Derrick Rose (photo Jonathan Daniel/Getty Images)

Derrick Rose (photo Jonathan Daniel/Getty Images)

La notizia ha colpito molti addetti ai lavori, tifosi, compagni e avversari, comunque concordi nel dimostrargli sostegno e vicinanza in un altro periodo marchiato dalla sfortuna. Il nuovo infortunio che ha chiuso ancora una volta in anticipo la stagione di Derrick Rose, operato con successo per riparare la lesione al menisco mediale del ginocchio destro, non poteva passare inosservato, per l’importanza del giocatore, per la sua storia recente macchiata da un grave guaio all’altro ginocchio e per le conseguenze che può avere sui Chicago Bulls, sul resto della Eastern Conference e, in seconda battuta, dell’intera lega.

I Bulls sono in serie aperta di quattro sconfitte: la prima sul campo dei Nuggets è stata l’ultima gara completa disputata da Rose che si è poi fatto male a Portland, agevolando – suo malgrado – la rimonta vincente dei lanciatissimi Blazers. Molto più preoccupante la batosta incassata allo Staples Center in versione Clippers, un gelidissimo -39 che ha mostrato quanto la squadra di Thibodeau – complice anche l’assenza di Butler – possa essere corta nelle rotazioni e soprattutto incapace con un quintetto poco atletico, per la presenza contemporanea di Hinrich, Dunleavy e Boozer, di arginare la navigazione in mare aperto dei Velieri coordinati dall’illuminante Chris Paul. Maggiore resistenza si è vista invece a Salt Lake City, ma la scarsa lucidità nel finale che è costata la sconfitta nell’overtime contro una squadra che viaggiava a 1-14 di record non può essere troppo incoraggiante. La situazione non è semplice, perché le risorse in panchina sono modeste, considerato che due giovani come Teague e Snell paiono ancora lontani dal poter diventare elementi di impatto. Con l’assenza di Rose già sono partiti i primi rumors che vedrebbero la dirigenza attiva sul mercato per cedere Deng. Difficile, però, perché una Eastern Conference senza padroni definiti dal 3° posto in giù potrebbe convincere a rimandare al futuro ogni ricostruzione. E Thibodeau ha già dimostrato di un essere un ottimo coach anche nelle difficoltà.

Roy Hibbert (photo Getty Images)

Roy Hibbert (photo Getty Images)

L’assenza del numero 1 rischia davvero di spianare la corsa al titolo della Central Division ai fenomenali Pacers, che pure hanno perso l’imbattibilità durata per le prime 9 partite proprio a Chicago, nella miglior prova stagionale fino a questo punto dei Bulls, ma hanno reagito da grande squadra riprendendo la corsa con altre 4 vittorie che hanno portato il record ad un sontuoso 13-1. Non un calendario impossibile per iniziare la stagione, dato che solo tre vittorie sono arrivate con squadre che viaggiano almeno al 50% di successi, però Indiana gioca con fiducia, 13 volte su 14 ha tenuto gli avversari sotto i 100 punti, ha un Paul George a livelli da MVP stagionale, un Lance Stephenson che ha già piazzato due triple-doppie e un Roy Hibbert che 7 volte ha rifilato almeno 5 stoppate. Ed è l’unica squadra nella NBA che continua a concedere meno del 40% dal campo, una cifra pazzesca che dimostra la capacità di tenere sempre alta la pressione sulla palla e di rendere difficile ogni incursione verso il pitturato.

I Pacers hanno portato il loro vantaggio sui Bulls a 6.5 lunghezze, un margine che diventa ancora più rassicurante nei confronti del resto della concorrenza divisionale. Detroit è 4-3 nelle ultime 7, dimostrando di aver saputo reagire alla doppia sconfitta in 48 ore contro gli Hawks mettendo in cassaforte due W convincenti contro Brooklyn e Milwaukee. Le prime sfide di Josh Smith contro la sua ex squadra non sono state facili, soprattutto la seconda in cui è stato tenuto fuori dal quintetto per la prima volta in otto anni, a causa di una misura disciplinare adottata da coach Cheeks che lo ha punito per aver saltato un allenamento per rimanere ad Atlanta al fianco del padre malato. Una mossa non gradita dal giocatore, colpevole di non aver avvisato, che ha finito con 0/7 in 20 minuti e un atteggiamento vistosamente infastidito. Intanto nella rotazione si è inserito anche il rientrante Villanueva, a discapito di Gigi Datome, che nelle ultime 7 partite solo una volta ha superato i 10 minuti ed in un paio di occasioni è sempre rimasto a guardare. Gli equilibri dei Pistons sono ancora instabili, visto che nella Motown hanno la peggior difesa per percentuale concessa e avrebbero bisogno di più pericolosità al tiro da tre (ultimi anche qui, sotto al 30%), ma almeno hanno il talento e la fisicità per vincere qualche partita in attacco, al contrario di quanto sta accadendo a Cleveland e Milwaukee.

