5. TABELLA DICHIARATA

Di quelle giocate che provi in allenamento per farti due risate. O al campetto giusto per cambiare spartito.
E poi c’è chi, invece, te le propone su un campo NBA, in piena partita e come se nulla fosse.

Parlo dell’alley-oop tra Brandon Jennings e Andre Drummond contro i Nets (che hanno una difesa “adatta” a certe cose). Più che un uno-due, un triangolo con l’aggiunta di un protagonista inaspettato: il tabellone.

L’effetto è assicurato, i due punti anche… Dunque, soluzione geniale e bella allo stesso tempo. Fosse andata male, Van Gundy avrebbe visto le stelle, almeno suppongo.

E mi sorge un dubbio: che Dre si stia allenando per la gara delle schiacciate?

 

4.TRIPLE TRIPLE-DOUBLE

La notte tra venerdì e sabato è stata arricchita da ben tre triple-doppie. Raro vederne tante in un colpo solo.

Tre perle regalateci da tre campioni: John Wall, Hassan Whiteside e DeMarcus Cousins. Gente abituata a colorare il proprio tabellino.

Partiamo dal play di Washington che, forse, voleva un’altra grande prestazione dopo quella sensazionale, ma rimasta nell’ombra, sfoderata contro i Warriors. Nella vittoria sui 76ers, 18 punti, 13 rimbalzi e 10 assist. Si può definitivamente dire che, dopo un difficile inizio di stagione, il motore del prodotto di Duke abbia cominciato a viaggiare a pieno regime.

Hassan Whiteside, ancora una volta, si conferma il re indiscusso della stoppate. Block party che ha toccato anche il campo di Charlotte: 10 stoppate, con 10 punti e 10 rimbalzi. Il tutto partendo dalla panchina e giocando solo 27 minuti. Mostruoso.

Infine, il buon DeMarcus, un habitué delle super prestazioni ad alte cifre. I Kings hanno perso con i Nets, ma Boogie ha fatto tutto il possibile per regalare ai suoi un risultato diverso: 24 punti, 10 rimbalzi e 10 assist. Ah, giusto per non farsi mancare nulla, 4/4 da tre.

 

3. TURN(ER)ING DOWN THE KING

Tasse, morte e i due punti (magari con fallo supplementare) quando LeBron punta il canestro in transizione: queste le tre cose sicure nella vita.

Riuscire a evitare una delle tre? Myles Turner ci è riuscito. Quale? Beh, ancora respira e, presumo (e spero), che col fisco sia tutto ok. Dunque, per esclusione, è riuscito a fermare il “prescelto” lanciato verso il ferro. Proprio così.

Il rookie dei Pacers, che sta emergendo come uno dei prospetti più interessanti della Lega, si è tolto una di quelle soddisfazioni che difficilmente ti fanno prendere sonno. Uno di quegli aneddoti che racconterà ai posteri. Perché lui è destinato a scrivere pagine importanti, ma stoppare LBJ nel proprio anno da matricola…. Libidine coi fiocchi.

Non solo fortuna e manna da cielo. Scelta di tempo, tecnica, atletismo e, soprattutto, tantissima faccia tosta. Non è scontato, infatti, che siano in molti quelli disposti a giocarsi la faccia (letteralmente) e le simpatie di LeBron con una prodezza del genere. Di solito il “Re” non dimentica… E noi nemmeno.

 

2. YOU’RE POISON

Il Mamba non perde mai il veleno. Magari si acquieta un po’, ma poi ricompare quando meno te lo aspetti. E fa male, tanto male.

Kobe non appassisce mai. La sua classe è troppa e, anche in un anno “particolare”, la sua sete di vittoria ogni tanto riemerge. Dirompente.

Tre partite in fila da 38, 27 e 25 punti. Al sapor di un #24 che fu e di cui dobbiamo goderci ogni singola perla. Perché, ahimè, potrebbe sempre essere l’ultima.

Contro Minnesota, 10/21 dal campo, con 7 triple su 11 tentativi e 11/12 dalla linea della carità. Con 5 rimbalzi e altrettanti assist (per lui non sono pochi).
Due giorni dopo, a casa dei Pelicans di un super Davis (39+11), i punti diventano 27, con 10/24 totale e 4 triple a bersaglio. Ah, con la chicca della doppia-doppia strappata grazie ai 12 rimbalzi.
Infine, in casa degli eterni avversari neroargento, 25, con percentuali rivedibili. Ma, soprattutto, il saluto alla banda texana e i complimenti di Pop: “E’ stato fantastico; come vedere Michael Jordan”.

Prestazioni non fine a se stesse, ma coincise con due successi gialloviola (avvenimento ancor più raro delle magie di Kobe) e un’impresa sfiorata a San Antonio.

A 37 anni, e con mezza testa già in pensione, si poteva vedere anche di peggio.

 

1. AREA 51

Ciò che stiamo vedendo non è spiegabile. Cos’è esattamente? Come dovremmo classificarlo? E’ finzione o realtà?

Steph Curry è un alieno ed è alienante. Impossibile mantenere la bussola quando si guarda il #30. Non ha nulla di umano ciò che sta facendo. Per numeri, atteggiamento, facilità. Il suo dominio è talmente palese da essere imbarazzante; per noi che siamo seduti sul divano, figuriamoci per chi se lo ritrova davanti sul campo.

Tipo John Wall, la cui doppia doppia da 41 punti e 10 rimbalzi è passata inosservata, incredibilmente sottotraccia, spazzata via dai numeri dell’MVP.

E vediamoli questi numeri. Golden State sbanca il Verizon Center di Washington 134-121, e Curry fa 51 con 7 rimbalzi, 19/28 dal campo, 2/3 ai liberi e +20 di valutazione. Ma, soprattutto, 37 punti nel primo tempo e 11/16 dall’arco, mandando a segno 7 delle sue triple solamente nella frazione d’apertura. Ripeto: 7 triple nei primi 12 minuti!!

Prende, spara con e senza ritmo, dal palleggio o in catch-and-shoot, in uscita dai blocchi o da gioco rotto, con spazio o con le mani del marcatore addosso.

Chi ha visto, sa. Siamo tutti testimoni di qualcosa che va oltre e che non può lasciarci indifferenti.

E’ storia. E’ magia. E’ fantascienza.