Sembrano passati decenni da quando gli Oklahoma City Thunder si affacciarono sul palcoscenico delle Finali NBA del 2012, pronti a dominare la lega negli anni a venire.

Dalla sconfitta contro gli Heat di acqua sotto i ponti ne è passata, la geografia della NBA è notevolmente cambiata così come sono mutate le posizioni di forza. I Thunder sono sempre stati lassù, nelle zone nobili della lega – 6 delle ultime 7 stagioni sopra le 50 vittorie – ma non hanno mai compiuto quel salto di qualità che ci si aspettava. Hanno pagato lo scotto con addii prematuri (Harden e Jackson su tutti), le incertezze di un piccolo mercato mediatico che non permette di fare il passo più lungo della gamba e, soprattutto, gli infortuni che nelle ultime 3 stagioni hanno colpito Durant e Westbrook.

Con le due stelle recuperata al 100% dagli infortuni l’obbiettivo è, come sempre da 7 anni a questa parte, puntare al bersaglio grosso, il titolo NBA.

Westbrook e Durant sono l’alfa e l’omega dei Thunder. Sono il loro “sistema” e il loro più grande patrimonio. A prendersi cura di tale patrimonio in estate è stato chiamato Billy Donovan, uno dei coach più quotati e vincenti del college basket, al posto di Scott Brooks.

A primo impatto si potrebbe dire che non è cambiato nulla rispetto alla gestione Brooks. In realtà i Thunder sono in piena metamorfosi, come è giusto che sia per una squadra e per un “core” che cambia per la prima volta allenatore e filosofia di gioco dopo 6 stagioni e mezzo.

Il tanto acclamato “Spread Pick & Offense” che si porta in dote Donovan e che nei piani avrebbe dovuto cambiare l’approccio offensivo dei Thunder è ancora agli albori del proprio sviluppo e si scontra con il materiale tecnico e umano che l’ex coach dei Gators ha a disposizione.

Tuttavia sono la seconda squadra NBA dietro agli inarrivabili Warriors per OffRtg con 108.9 punti per 100 possessi, la terza miglior squadra della lega per eFG% (Effective Field Goal) e %TS (True Shooting).

I Thunder non sono belli da vedere, ma sono estremamente pragmatici: si passano poco il pallone, appena 263.8 volte di media (ultimi della lega) e tutto ciò non gli preclude la possibilità di essere tra le squadre più efficienti della NBA in quasi ogni tipologia di tiro che si prendono.

Questo per dire la mancanza di “ball movement” nel loro attacco non è necessariamente negativo perchè massimizzano in altro modo i propri punti di forza come dimostra il rapporto assist/passaggi che li classifica dietro solo ai Warriors e Kings.

D’altronde se hai a disposizione Russell Westbrook e Kevin Durant non puoi imbrigliargli in un sistema offensivo fatto di circolazione di palla, ma gli devi mettere a disposizione risorse e spazi a discapito della circolazione di palla.

L’attacco dei Thunder è principalmente basato sulla loro capacità di giocare il pick & roll centrale e sul ventaglio di opzioni che ne deriva. Il loro peso specifico nell’attacco dei Thunder è incommensurabile, hanno un USG% (ovvero la percentuale dei possessi offensivi di un giocatore sul totale di squadra) combinato del 60%. Westbrook si produce da se il 78.9% dei propri tiri, Durant riceve su assist (il 75% delle volte da parte di Westbrook) solo il 45% dei propri canestri. I compagni vivono del continuo adeguamento delle difese sulle proprie star.

Quando pensiamo a Russell Westbrook spesso facciamo l’errore di considerarlo un giocatore da “campetto” per il modo istintivo e selvaggio con cui attacca. Ok, le sue prestazioni, anche quelle più memorabili, sono dense di sbavature. “Let Westbrook Be Westbrook” è un mantra che trova radici nella sua capacità di fare e disfare ma sempre con l’obbiettivo di fare il bene della squadra e questa è una cosa che non tutti capiscono e apprezzano. Nessun giocatore palla in mano muove le difese NBA quanto lui. Sono in pochi i giocatore che possono stargli davanti quando punta il canestro, può solo fermarlo di squadra ed è qui che innesca i compagni.

