzo (48.3 a gara, anche qui secondi), ma nelle sconfitte tendono sempre ad emergere i lati oscuri di questa compagine, ovvero una difesa a tratti disastrosa e indisciplinata (102.3 punti subiti, solo nove team nella Lega fanno peggio di loro), poco aiuto dalla panchina e troppe responsabilità nella mani del duo Westbrook-Durant. Infatti la striscia positiva si è interrotta con due cadute preoccupanti sui parquet di Atlanta e Miami, rispettivamente il 30 Novembre e il 3 Dicembre. Due insuccessi che una “potenza della Western Conference” non può permettersi.

Utah Jazz (9-9, settimi a Ovest): La vittoria in trasferta contro i Clippers del 25 Novembre, l’onorevole sconfitta per 106-103 contro i Warriors cinque giorni dopo e l’esaltante successo, dopo un tempo supplementare, nell’ultima partita contro i Pacers bastano e avanzano per definire questa squadra non solo una sorpresa, ma una conferma. I Jazz si stanno dimostrando dei concorrenti ostici per tutti e la piacevole novità della Western Conference continua ad essere l’organico allenato da coach Snyder, che sta riuscendo a camuffare i limiti offensivi del suo roster sfruttando le qualità dei lunghi ma senza dare, comunque, troppi punti di riferimento agli avversari. La difesa è chiaramente il piatto forte di Utah non solo grazie alla verticalità sotto le plance di Rudy Gobert (2.6 stoppate, terzo nella Lega) ma anche ad un’applicazione e ad una collaborazione da parte di ogni singola pedina (95.9 punti subiti, terzo miglior record assoluto). Ad un Gordon Hayward incredibilmente costante e sempre più leader (18.6 punti e 4.8 rimbalzi) si sta affiancando un Derrick Favors (17.5 punti, 8.9 rimbalzi e 1.2 stoppate, 35+13 contro i Pacers) incisivo e in netta crescita. Una coppia inaspettata che ma per ora sta rendendo Utah un team solido.

McCollum e Lillard (Foto: usatoday)

McCollum e Lillard (Foto: usatoday)

Portland Trail Blazers (9-12, noni a Ovest): Se Portland non avesse accumulato quelle sette sconfitte consecutive dall’8 al 18 Novembre ora staremmo qui a parlare di un altro record e di un’altra posizione in classifica. Ma nella NBA, come nella vita, con i “se” e con i “ma” non si fa la storia. In ogni caso i Trail Blazers hanno mostrato molta consistenza nelle ultime due settimane, ottenendo tre vittorie discrete su sei uscite; inoltre la truppa di coach Stotts ha attualmente una serie aperta di due successi di fila, arrivati in maniera convincente contro Indiana e a Minneapolis contro i rivali di Division dei T’Wolves. L’impressione è quella che Portland stia giocando al massimo del suo livello e che difficilmente possa fare più di così, ma per ora ci si aspettava decisamente di peggio da un organico smantellato nel corso del mercato estivo. Damian Lillard continua con tutte le sue forze, da vero leader e All-Star, a tenere in piedi la “baracca” con 24.2 punti e 7 assist di media, Meyers Leonard sta dimostrando di essere un buon lungo quando la salute è dalla sua parte e il contributo difensivo di Mason Plumlee è evidente ogni sera. L’incredibile esplosione di Cj McCollum (19.7 punti quest’anno e 6.8 nel 2014-15), ormai, non è più una notizia: sarà lui il Most Improved Player?

Minnesota Timberwolves (8-11, undicesimi a Ovest): L’ottima stagione del fenomenale Andrew Wiggins (21.8 punti e 3.8 rimbalzi) non sta coincidendo con i risultati della squadra di coach Mitchell, incapace di sfruttare l’incredibile talento a sua disposizione. La difesa è decisamente da rivedere, l’attacco funziona a sprazzi e i T’Wolves non riescono proprio a trovare stabilità e armonia (sportivamente parlando). Forse è ancora presto per parlare di delusione perché nella Western Conference di quest’anno i playoffs, considerate le potenzialità dei “Lupi”, sono ancora raggiungibili senza problemi, ma fino ad ora Minnesota non ha mai dimostrato di poter giocare ad un livello superiore. Complice è sicuramente la giovanissima età sommata a qualche problema fisico di troppo per il playmaker Ricky Rubio e all’assenza di Nikola Pekovic sotto canestro (dovrebbe rientrare a Gennaio). Per quanto riguarda gli obiettivi a breve termine, ora, i Timberwolves devono cercare di chiudere subito la striscia ancora aperta di tre sconfitte consecutive (contro i Clippers, Orlando e Portland) e provare ad acquisire una maggior costanza. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Menzione obbligatoria per l’ottimo rookie Karl-Anthony Towns, matricola del mese con 14.4 punti, 9.4 rimbalzi e 2.1 stoppate ad allacciata di scarpe.

Mudiay e Gallinari (Foto: sg.news.yahoo.com)

Mudiay e Gallinari (Foto: sg.news.yahoo.com)

Denver Nuggets (8-13, dodicesimi a Ovest): I “segnali positivi” di cui avevamo parlato due settimane sono presto svaniti e diventati oggetti di preoccupazione di una squadra che ancora deve trovare identità, gioco e chimica. I Nuggets, visibilmente inadeguati nelle partite contro le grandi, hanno collezionato un’imbarazzante striscia di otto sconfitte consecutive iniziata il 18 Novembre a San Antonio e conclusa quattro giorni fa a Toronto. In questi insuccessi c’è quasi sempre stato un elemento in comune, ovvero un crollo dalla ripresa in poi dopo primi tempi convincenti. Questi cali sono sintomo del fatto che il problema numero uno della compagine del Colorado, comunque non lontana dalla zona Playoffs (Houston, ottava, ha due “W” in più e ha sempre perso contro Denver), è la mancanza di una continuità di rendimento nell’arco dei 40 minuti. Difetto che, più in generale, sta caratterizzando anche la stagione del leader indiscusso Danilo Gallinari (21 e 24 punti nelle ultime due uscite), che nelle vittorie segna 22.4 punti media con il 50.5% dal campo e nelle sconfitte 14.8 con il 31.5%. Statistiche che dimostrano quanto questo giocatore sia essenziale per i Nuggets, ancora orfani del loro centro Jusuf Nurkic (tra una ventina di giorni dovrebbe debuttare). I gialloazzurri subiscono 103.0 punti e ne realizzano 97.2. Confortano, però, i rendimenti di Will Barton e di Emmanuel Mudiay; l’ex Portland ha ben 14 punti di media partendo dalla panchina e la point guard, matricola sicuramente ancora molto acerba (4 palle perse a uscita ma 11.3 punti e 6.0 assist), sta confermando il suo notevole potenziale.


Dailybasket.it - Tutti i diritti riservati