Miami Heat

James contro Leonard, la vera sfida nella sfida di queste Finali (Foto: seattlepi.com)

James contro Leonard, la vera sfida nella sfida di queste Finali (Foto: seattlepi.com)

James: 9. Diciamo la verità, se non ci fosse stato lui in Finale, Miami avrebbe perso di 60 punti ogni partita. E anche in gara 5, se gli Heat iniziano con un parziale di 22-6, è quasi esclusivamente grazie a lui. Ma visto che, anche se lo potrebbe sembrare, non è un alieno, non può vincere da solo: lui ormai da anni l’ha capito, cerca quasi disperatamente di coinvolgere i compagni, ma inevitabilmente la palla torna sempre nelle sue mani mentre il cronometro si avvicina alla fine dei 24 secondi. È piuttosto indicativo che la metà dei canestri dal campo di Miami arrivi da sue iniziative (su 30 canestri di squadra, lui ne fa 10 e serve 5 assist; se poi togliamo i punti del garbage time…). Chiude con 31 punti, 10 rimbalzi, 5 assist e 2 stoppate. Di più non gli si poteva chiedere.
Lewis: 5. Uno degli eroi di gara 2 torna a essere il giocatore mediocre che è stato negli ultimi due anni. Spoelstra lo tiene in campo solo 9 minuti, in cui infila una tripla e combina poco altro, ma forse si poteva provare a rimetterlo nella ripresa; il suo tiro da tre avrebbe potuto essere utile per provare una comunque improbabile rimonta.
Bosh: 5,5. Quasi sufficienza perché va in doppia cifra e ogni tanto, ma mica troppo spesso, si prende qualche iniziativa, che contribuisce al comunque magro bottino di 13 punti e 7 rimbalzi (ma 0/5 da tre). Ricordiamo che fino a qualche anno fa era la star della sua squadra, con un ventello nelle mani in ogni partita: che si sia adagiato troppo sul “tanto ci pensa LeBron”?

Dwyane Wade, parecchio in difficoltà soprattutto dal punto di vista fisico (Foto: hurricane2015.com)

Dwyane Wade, parecchio in difficoltà soprattutto dal punto di vista fisico (Foto: hurricane2015.com)

Wade: 4,5. Dispiace dare un voto del genere a un giocatore del genere, ma (l’ex) Flash è stato probabilmente il peggiore dei suoi. Sicuramente i problemi fisici (che potrebbero anche spingerlo al ritiro) non l’hanno aiutato, anzi, hanno praticamente annullato un giocatore che basava buona parte del suo rendimento sull’esplosività fisica. Chiude in doppia cifra (11 punti, 4/12 dal campo) perché comunque uno con il suo talento, tira e ritira, qualche canestro lo fa, ma purtroppo, se non un ex giocatore, è ormai sicuramente un ex campione.
Allen: 4,5. Parte in quintetto per “punire” la pessima serie del play titolare Chalmers, ma Spoelstra con questa mossa peggiora ancor di più la situazione, dando meno incisività alla panchina e mettendo in difficoltà lo stesso Ray, che come sesto uomo di sentiva piuttosto a suo agio. Stanotte, solo 5 punti con 1/8 al tiro per lui, più 4 palle perse.
Battier: 5. Tabellino immacolato quasi in ogni voce statistica, triste epilogo di una carriera davvero degna di nota.
Andersen: 5,5. The Birdman ci ha provato, ma è un giocatore di complemento, che riesce a dare il meglio se tutta la squadra gira al massimo; con la squadra che sprofonda, gli si può dare il merito di aver comunque svolto il suo compitino (6 rimbalzi, 1 recupero, 1 stoppata), ma nulla di più.
Cole: 5. Qualche minuto per far rifiutare gli esterni nel primo tempo, in cui non combina praticamente niente (2 punti su tiro libero, 1 rimbalzo), e gli ultimi tre di garbage time.
Haslem: sv. Buttato nella mischia, poco poteva fare e poco ha fatto in una decina di minuti sul parquet.
Beasley: 5,5. Dimenticato (comprensibilmente) oltre il fondo della panchina per praticamente tutti i playoffs (6 minuti totali in tre gare fino a stanotte), il suo ingresso in campo è chiaro segno che, a metà del terzo quarto, Spoelstra non sapeva davvero più che pesci pigliare. Lui, comunque, ha fatto quello che ci si aspettava: tanti punti (9, in 17 minuti), e difesa pressoché inesistente.
Chalmers: 5. Dopo quattro gare pessime, viene lasciato in panchina per tutto il primo tempo, per poi entrare nel secondo (?!) a buoi ormai scappati. Fa un po’ venire il nervoso il fatto che giochi meglio in questi 15 minuti (a partita chiusa, è vero) che nel resto della serie.
Jones e Douglas: sv. Un paio di minuti di garbage time, troppo pochi perché Jones possa prendere (e segnare) 4 tiri come in gara 4.