Inoltre è spesso accusato di essere egoista ma le sue doti di passatore passano inosservate per il volume di gioco che macina e per le responsabilità che ha nell’attacco dei Thunder. Un quinto dei passaggi totali a partita dei Thunder arriva dalle sue mani e produce quasi 24 punti di squadra con i suoi assist, il terzo più alto della lega.

Kevin Durant è invece uno dei migliori “finisher” del pianeta, con movimenti felpati, range di tiro illimitato e un arsenale offensivo completo.

La "Torta" dei tiri dal campo di Kevin Durant

La “Torta” dei tiri dal campo di Kevin Durant generata da NBA Savant.

Può tirare dal palleggio, può giocare in post, può mettere palla a terra e finire al ferro, tirare su scarico o segnare in contropiede. In ogni ambito realizzativo è tra i giocatori più efficaci della lega: tira il 48% dal midrange (con la sua mole di tiro, indiscutibilmente il migliore della lega), segna con il 70% in vernice, in “catch & shoot” ha un 61% di eFG% e un sontuoso 40% da tre punti.

C’è chi sostiene che entrambi assieme in campo non possano coesistere e debbano scendere a compromessi per liberare il proprio talento. Nulla di più sbagliato.

Le "Heat Map" di Westbrook e Durant generate da NBA Savant

Le “Heat Map” di Westbrook e Durant generate da NBA Savant

Certo, senza l’uno, l’altro avrebbe più possessi, più tiri, più responsabilità ma anche più attenzioni delle difese e minori spazi per agire.

Quando sono in campo assieme l’OffRtg tocca i 113 punti per 100 possessi, quando uno dei due è a sedere nella migliore delle ipotesi il NetRtg scende di 10 punti per 100 possessi.

PROBLEMI DI LINEUP

Il vero compromesso a cui deve scendere a patti Donovan è chi mettergli attorno. Gli ingredienti per una ricetta fantastica ci sono, ora c’è la trovare le dosi giuste: il quintetto titolare composto da Westbrook/Roberson/Durant/Ibaka/Adams è ovviamente il più usato e quello che offre maggiori garanzie in attacco e in difesa.

Togliendo Roberson ed inserendo Waiters, l’efficacia dell’attacco rimane pressochè invariata ma peggiora di 8 punti per 100 possessi il DefRtg. Togliendo anche Adams per inserire Kanter aumenta di 18 punti per 100 possessi il rating offensivo ma cala di 22 punti per 100 possessi l’efficacia in difesa.

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Queste 3 sono le lineup più usate da coach Donovan, quelle di cui si fida e che gli offrono maggiori garanzie. Tutti e 3 i quintetti hanno il minimo comun denominatore di due lunghi in campo contemporaneamente.

I quintetti tattici con Durant da 4, che nell’era Brooks erano molto frequenti, sono una parte irrilevante del piano partita di Donovan.

La conformazione del roster dei Thunder non da a Donovan molta scelta: la mancanza di un esterno che apra il campo e morda in difesa non permette di spostare in ala forte Durant tanto quanto vorrebbe il coach e la contestuale presenza di 3 lunghi con caratteristiche tanto spiccate e peculiari come Adams, Kanter e Ibaka sono armi da sfruttare a proprio vantaggio anche in una NBA che si muove in direzione contraria.

In più, i quintetti con Durant da ala forte non vanno particolarmente bene: La lineup con Wesbrook in play, Waiter e Roberson negli angoli, Ibaka a portare i blocchi e Durant da 4 produce un NetRtg di -8.4, invece quello che sulla carta dovrebbe essere il quintetto più equilibrato, ovvero Westbrook, Waiters, Singler, Durant, Ibaka, è invece il peggiore in assoluto, con un -27.5 di NetRtg

L’unico quintetto “piccolo” dei Thunder che funziona è quello messo in campo per 38 partite in 18 gare, composto da Westbrook, Waiters, Morrow, Durant e Ibaka. Con questa lineup in campo i Thunder raggiungono quota 140 di OffRtg e “scendono” sotto i 100 punti per possesso nel DefRtg. E’ il quintetto iperstrategico che permette di alzare il pace di gioco, produce una eFG% del 65% e una TS% del 75% e probabilmente verrà usato massicciamente ai Playoff.

