Harden e Howard, le due stelle dei Rockets (Foto: sportsnaut.com)

Harden e Howard, le due stelle dei Rockets (Foto: sportsnaut.com)

Terminate le NBA Finals, gli Houston Rockets sembravano la squadra più lanciata sul mercato per costruire un organico in grado di arrivare fino in fondo già dalla prossima stagione. Tanti erano i grandi nomi che avevano preso in considerazione la possibilità di vestire il bianco-rosso, ma tutti per un motivo o per l’altro sono sfuggiti dalle mani della dirigenza della squadra. Nonostante questo, però, qualcosa ancora bolle in pentola dalle parti di Houston, dove il mercato non è necessariamente da considerare chiuso, ma in ogni caso la truppa di coach McHale ha le carte in regola per fare qualcosa di importante nella prossima annata, prendendo l’incredibile delusione avuta negli scorsi playoff come incentivo per andare avanti quando il gioco si fa duro. “Io e Dwight siamo i pezzi da novanta della squadra. Il resto sono ‘role players’ o pezzi che completano il roster. Abbiamo perso alcuni giocatori ma ne abbiamo aggiunti altri. Penso che faremo bene come l’anno scorso”, ha detto con convinzione James Harden.

Il 2013-2014 dei Rockets è stato rivoluzionato dall’arrivo estivo di Dwight Howard che, partita dopo partita, ha acquisito nuovamente, anche grazie a discrete condizioni fisiche, quella fiducia e quella serenità che nel periodo ai Lakers aveva smarrito. Dall’ottava piazza del 2012-2013, nell’annata successiva Houston ha dimostrato di essere una delle squadre più efficaci e divertenti della Lega, conquistando un buon quarto posto (54-28) nella competitiva Western Conference. Ma i Portland Trail Blazers, al primo turno dei playoff, hanno evidenziato i problemi tecnici e di immaturità dei Rockets, eliminandoli dopo 6 gare con il pugno nello stomaco finale di Damian Lillard.

Fotomontaggio di Parsons con la maglia di Dallas (Foto: Mavs.com)

Fotomontaggio di Parsons con la maglia di Dallas (Foto: Mavs.com)

PARTENZE – Pur con tante ambiziose premesse, Houston, più che per gli arrivi, ha fatto notizia per le partenze. La separazione che ha fatto più discutere è senza dubbio quella con Chandler Parsons, giocatore dagli ampi margini di miglioramento e destinato a diventare sempre più un protagonista. Non gli era stata proposta un’estensione in precedenza per andare all’assalto dei pezzi più grossi del mercato, ma lasciandolo diventare free agent con restrizione i Rockets si sono esposti a rischi che si sono puntualmente concretizzati. Houston ha deciso di non pareggiare la ricca offerta di 46 milioni di dollari portata avanti dai Dallas Mavericks, scelta condivisibile quantomeno se inquadrata in un piano che prevede di avere più flessibilità salariale nelle prossime stagioni. Ma Parsons non ha affatto preso bene l’accaduto, nonostante l’entusiasmo nel cominciare un nuovo capitolo della sua carriera a Dallas: “Mi sono sentito offeso. I Rockets hanno detto pubblicamente che avevano bisogno della terza stella quando ho sempre pensato che ce l’avevano davanti ai loro occhi. Si vede che non mi vedevano in quel modo”, ha detto l’ala classe ’88. Prontamente è arrivato il commento di Dwight Howard: “Non sarà decisiva la sua partenza. Con me e James Harden abbiamo in squadra il miglior centro e la miglior guardia della Lega. Dipende da noi”. Infine, hanno lasciato il Texas anche Omri Casspi e Omer Asik tramite una “trade” con New Orleans, mentre Jeremy Lin, pedina importante dei Rockets 2013-2014, è stato ceduto ai Los Angeles Lakers.

