E’ una serie estremamente interessante quella tra Thunder e Clippers. L’equilibrio fino ad ora l’ha fatta da padrone, regalandoci dimostrazioni di talento indiscutibili. Dopo la sconfitta in gara-1, KD ha chiarito nelle due gare successive il perché sia stato premiato come MVP della regular season, con un atteggiamento in campo da vero leader ma, soprattutto, non è mai stato lasciato solo da Westbrook. I due hanno realizzato l’esatto 50% dei punti totali di OKC e il loro impatto è stato, ancora una volta, devastante. In casa Clippers, invece, prova molto convincente di Griffin, protagonista di un duello molto fisico con Ibaka. Avevamo detto, dopo gara-1, che CP3 non avrebbe tenuto quel rendimento per tutta la serie, ma c’è anche da dire che il suo standard di gioco rimane sempre alto, se si esclude la prima parte di gara-2 dove ha sofferto maledettamente Westbrook in termini di impatto e di falli. Oklahoma ha restituito a Los Angeles la sconfitta della prima sfida davanti al suo pubblico, ma non è da considerarsi un’utopia un pareggio in gara-4 allo Staples Center.

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Durant e Westbrook, dominatori di gara-3

Nonostante il k.o., Crawford dimostra che il premio di Sesto Uomo dell’anno gli calza, per un’altra volta, a pennello, contribuendo alla causa con 20 punti in 25 minuti, anche se le percentuali al tiro sono state al di sotto delle sue ultime apparizioni. Fondamentale l’apporto delle panchine, fattore che assumerà ancora più importanza nelle prossime gare, a maggior ragione potendo contare su elementi di qualità da entrambe le parti.

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Durant e Westbrook. Bisognerebbe trattarli separatamente, ma quando giocano con questa intensità e questa efficacia nella metà campo offensiva, per gli avversari diventa veramente dura portare a casa un risultato positivo. 36 punti, 8 rimbalzi e 6 assist per KD. 23 punti, 13 assist e 8 rimbalzi per Wes. Sono dati che non necessitano di un commento, oltre alla già citata osservazione dei 59 punti in due sui complessivi 118 di squadra. Ci sono momenti, e non sono pochi, in cui viene manifestata un’onnipotenza cestistica con pochi eguali nell’intera Lega. Se non perderanno la testa, come in gara-1, e saranno in grado di essere aiutati dai compagni, saranno in grado di fare più che bene, anche se la strada è ancora lunga e piena di insidie.

Griffin. Sta dimostrando di valere molto anche sotto i riflettori dei playoffs, cosa che ci si auspicava ma sulla quale non tutti scommettevano. 34 punti, 8 rimbalzi, 5 assist e 3 stoppate. L’accoppiata con DeAndre Jordan non è la migliore dell’NBA, ma senz’ombra di dubbio è una delle più efficaci in circolazione. Duello molto fisico e molto intenso con Ibaka, tanto da uscire dal campo con il naso gonfio e sanguinante, ma si può dire che ci si aspetterà lo stesso nelle prossime gare, senza esclusione di colpi. Gioca 42 minuti e tira dal campo con un 13/22. Se la qualità verrà mantenuta così alta, coach Rivers potrà guardare alle prossime apparizioni con ottimismo e fiducia.

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Jamal Crawford, Sesto Uomo dell’anno

Sixth Man of the year. L’ha vinto ancora lui, come 4 anni fa. Poter scendere in campo sapendo di aver la possibilità di contare su di un impatto così grande da chi si alza dalla panchina è decisamente una rarità. In 57 l’hanno votato come preferito per la vittoria del premio, davanti a Taj Gibson (49) e Manu Ginobili (9). Non tira benissimo in gara-3, ma riesce a segnare 20 punti in 25 minuti. In stagione regolare ha tenuto una media di 18.6 punti ad allacciata in 30 minuti di impiego, ma soprattutto ha saputo tenere alto il valore del reparto guardie quando Paul si è preso qualche minuto per rifiatare. Nei playoffs il suo minutaggio è sceso ma la qualità del gioco espresso non ne ha risentito. Scusate se è poco.

 

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Panchina Clippers. Escluso Crawford, l’impatto della panchina di Los Angeles non è all’altezza della situazione. A maggior ragione in un match in cui le riserve avversarie hanno saputo contribuire alla causa in maniera convincente, con 14 punti a testa per Jackson e Butler. Non si può dire che elementi come Granger, Davis, Collison e Dudley non siano potenzialmente decisivi, anzi. In termini di qualità, la panchina dei Clippers non ha nulla da invidiare a nessun’altra franchigia, ma affidarsi sempre all’impatto esplosivo di Crawford potrebbe essere rischioso nelle prossime gare. Non ci si aspetta di vedere il Danny Granger che dominava le partite ad Indiana, ma nemmeno questa versione, somigliante ad un lontano cugino con un decimo del talento del prodotto di Bradley e New Mexico.

Sefolosha e Perkins. Sarà anche ripetitivo farlo presente ogni volta, ma il tabellino parla chiaro. 4 punti per Perkins, 1 punto solo per Sefolosha. E uno può pensare: “Ma finchè KD e Wes giocano così, cosa ci importa del tabellino degli altri?”. E invece conta. O, per lo meno, dovrebbe contare per una squadra che in fondo ci vuole arrivare per davvero. Il loro mancato apporto di punti si può dire che sia stato coperto da chi si è alzato dalla panchina e dal trio Westbrook-Ibaka-Durant, ma per far sì che il salto di qualità avvenga è necessario che anche loro due comincino ad interpretare le gare più da protagonisti che da semplice comparse.

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JJ Redick, sottotono rispetto a gara-2

Redick. Davvero convincente l’interpretazione di gara-2, nettamente in ombra in gara-3. Forse coach Rivers preferirebbe avere un giocatore che, al posto di segnare 20 punti in una partita e 5 in quella successiva, sia in grado di avere un rendimento costante ed incisivo. Poca precisione al tiro, statistica che stona un po’ viste le qualità del giocatore. Ci si aspetta che si faccia perdonare davanti al suo pubblico in occasione di gara-4 e che dimostri che quello visto in gara-2 non è stata un’eccezione ma un rendimento che può essere riproposto per poter essere un degno compagno di reparto di CP3.