Per Donovan è una coperta corta: se nei finali tiene in campo Adams o Roberson, le spaziature offensive sono compromesse, se tiene in campo Waiters o Kanter è la parte difensiva ad essere compromessa. Il quintetto con Durant da 4 è condizionato dalla presenza in campo di almeno due esterni capaci di aprire il campo e reggere dietro, ed è sempre un terno al lotto.

IL TASSELLO MANCANTE

Tutto ciò ci porta al vero punto focale della questione ed al pezzo mancante del puzzle: Ai Thunder manca il “3&D”.

Il “3&D” è il gregario iperspecializzato, l’esterno che apre il campo in attacco con il suo tiro da tre ed è contestualmente il migliore, o uno dei migliori, difensori della squadra.

I Thunder in questo delicato ruolo hanno una staffetta di 5 nomi: Andre Roberson, Dion Waiters, Randy Foye, Kyle Singler e Anthony Morrow.

3D

Andre Roberson è il preferito di coach Donovan perchè è il miglior “D” perimetrale della squadra – con lui in campo i Thunder guadagnano 3 punti su 100 possessi di DefRtg senza perdere efficacia in attacco – ma il suo tiro è molto al di sotto degli standard, come indicato dal 26% da tre punti che però migliora in un 33% nelle corner threes da dove si prende il 75% delle conclusioni dall’arco (nelle restanti zone “vanta” un 2/20 complessivo).

Dion Waiters, che in questi giorni sta vivendo il lutto del fratello ucciso in una sparatoria a Philadelphia, non è ne un “3” ne un “D”: è un volume shooter le cui scelte di tiro sono spesso rivedibili e si trasformano ancora più spesso nei cosiddetti “long two” dal palleggio contestati, (il 36% del suo attacco e composto da palleggio-arresto-tiro, appena il 28% da tiro su scarico) ed in difesa – per taglia fisica e predisposizione – non è assolutamente uno stopper nonostante a inizio stagione sia stato spesso determinante in alcune vittorie dei Thunder. Il suo ruolo ideale in realtà sarebbe di sesto uomo, il guastatore in uscita dalla panchina per portare quel pizzico di pazzia e imprevedibilità con la second unit, ma la sua affidabilità è sempre un enorme punto interrogativo per coach Donovan e compagni.

Randy Foye è arrivato sulla trade deadline dai Nuggets e sta ancora facendo fatica a trovare il proprio posto nelle rotazioni. E’ – ma dai numeri che sta collezionando a Oklahoma City, ovvero il 26% da tre su 3 tentativi a sera, sembrerebbe più “era” – un discreto tiratore perimetrale ma è anche una tragedia in difsa che con lui in campo precipita a un 112 di DefRtg, il peggiore di squadra non includendo gli appena 66 minuti su 19 gare giocati da Mitch McGary.

Quelle che doveva essere il “fit” ideale al fianco di Westbrook e Durant sul perimetro era Kyle Singler, un giocatore tecnicamente e tatticamente molto ordinato, conscio dei suoi limiti, uomo squadra da antologia, arrivato sulla trade deadline dello scorso anno e ritenuto il giocatore in grado di far fare il salto di qualità al quintetto dei Thunder. Nei suoi 3 anni di carriera NBA a Detroit ha flirtato con il 40% da tre punti, e dall’alto dei suoi 203 cm avrebbe la struttura fisica ideale abbinata a un intelligenza cestistica di alto livello per farsi valere in difesa. Invece a Oklahoma City si è involuto talmente tanto da diventare un disastro su ambo i lati del campo: tira con il 31% da tre, i Thunder senza di lui in campo guadagnano 7 punti per 100 possessi in attacco e perdono 2 punti per 100 possessi in difesa e conseguentemente ha perso il posto nelle rotazioni.

Anthony Morrow è un tiratore pazzesco, uno da quasi 40% da 3 in stagione e 43% in carriera, ma è forse il peggior difensore dell’intero roster. La sua presenza in campo va centellinata per motivi di ordine difensivo e tattico: un giocatore del genere solitamente è più utile in un ottica di aggiustamento chiave nei playoff che in regular season. Ma la sua presenza in campo azzoppa pesantemente in difesa il quintetto in caso di scontro in Semifinale di Conference contro gli Spurs e o Finali di Conference contro i Warriors.

