Jimmy Butler (Michael Hickey/Getty Images)

Jimmy Butler (Michael Hickey/Getty Images)

I Chicago Bulls aspettano da troppo tempo di poter competere per il titolo NBA con una rosa sana e in forma, al massimo delle proprie potenzialità. Coach Tom Thibodeau ha passato le ultime due stagioni maledicendo il momento in cui Derrick Rose si è infortunato: da allora la stella più luccicante di Chicago non è stato lo stesso e persino nella stagione appena iniziata i problemi fisici sono stati enormi, quasi da sembrare insormontabili.

Ma il miglior coach difensivo della lega ha trovato un motivo per sorridere. E questo motivo corrisponde alle sembianze di un ragazzo agile, potente e soprattutto umile, fatto per sputare sangue in tutte le parti del campo e per 48 minuti se necessario. Quel ragazzo ha 25 anni, ha una storia incredibile e si chiama Jimmy Butler, scelta numero 30 del draft NBA del 2011, quando i Chicago Bulls avevano il miglior record della lega.

“Da tutta la mia vita vivo giorno dopo giorno. L’NBA è il mio obiettivo e per questo non posso perdere la concentrazione”. La sua storia aveva cominciato a essere conosciuta prima di quel draft, ma Jimmy non aveva intenzione che le persone provassero pietà o compassione per lui. Voleva solo lavorare sodo per riuscire finalmente a provare che tutti si erano sbagliati sul suo conto e che poteva giocare fra le stelle del basket NBA.

Aveva 13 anni quando tutto nella sua vita cambiò. La madre, che sicuramente non si può considerare tale, abbandonò il piccolo Jimmy, costretto a trovarsi un posto dove vivere, senza nessun aiuto, senza altri rifugi. Diventò un adolescente senzatetto, un’esperienza che nessuno può cercare di immaginare minimamente, se non il diretto interessato.

Dopo aver quindi passato settimane cambiando letti, cambiando case e stando solo con gli amici, Jimmy trovò una casa, un conforto, grazie alla famiglia di Jordan Leslie, un ragazzino che lo aveva sfidato ad una gara da tre punti, e di Michelle Lambert, considerata la sua “nuova mamma”: “Gli ho detto che doveva essere un modello per i miei figli, avrebbe dovuto stare fuori dai guai, andare a scuola e studiare tanto. E Jimmy fece esattamente questo, qualsiasi cosa gli chiedevo lui lo faceva senza fare domande e discutere”.

Mai come in questo caso si può utilizzare l’abusata storia del basket come salvezza: non possiamo sapere cosa sarebbe potuto succedere senza la palla a spicchi nella vita del ragazzo texano, talento sul campo e sui banchi di scuola, ma mai apprezzato davvero per quello che era. Infatti, come se non bastasse la brutta storia con i genitori, nessuno ebbe reale fiducia in lui e nelle sue potenzialità. Il contorno era una piccola cittadina a poche decine di chilometri da Houston, dove nessuno si sforzò di arrivare per verificare di persona il talento di questo sfortunato ragazzo. Jimmy fu costretto ad iscriversi, dopo una buonissima stagione da senior alla Tomball High School (19.9 punti e 8.7 rimbalzi di media), in un junior college locale, la Tyler, senza aver ricevuto alcuna concreta offerta ed avendo avuto solo una remota possibilità di giocare per Mississipi State. Che però, dopo le ottime prestazioni e le tante gare da 30 e 40 punti nell’anno da freshman, si rifece avanti, nell’Aprile 2008, assieme a Marquette, Kentucky, Clemson e Iowa State.

E così fu Marquette, un sogno per Jimmy, un dovere per la sua mamma adottiva, che lo costrinse a studiare e a diventare qualcuno al di fuori del campo da basket. Dopo un primo anno così così, il nostro esplose con due stagioni, quelle da junior e senior, che lo catapultarono direttamente fra le braccia dei GM NBA. Da titolare quasi inamovibile scrisse a referto rispettivamente 14.7 e 15.7 punti a partita per coach Buzz Williams, un altro dei motivi che lo hanno portato dove si trova oggi.

21.6 punti a partita in 39 minuti di utilizzo. Avete letto bene, Jimmy Butler è oggi sulla strada giusta per diventare una stella di questa lega. Su di lui hanno scommesso in pochi, in particolare dopo le difficoltà, accompagnate da qualche raro highlight, delle prime due stagioni da pro, chiuse con 2.6 e 8 punti a partita ed un utilizzo davvero modesto. Il 31 ottobre di quest’anno avrebbe dovuto e potuto firmare l’estensione del suo contratto da rookie con i Chicago Bulls, ma al contrario di quanto ci si sarebbe potuto attendere la firma non c’è stata. Innanzitutto perché la sua terza stagione, quella 2013/2014, ci ha mostrato un Butler diverso, più sicuro di sé e finalmente bravo a sfruttare al meglio lo spazio e gli insegnamenti dello staff tecnico di Tom Thibodeau e poi perché, conseguentemente, la maggior parte degli addetti ai lavori ha cominciato a pensare che questo ragazzo dalla vita sfortunata sarebbe potuto diventare finalmente e inaspettatamente una stella. Non era affatto previsto che avrebbe fatto “cashout”, ma la prossima estate il contratto da 50 milioni di dollari totali non glielo toglierà nessuno. E saranno soldi ben spesi: la sua attitudine al lavoro e al continuo miglioramento sono la cartina di tornasole perfetta per chi vorrà spendere quei soldi.

“Non sono mai stato il miglior giocatore della squadra, non sono mai stato reclutato, quindi ho sempre avuto un enorme peso sulle spalle e tutte le previsioni mi erano contrarie. Ma nonostante questo sono riuscito ad andare avanti per la mia strada e la mancata estensione del contratto è soltanto un piccolo ostacolo per me. Sono sulla giusta strada, mi sento di esserlo e, se continuo così, il successo arriverà, la mia storia lo racconta per me”.

Questa è una delle ultime dichiarazioni di Butler, dopo un’altra delle tante solidissime prestazioni di quest’inizio stagione (32 punti con ben 18 tiri liberi in una brutta sconfitta a Denver). Gli occhi dei grandi media statunitensi si sono da poco posati su questo ragazzo, dando enorme risalto alle sue prestazioni e alla sua vita. Tutti, da ESPN a Sports Illustrated, ora conoscono il nome e cognome di quell’adolescente che una volta fu cacciato di casa dalla mamma e che oggi, in una delle squadre più forti, è uno dei protagonisti assoluti della lega sportiva più famosa del mondo.