Steph Curry assieme a Draymond Green e Klay Thompson (AP Photo)

Steph Curry assieme a Draymond Green e Klay Thompson (AP Photo)

UPS & DOWNS – Una marcia irresistibile, quella dei Golden State Warriors (20-2), protagonisti del miglior inizio di stagione nella storia della franchigia, che li inserisce a pieno titolo tra i favoriti per la vittoria finale. La squadra è reduce da 15 vittorie consecutive, striscia aperta da un mese, e detiene al momento il record migliore non solo della Western Conference, ma dell’intera Lega. Gli unici due nei in questa cavalcata quasi perfetta sono le due sconfitte consecutive maturate contro Phoenix e San Antonio rispettivamente l’11 e 13 novembre. E ci stanno tutte. Pochi si aspettavano che il rookie della panchina Steve Kerr riuscisse a trovare la quadra così velocemente e a mettere in campo sin dalle prime battute una squadra non solo competitiva, ma anche spettacolare, trascinata da uno Steph Curry in formato MVP (23.5 punti e 7.7 assist di media ) e dal suo “fratello” Klay Thompson (21.3 punti di media), in crescita rispetto alla scorsa stagione. La squadra è profonda e tutti, sino ad ora, hanno dato il proprio contributo. I prossimi dieci giorni potranno dirci qualcosa di più su quanto Golden State sia for real. Da segnare sul calendario la trasferta di martedì in casa dei Grizzlies, la gara interna di giovedì contro OKC e il Christmas Game allo “Staples” contro i Clippers. Il calendario è stato ad oggi magnanimo ed è inevitabile che i Guerrieri non riusciranno a mantenere costantemente questi ritmi infernali ma, al momento, è davvero difficile trovare qualche difetto.

Chris Paul e Blake Griffin, i pilastri dei Los Angeles Clippers (USA Today)

Chris Paul e Blake Griffin, i pilastri dei Los Angeles Clippers (USA Today)

I Los Angeles Clippers (16-7), dopo una partenza altalenante, hanno inanellato 9 vittorie consecutive, prima di subire una piccola flessione perdendo le ultime due partite a Washington e Milwaukee. Il talento del roster è evidente. Poche squadre possono vantare un duo come quello formato da Chris Paul (17.7 punti e 9.8 assist di media a gara) e Blake Griffin (22.7 punti e 7.3 rimbalzi), al quale fanno da contorno la costante presenza di DeAndre Jordan a rimbalzo (12.5 di media) e il ruolo importante rivestito da giocatori “complementari” come Jamal Crawford (16.5 punti di media) e J.J. Redick (14.4). Se Doc Rivers è riuscito ad assemblare una squadra che in fase offensiva è in grado di attaccare agevolmente il canestro come di creare soluzioni dalla distanza, è anche vero che in difesa i Clippers presentano qualche lacuna, come riconosciuto dallo stesso Rivers, che ha più volte sottolineato la scarsa efficacia delle rotazioni difensive e le chiusure mancate o tardive. L’”altra” squadra di Los Angeles si colloca al momento al sesto posto della Western Conference, 4.5 gare in ritardo rispetto ai sopracitati Warriors, su cui faranno la corsa per il titolo divisionale.

Uno dei problemi dei Phoenix Suns (12-12), attualmente fuori dalle migliori otto ad Ovest, è la mancanza di un’identità definita. La squadra ha grosse potenzialità, è sufficientemente profonda e può legittimamente ambire alla conquista dei playoff. I ritmi di gioco sono spesso e volentieri elevati, la capacità realizzativa non manca e i punti messi a referto vengono spesso distribuiti in maniera equilibrata. La difesa del pitturato deve essere certamente migliorata ma quello che manca ai giovani Suns (oltre all’identità) è soprattutto una buona dose di esperienza, come si è notato nella partita persa lunedì scorso all’overtime in casa dei Clippers. La gestione delle partite deve essere migliorata ma solo il tempo consentirà ai giocatori di creare una migliore chimica di squadra e trovare continuità nei risultati. Il rientro di Isaiah Thomas, avvenuto due giorni fa contro Detroit, non potrà che giovare e ricostituirà un backcourt intrigante assieme a Dragic e Bledsoe. Solo la costanza potrà consentire a Phoenix di acciuffare il treno playoff in una Western Conference ipercompetitiva.

Dopo un’ottima partenza (5 vittorie nelle prime 6 partite), i Sacramento Kings (11-13) sono scivolati al quarto posto nella Division e al decimo della Western Conference, a una gara di ritardo dalla zona playoff, complice un abbassamento degli standard difensivi ma, soprattutto, della momentanea uscita di scena di DeMarcus Cousins, ai box dal 28 novembre a causa di una meningite virale e autore, sino a quel momento di 23.5 punti e 12.6 rimbalzi di media. Un duro colpo per i Kings, dopo il forfait di Cousins hanno raccolto solamente 2 vittorie a fronte di 7 sconfitte. Il ritorno a breve dell’ex Kentucky ridarà ossigeno alla compagine californiana e assieme ad un Rudy Gay in forma smagliante (21.1 punti e 6.4 rimbalzi di media) e a un Darren Collison costantemente sul pezzo potrà far ripartire la caccia ai playoff in una Conference dove ogni passo falso può costare caro.