IL “CLUTCH TIME”

Poco più di una settimana fa abbiamo assistito a una delle più belle partite di regular season di sempre, sicuramente la più bella di questa stagione, Thunder vs Warriors decisa all’overtime dal canestro folle da quasi metà campo di Steph Curry. In quella gara i Thunder dilapidarono 12 punti di vantaggio a metà quarto periodo, ed a 14 secondi dalla fine erano ancora avanti di 4 punti prima del collasso dovuto a una sanguinosa palla persa e un fallo commesso quasi sulla sirena di Kevin Durant che poi ha portato la gara al supplementare.

Due giorni, i Thunder marciavano spediti contro i Clippers, con un vantaggio in doppia cifra nel quarto periodo, salvo subire un parziale di 22-3 collassando nuovamente. Anche domenica scorsa a Milwaukee hanno rischiato di perdere una partita già vinta facendosi rimontare nel terzo e quarto periodo con un parziale di 24-5.

La mancanza di killer instinct ed i finali di partita sono un enorme problema per i Thunder.

Il problema non è tanto nel loro stile di gioco “star-oriented” quanto in un fattore poco quantificabile a livello di numeri, ovvero il cosiddetto “effort”.

E questa scarsa propensione al sacrificio, al giocare insieme, al restare con la testa e con le gambe attaccate alle partite – specialmente nei finali, senza inerzia o a seguito di una rimonta subita –  risulta essere nociva.

In attacco calano drasticamente le percentuali, -4% da due punti, -10% da tre punti e la tipologia di tiri: aumentano esponenzialmente i tiri dal midrange (+8%), calano gli open shot da tre punti (-5%), spariscono i punti in vernice (-15%), ma soprattutto aumentano (15%) i canestri non assistiti: in una parola sola, “hero-ball”, di quel tipo che nella NBA è spesso deleterio.

Con un attacco che fa fatica a reggere l’urto e la pressione di una partita in bilico, ne risente anche e soprattutto la difesa: tra le squadra in odore di playoff, i Thunder sono i peggiori in DefRtg (115.2 punti per 100 possessi) nei finali di partita quando il punteggio è in bilico entro i 5 minuti finali dei gara, i peggiori in assoluto per quanto riguarda le contender.

E’ una cosa nota dalle categorie UISP fino a massimi livelli che muovere le gambe in difesa dopo aver perso un pallone e sparato a salve in attacco è più difficoltoso, staccare la testa e mettere meno intensità in difesa diventa quasi naturale, ed i Thunder su questo aspetto hanno molto da lavorare.

UN FINALE DI STAGIONE CRUCIALE PER IL FUTURO

Sono anni che parliamo dei Thunder come una contender per il titolo NBA e la loro finestra temporale per giocarsi il titolo è ancora spalancata: hanno saputo rinnovarsi dopo aver perso alcuni pezzi pregiati, hanno saputo svecchiarsi puntando sul talento fresco e sul potenziale dei propri giocatori, Westbrook e Durant sono ancora nel loro “prime” ed il core è solido.

I Thunder sono da corsa, hanno dimostrato di essere l’unica squadra in grado di mettere realmente paura ai Warriors, al momento sono tra le prime 4 forze ad ovest, e se la possono giocare contro chiunque.

Ma a fine anno Kevin Durant sarà Free Agent, mezza NBA si sta già muovendo per liberare cap e offrigli il massimo garantito e l’ennesimo boccone amaro ai Playoff NBA potrebbe spingerlo lontano da Oklahoma City. O potrebbe prendere in ostaggio la franchigia rinnovando per un solo anno, decidendo di sondare il mercato dei Free Agent assieme a Russell Westbrook in scandeza nel 2017, spingendo Sam Presti e il suo staff a fare scelte avventate e distruggere quanto di buono hanno costruito con il tempo e la pazienza.

Kevin Durant e Russell Westbrook avranno ancora pazienza? Un motivo in più per seguire la loro (ultima?) corsa verso il titolo NBA.