San Antonio Spurs

Kawhi Leonard, MVP a sorpresa delle Finali (Foto: vavel.com)

Kawhi Leonard, MVP a sorpresa delle Finali (Foto: vavel.com)

Leonard: 9. Che dire di questo giocatore? A 22 anni è uno dei più giovani MVP della storia delle Finals (un altro è Tim Duncan, che casualità…), ma è dal suo ingresso nella Lega che dimostra la maturità di un giocatore con almeno 10 anni di carriera alle spalle. Mai sopra le righe, mai una protesta, mai il minimo segnale di egoismo, Leonard gioca davvero in stile Spurs, per la squadra, ed è così che riesce a dare il meglio di sé: gara 3, 4 e 5 sono un capolavoro di completezza (medie di 23,6 punti, 9,3 rimbalzi, 2,3 assist, 2 recuperi, 2 stoppate, solo 1,6 perse, 17/22 da due e 7/13 da tre). La speranza è di non aver ancora visto tutto quello che questo giocatore ha da offrire alla pallacanestro.
Duncan: 7,5. Non ha giocato la sua miglior partita nelle Finals, ma è l’ennesimo esempio di una solidità che, a 38 anni, ben pochi si sognano. Chiude con 14 punti e 8 rimbalzi quella che potrebbe essere l’ultima partita della sua favolosa carriera, spesa totalmente con la maglia degli Spurs addosso e sotto la guida di coach Popovich, con cui ha vinto 5 titoli ed è stato 2 volte MVP della regular season e 3 volte MVP delle Finals. Una bandiera se ce n’è una.
Diaw: 7. Qualche difficoltà al tiro (2/7), ma il solito fosforo e la solita efficacia in ogni aspetto del gioco: 5 punti, 9 rimbalzi, 6 assist. Non è un caso se è lo Spur che ha passato più minuti su parquet (38).
Green: 4,5. Serataccia al tiro (0/5), ma fortunatamente per lui c’erano parecchi altri giocatori “on fire” stanotte.
Parker: 6. Dalle statistiche parrebbe aver giocato tutto sommato una buona partita (16 punti, 0 palle perse), ma la verità è che inizia con un tremendo 0/10 dal campo e si iscrive a referto solo alla fine del terzo quarto. Certo, poi fa 7/8 al tiro, ma a gara praticamente ormai conclusa. Non è però mezza prova sottotono, soprattutto se questa porta al quarto titolo in carriera, ad abbassare le quotazioni di un campione del suo calibro.

Manu Ginobili a 37 anni dispone ancora di "un minimo" di esplosività (Foto: naplesnews.com)

Manu Ginobili a 37 anni dispone ancora di “un minimo” di esplosività (Foto: naplesnews.com)

Ginobili: 8. Altro capolavoro per l’argentino, che segna tutti i suoi 19 punti (con 6/11 dal campo) nei primi tre quarti, quando si decide la partita. Ma soprattutto è il primo, insieme a Leonard, a rispondere al tremendo parziale iniziale degli Heat. È anche lui, come Parker, al quarto titolo in carriera, e anche a lui, come a Duncan, a 37 anni potrebbe venir voglia di chiudere la sua carriera da vincente.
Splitter: 6. Gli viene preferito Diaw per motivi tattici, ma quando viene chiamato in causa il brasiliano fa sempre il suo dovere, sbagliando pochissimo (in 11 minuti, 3 punti, 2 rimbalzi, 2 assist, 1 recupero e 1 stoppata).
Mills: 8. Ennesimo capolavoro Spurs, che si stanno costruendo in casa un vice-Parker coi fiocchi: ormai il play australiano è giocatore da doppia cifra fissa, ma in gara 5 supera anche se stesso, segnando 17 punti con 5/8 da tre e contribuendo in maniera determinante al parziale che cambia la partita nel primo tempo.
Bonner: sv. Una manciata di minuti da onesto mestierante.
Belinelli: 6. Il primo italiano di sempre in una Finale NBA diventa anche il primo italiano di sempre a vincere il titolo. Vero, nei playoffs il suo impiego è diminuito di molto rispetto alla regular season, ma non c’è dubbio che anche lui abbia portato il suo mattoncino.
Ayres, Joseph e Baynes: sv. Chi più, chi meno, potrebbero rappresentare il futuro a breve-medio termine degli Spurs. Per ora, entrano solo per consentire la standing ovation ai protagonisti nei minuti finali, ma San Antonio è una squadra, e l’anello è anche loro.