L’INCUBO BRYANT

Ha voluto dire la sua Dwight Howard a proposito della discussione che sta prendendo piede in questi giorni, tanto da realizzare un report targato ESPN in cui il punto fondamentale è Kobe Bryant e la presunta paura che hanno i giocatori a stare al suo fianco, coinvolgendo anche coach Byron Scott. Il centro dei Rockets ha precisato alcune cose ai microfoni dello Houston Chronicle: “Non ho lasciato Los Angeles perché avevo paura di Kobe. Sono andato alla ricerca di una situazione funzionale, e so che non posso modificare il pensiero delle persone a proposito di questa vicenda, ma ho fatto quello che dovevo fare per me stesso. Un giocatore può avere diversi motivi per scegliere di cambiare squadra andando altrove, ma è inutile che si continui a parlarne. È successo. Abbiamo giocato un anno insieme ed è stato un anno sfortunato, in cui buona parte di noi sono stati infortunati, non potendo mettere in pratica ciò che ci eravamo prefissati ad inizio stagione. Ma questo accade, è la vita. Penso che ognuno debba andare avanti e preoccuparsi della squadra in cui si trova in questo momento”.

Lo scontro tra Howard e Bryant che ha causato un breve litigio tra i due (espn.go.com)

Lo scontro tra Howard e Bryant che ha causato un breve litigio tra i due (espn.go.com)

Un Howard un po’ seccato, dunque, mentre sta cominciando la sua seconda stagione in Texas dopo aver chiuso la passata regular season a 18.3 punti, 12.4 rimbalzi e 1.8 stoppate, saliti a 26.0 punti, 13.7 rimbalzi e 2.8 stoppate nei playoff. Nella notte è andata in scena la gara tra le due squadre, in cui i Rockets ne sono usciti vincitori per 108-90, e non sono mancate le scintille tra Bryant e Howard per un episodio tutto sommato banale. 19 punti per Kobe, 13 punti e 11 rimbalzi per Dwight alla sirena.

 

ARIA DI RINNOVO PER RUBIO?

Arrivata l’ufficialità del rinnovo per Kemba Walker, che lo legherà a Charlotte per altri 4 anni alla cifra di 48 milioni, si pensa che a breve accadrà lo stesso anche per Ricky Rubio. Sarebbe un’ipotesi allettante, sia per il giocatore che per i Timberwolves, una delle squadre più attese per la stagione cominciata questa notte e, di certo, uno dei roster su cui investire maggiormente negli anni a venire. Rubio al momento guadagna 5 milioni e il suo contratto è in scadenza al termine di questa stagione, ma difficilmente si priveranno di lui, essendo il playmaker ideale per una squadra di quel tipo. Il debutto è fissato questa notte in casa dei Grizzlies e si pensa che il rinnovo sia solo questione di tempo, e non di cifre.

 

Julius Randle, appena dopo l'infortunio, mentre viene controllato da Gary Vitti (lakers.com)

Julius Randle, appena dopo l’infortunio, mentre viene controllato da Gary Vitti (lakers.com)

DEBUTTO AMARO (E DOLOROSO) PER RANDLE

Nella notte della consegna degli anelli agli Spurs, del faccia a faccia tra Howard e Bryant, della tripla-doppia sfiorata da Anthony Davis, bisogna purtroppo segnalare uno spiacevole fatto accaduto al rookie dei Lakers, Julius Randle. La settima scelta assoluta dell’ultimo draft, proveniente da Kentucky, ha subito la rottura della tibia nell’ultimo quarto del match contro i Rockets. Un vero peccato, viste le aspettative che ci sono su questo ragazzo, definito da molti come un “piccolo Charles Barkley” e arrivato in NBA con un biglietto da visita a dir poco importante. Il recupero verrà stabilito nelle prossime ore, in modo tale che coach Byron Scott possa valutare come sistemare la rotazione facendo a meno di Nash e Randle, due elementi che avrebbero di sicuro detto la loro, seppur con età e prospettive totalmente diversi.

 

L’ANELLO DEL BELI

Belinelli e Adam Silver durante la cerimonia, per lui 15 punti nell'opening night (NBA.com)

Belinelli e Adam Silver durante la cerimonia, per lui 15 punti nell’opening night (NBA.com)

Detto e ripetuto più volte, Marco Belinelli è il primo italiano nella storia a mettersi al dito un anello di campione NBA. Cornice suggestiva la notte scorsa alla consegna degli anelli per i nero argento, vittoriosi di un punto contro i Mavs di coach Carlisle, in cui il numero 3 degli Spurs ha messo a referto 15 punti partendo in quintetto base. Bravo a sfruttare lo spazio lasciato nell’opening night dalle assenze di elementi come Splitter, Leonard e Mills, Marco è stato in campo 30 minuti e ha giocato sempre con ordine, come l’organizzazione di coach Pop richiede. Qualche sbavatura per gli Spurs, sia offensiva che difensiva, contro dei Mavs molto reattivi, che hanno ricordato quelli incontrati negli scorsi playoff da coloro che sarebbero diventati poi i campioni.