“I wouldn’t necessarily say I’m arrogant. I’m just confident. I wouldn’t necessarily say I’m an asshole. I just don’t take no shit. And I wouldn’t necessarily say I’m disrespectful. You’ve just got to earn my respect.” (Draymond Green)

draymondgreenSarebbe da folli credere che i Warriors si stiano concentrando solo sulla serie contro i Pelicans. Sarebbe altrettanto da folli, o per lo meno da stolti, pensare che i detentori del miglior record ad ovest non stiano preparando ogni gara nel dettaglio, consapevoli del fatto che questo potrebbe essere “l’anno buono”. A breve verrà proclamato il vincitore del premio di MVP della regular season, ed è molto probabile che verrà incoronato Steph Curry, autore di una stagione spaziale. Ma limitarsi ad elogiare Curry è roba da bar, noi siamo qui per altro. In un sistema vincente bisogna riconoscere alcuni equilibri, spesso molto sottili, che differenziano una squadra di vertice da una mediocre, o addirittura di basso profilo. Ci sono quei giocatori che tutti vorrebbero avere nella propria squadra, quelli che “il miglior compagno e il peggio avversario possibile”, quelli che in campo sono ovunque, che lottano su ogni pallone e che tengono l’intensità ad un livello impensabile per altri. Stiamo parlando di Draymond Green, il guerriero tra i Guerrieri.


Difensore di categoria, attaccante che ha ampliato nel tempo il suo bagaglio di soluzioni per andare a canestro, esempio di giusto atteggiamento per arrivare in fondo, per fare la differenza quando conta. Perché pensare che sia facile giocare con Curry, Thompson, Lee, Bogut e avere una panchina lunga e di qualità non è sbagliato. La sensazione che primeggia, però, è che ormai sia diventato più semplice giocare con Green, e non viceversa. Elemento in grado di fornire delle triple-doppie in stagione regolare, non bisogna escludere che ne manderà a referto anche nella post season. C’è da dire che le prime due prestazioni hanno mostrato che il ragazzo ha la testa programmata verso l’obiettivo numero uno, quello per cui giocano dall’inizio di novembre. Vincere, vincere e ancora vincere.

Le sue statistiche sono passate dagli 11.7 punti a partita, conditi da 8.2 rimbalzi, 3.7 assist e 1.6 recuperi, ai 14.5 punti, 12 rimbalzi, 6 assist e 3 recuperi nelle prime due gare della serie contro i Pelicans. Numeri a dir poco esaltanti, non considerando l’impatto a 360 gradi che ha fornito al suo roster e a Steve Kerr. Il sapore che possiede la storia di Green è molto simile a quella di Kawhi Leonard, forse venendo ancor più dal basso, ma essendo entrati ufficialmente in clima playoff è impossibile non accostare questi due giocatori. In 3 anni ha saltato solamente sei partite in maglia Warriors e lo scorso anno ha giocato tutte le 82 partite di regular season, partendo 12 volte in quintetto, mentre quest’anno è partito in quintetto tutte e 79 le partite giocate. La strada è ancora lunga, la Finale decisamente lontana. Sarà molto affascinante vedere se questo rendimento sarà decisivo per Golden State e se il ragazzotto del Michigan riuscirà a mettersi l’anello al dito.