Ma se nel Wisconsin le difficoltà erano prevedibili e il conteggio delle sconfitte in fila dice 9 (molto preoccupante quella con i Bobcats), mentre le cose che non funzionano sono molte di più, i Cavs sono una delle maggiori delusioni di quest’avvio di stagione. L’inaccettabile 4-10 fotografa bene i limiti dell’atteggiamento di squadra, troppo spesso inadeguato per poter competere a questo livello. La situazione è piuttosto tesa, il rendimento ben al di sotto delle aspettative, ed anche un “players-only” meeting non pare aver risolto granché, anzi potrebbe aver accentuato qualche problema sul piano personale tra i giocatori. Dion Waiters, uno dei maggiori imputati, ha dovuto smentire pubblicamente che nell’occasione sia volato un pugno a Kyrie Irving, poi però visto in campo nelle successive partite con una maschera protettiva ed un occhio nero. Il gruppo è pieno di giovani, tra questi solo la prima scelta assoluta del 2011 ha già realmente trovato un minimo di stabilità, gli altri sono tutti alla ricerca di una posizione e di un’identità in questa lega. Considerati questi presupposti, sbloccarsi da un momento simile non è facile, anche perché non è tranquillizzante neppure la gestione tecnica di Mike Brown, che sta mostrando i consueti limiti di costruzione di un sistema offensivo adeguato alle caratteristiche dei giocatori e più vario del “palla a Kyrie” nei finali. Il -30 incassato a San Antonio può essere la scossa da cui ripartire, potendo contare quantomeno sui continui miglioramenti di Bynum, in quintetto per la prima volta in stagione in entrambe le gare di un back-to-back, in cui ha prodotto 8 e 16 punti.

HOT – Paul George sta giocando a livelli stratosferici. Carattere, fiducia, attacca il canestro, tira da fuori, difende, è un giocatore di grande completezza, che sta emergendo ancora con grande forza. I Pacers giocano e vincono di squadra, ma nel loro splendido inizio c’è molto di suo: 24.3 punti, 6.4 rimbalzi, 3.2 assist, 1.9 recuperi, 47.4% al tiro.

NOT – Dion Waiters è una delle scelte misteriose dei Cavs negli ultimi draft (non infieriamo per il momento su Bennett, che pareva destinato addirittura alla D-League, ma è arrivata la smentita). Buon attaccante, ma troppo innamorato del proprio gioco e soprattutto del proprio tiro, da cui dipende anche in termini di impegno difensivo. Deve ancora imparare a giocare con e per la squadra, ad attaccare di più il ferro e a smettere di fermare la circolazione: Brown gli ha preferito Dellavedova in quintetto nelle ultime due, Dion ha risposto bene. Ma ancora non basta.

ON-FIRE – A Detroit stanno trovando un’ottima spinta dalla panchina da Rodney Stuckey: nelle ultime 7, 18.9 punti col 53.6% dal campo in 30 minuti per il nativo di Seattle.

NUMBERS – I Pacers hanno scritto i nuovi record di franchigia come miglior partenza complessiva (13-1) e nelle partite in casa (8-0).

INJURIES – Detto di Rose che ha chiuso la stagione, sono invece sulla via del rientro nei prossimi giorni Butler a Chicago e Billups a Detroit. Sarà fuori almeno fino ad inizio dicembre l’ancora difensiva dei Bucks, Larry Sanders, da valutare invece la situazione di Danny Granger che i Pacers potrebbero comunque ritrovare a breve.