NO JAMES, NO ANTHONY, NO BOSH – Nel giro di poche settimane LeBron James, Carmelo Anthony e Chris Bosh sono usciti dai rispettivi contratti e il principale motivo che ha assegnato ai Rockets l’etichetta dei grandi sconfitti di questa “free-agency”, è proprio il mancato arrivo di uno dei “Big” in quel di Houston. Gli interessamenti da parte della franchigia texana verso James ci sono stati, ma “Il Prescelto” non ha mai realmente preso in considerazione l’opzione di giocare per i Rockets (il suo agente ha comunque incontrato la dirigenza), avendo in testa solamente una nuova firma per Miami o un clamoroso ritorno a casa a Cleveland. Ma con Anthony le cose sono andate diversamente e l’ala ex Nuggets sembrava veramente prossima ad essere la terza stella di Houston: il giorno del colloquio tra ‘Melo stesso e i Rockets, il Toyota Center era completamente tappezzato di sue foto e gigantografie con addosso la canotta bianco-rossa, ma anche in questo caso le trattative non si sono sviluppate molto oltre, con il giocatore che ha deciso di restare a New York City con i Knicks. Pochi giorni dopo è partita la grande offerta per Bosh da 88 milioni di dollari per 4 anni: molti davano già per portato a termine l’accordo con l’ala grande due volte campione NBA, a detta di molti pronta a salutare Miami dopo la partenza di LeBron. Ma anche in questo caso, nonostante la ricca proposta, a Houston è sfuggita la situazione di mano. Certamente questi mancati colpi sono arrivati in seguito alle decisioni prese dagli atleti e ad un operato non sempre impeccabile degli addetti ai lavori in casa Rockets, ma se la trattative si sono tutte bloccate ad un certo punto, c’è anche un’altra motivazione altrettanto importante. Le casse della squadra contano attualmente circa 7 milioni di dollari di spazio salariale, una cifra non elevata ma preziosa se hai due come Dwight Howard e James Harden in un organico: il GM Daryl Morey si è trovato davanti una situazione non facile da sbrogliare e ha deciso di puntare ad una flessibilità salariale, senza spendere cifre troppo alte, per arrivare alla prossima estate con la miglior situazione economica per inserire nel team i tasselli mancanti.

Per Trevor Ariza si tratta di un ritorno a Houston (Foto: rockets.clutchfans.net)

Per Trevor Ariza si tratta di un ritorno a Houston (Foto: rockets.clutchfans.net)

NUOVI VOLTI E PROSPETTIVE – La “trade” che ha fatto fare i bagagli a Casspi e Asik, ha permesso a Trevor Ariza, Alonzo Gee e Scotty Hopson di sbarcare a Houston. E’ il caso di soffermarsi sull’ex ala piccola dei Wizards (14.4 punti e 6.2 rimbalzi), che nella seconda parte della scorsa annata ha cominciato a mettere assieme numeri che non faceva vedere proprio dal suo ultimo anno ai Rockets nel 2009-2010; certamente non riuscirà a supplire completamente alla partenza di Chandler Parsons, ma Ariza è senza dubbio una pedina che può rivelarsi preziosa partendo dalla panchina. Qualche giorno dopo, Houston ha ufficializzato gli arrivi tramite accordi annuali di Jeff Adrien (da Milwaukee), Ishmael Smith (da Phoenix), Joey Dorsey (da Barcellona, dove ha vinto il campionato spagnolo) e Josh Powell (dai Tigers, squadra del campionato cinese): non di certo acquisti che cambieranno il volto della franchigia, ma in ogni caso si tratta di buoni giocatori di contorno; mentre per quanto riguarda i rookies, nelle scorse ore sono state annunciate ufficialmente le firme di Clint Capela (25esima scelta al Draft) e Nick Johnson (scelto al secondo giro). La dirigenza dei Rockets ha svolto un lavoro che si proietta alla stagione 2015-2016, dove veramente la squadra di coach McHale sarà una seria candidata al titolo non solo con le parole ma anche coi fatti; Morey si è mosso nella maniera tale da lasciare al team la stessa spina dorsale, trasformando le delusioni di questo mercato in solidità salariale per tentare il colpaccio nella prossima estate. Tra i giocatori ci sarà più collaborazione e più unione rispetto all’anno scorso, dove il puzzle era ancora molto lontano dall’assemblarsi. James Harden e Dwight Howard faranno tesoro dell’importante stagione 2013-2014 (nonostante la bruciante “postseason”), per poter guidare il gruppo ad una Regular Season con meno alti e bassi e dei playoff da vere mine vaganti, gettando le basi per sognare ad occhi aperti dopo la “free-agency” del 2015.


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