Fanalino di coda sono i Los Angeles Lakers (7-16) che hanno finora prodotto filotti di sconfitte (9 nelle prime 10 gare) intervallati da qualche vittoria. I problemi dei gialloviola sono arcinoti. La stagione si preannuncia ancora una volta di fallimentare transizione in attesa di tempi migliori. Il problema è che, essendo ora come ora i playoff un miraggio, non sembra esserci modo di “ingannare l’attesa” e provare a far crescere qualche giovane di prospettiva. Certo, se Randle e Henry (ma soprattutto il primo) fossero abili e arruolabili questo discorso non reggerebbe. Come non reggerebbe se venissero concessi più minuti a giocatori come Kelly e Clarkson, le attuali giovani leve della squadra di Scott. Gli unici obiettivi sembrano essere  free agency e il Draft della prossima estate.  Forse ha ragione Magic, dicendo che i Lakers dovrebbero seguire l’esempio dei Sixers e dare vita a un tanking sfrenato per assicurarsi una scelta alta al Draft che verrà? La transizione continua piatta. Il futuro è incerto e, per ora, attende.

Steph Curry, inizio da favola per lui e i suoi Warriors (AP Photo)

Steph Curry, inizio da favola per lui e i suoi Warriors (AP Photo)

HOT – Non poteva essere che Steph Curry, leader indiscusso della squadra del momento. L’ex Davidson ci ha abituati negli anni a ottimi numeri, ma i suoi tabellini questa stagione si sono tradotti in vittorie e continuità di risultati, Se le prestazioni del play, unite alle vittorie della squadra, risulteranno costanti, nessuno potrà non tenerlo in considerazione per il premio di MVP al termine della stagione. Curry viaggia a 23.5 punti e 7.7 assist di media e non si possono non citare i 40 punti rifilati a Miami lo scorso 25 novembre (12/19 al tiro, 8/11 dall’arco), la gran prova di Houston di inizio stagione (34 punti, 13/19 al tiro, 6/9 dall’arco) o la prestazione di ieri sera a Dallas dove, nonostante percentuali non elevatissime (9/22 al tiro), ha guidato Golden State ad una pesantissima vittoria, chiudendo con 29 punti e 8 assist. Con le sue innati doti di playmaking, Curry sta senza dubbio giocando il miglior basket della sua carriera e trasformando i Warriors da mina vagante a una seria candidata al titolo.

NOT – Per cercare una delusione non potevamo che andare a cercare tra i disgraziati Lakers. Dopo 20 partite, Byron Scott ha deciso di non far partire Carlos Boozer in quintetto. Le sue scarse performance difensive hanno contribuito a fare dei gialloviola la peggiore difesa della Lega (110.1 punti concessi di media). Nonostante i 12.6 punti e 7 rimbalzi di media non possano sembrare poi così malvagi, il rendimento dell’ex Utah non può considerarsi soddisfacente, soprattutto in termini di esperienza e che avrebbe dovuto portare a Los Angeles dopo essere stato scaricato da Chicago. Sono anni ormai che Boozer sembra attraversare una fase di costante declino. La sua ultima apparizione all’All-Star Game risale ormai a sei anni fa.

UNEXPECTEDMarreese Speights sta approfittando alla grande dell’assenza di David Lee. Lo sta facendo anche Draymond Green, ma preferiamo concentrarci sull’apporto che sta dando l’ex Gator dalla panchina. Con 12 punti e 5.2 rimbalzi di media in 16.6 minuti di utilizzo, sta vivendo probabilmente il migliore momento della sua carriera, facendo sentire la sua presenza nel pitturato e sotto ai tabelloni. La sua mobilità fa ammattire i centri più grossi e più lenti, che faticano a tenerlo e ad uscire per difendere il suo buon tiro dalla media. Kerr l’ha notato e tende spesso a creare questo tipo di matchup, anche se questo implica un sacrificio in fase difensiva.

STATS – I Golden State Warriors sono il terzo attacco della lega con 106.7 punti di media a partita, la seconda squadra per rimbalzi catturati (45.7) e la terza per assist smazzati (25.5) e si classificano al primo posto per percentuali al tiro (48%) ed efficienza difensiva.

Nonostante il momentaccio dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant può sorridere con qualche record personale: il 30 novembre è diventato il primo giocatore nella storia dell’NBA a registratre contemporaneamente nel proprio curriculum 6.000 assist e 30.000 punti. Il Mamba, inoltre, sta viaggiando a 25.4 punti di media nel corso della sua diciannovesima stagione. Nessun giocatore nella Lega ha mai totalizzato più di 14.6 nel corso della diciannovesima stagione e successive.

INJURIES – Le assenze più pesanti da registrare in questo frangente della stagione sono sicuramente quella di DeMarcus Cousins in casa Kings a causa di una meningite virale, e quella di David Lee, a causa di un ormai cronico problema al tendine del polpaccio.  L’ultima apparizione di Cousins è datata 26 novembre, nella partita persa da Sacramento sul parquet dei Rockets. In quell’occasione il #15 ha messo a referto 29 punti, 17 rimbalzi e 6 assist. Una sola e fugace presenza in stagione invece per David Lee, il 5 novembre nella vittoria interna contro i Clippers; il lungo di Golden State è rimasto in campo per 6 minuti, uscendo dalla panchina.

TWEET – Reggie Miller prevede un futuro luminoso per la point guard di Golden State …mentre Magic Johnson sembrerebbe indicare ai Lakers la strategia da adottare questa stagione:


Dailybasket.it - Tutti i diritti riservati