Novembre 2012, Brooklyn. I Toronto Raptors hanno l’onore di essere la prima rivale dei Brooklyn Nets nel giorno dell’esordio dello splendido Barclays Center. Una gara vinta dai padroni di casa, con prestazioni altalenanti da parte dei Raptors, a partire da un Andrea Bargnani in scarsa forma, limitato dai problemi fisici che lo avrebbero poi afflitto durante tutta la stagione. La falsariga di quella gara è stata fondamentalmente quella di tutta la stagione, sia per le poche note positive ma non troppo (DeRozan e Lowry su tutti) sia per quanto riguarda il nostro connazionale. Coach Casey ha guidato la squadra ad un record che alcuni ad inizio stagione pronosticavano migliore, ma 34-48 potrebbe anche rappresentare un nuovo inizio considerando i cambiamenti incorsi durante la stagione e soprattutto pensando a quello che di buono si è cercato di fare durante l’offseason.

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Un timeout di coach Dwane Casey (Usa Today Photo)

L’estate dei Raptors è dunque iniziata prestissimo, possiamo dire già a febbraio, quando Rudy Gay si è unito al gruppo. La trade per avere Gay dai Memphis Grizzlies ha comportato il sacrificio di Ed Davis e Jose Calderon, ed ha certamente rappresentato un netto miglioramento rispetto alle premesse iniziali. I nuovi innesti dal draft, Terrence Ross e Quincy Acy, hanno dato qualche piccolo segno di vita (ma nel caso di Ross si potrebbe fare meglio visti i soli 6 punti a partita di media e le potenzialità del ragazzo), cosi come i Raptors, che dopo esser partiti 16-30, hanno chiuso la stagione con un record di 18-18 (dall’arrivo di Gay), per mancare la postseason di sole 4 vittorie.

Non bisogna certo lasciarsi fuorviare dall’appena accettabile finale di stagione, ma le mosse che ne sono seguite fanno ben sperare i tifosi dell’Ontario. La prima è l’addio, o meglio la cacciata, di Bryan Colangelo, il tanto criticato general manager che aveva scelto Bargnani al numero 1 del draft del 2006. Nonostante gli ottimi innesti di Kyle Lowry e Rudy Gay il GM era ormai faticosamente accettato dalla proprietà e la sensazione che fosse al capolinea aleggiava da parecchio tempo. Il nuovo “capo” del mercato dei Raptors è l’executive of the year in carica, Masai Ujiri, che come primo compito aveva, o meglio avrebbe avuto, la preparazione al draft, ma i Raptors non hanno potuto chiamare alcun giocatore avendo ceduto le proprie scelte nelle trade Lowry e Gay.

La sola presenza di Ujiri fa di Toronto uno dei migliori front office della lega, ad oggi. E la conferma arriva subito, dato che per prima cosa (la mossa era attesa da parecchio tempo, se non da anni) riesce a disfarsi dello scomodo contratto di Andrea Bargnani, che mai ha contribuito alla causa come una prima scelta assoluta al draft dovrebbe fare. Steve Novak e Quentin Richardson sono i due nuovi arrivi dalla trade con New York, dove il romano è atterrato per cominciare daccapo in una nuova città. A questo punto il più grosso punto interrogativo era già stato accantonato da Ujiri, che da lì in poi si è trovato di fronte all’ordinaria amministrazione, sempre se si può parlare di ordinario in una franchigia che ha bisogno di risparmiare e di rafforzarsi, specialmente sotto canestro e nel tiro da fuori, nello stesso tempo. Con l’innesto di Tyler Hansbrough da Indiana, quello di Austin Daye (potenzialmente buono ma sempre troppo inconsistente), senza contare l’aggiunta già menzionata di Steve Novak e il taglio con l’amnesty clause di Linas Kleiza, si è proprio lavorato in questo senso.

Le buone notizie sono arrivate anche da Las Vegas, esattamente dalla Summer League disputatasi ad inizio Luglio, dove il lituano Valanciunas si è messo in luce meritandosi il premio di MVP della competizione, dopo aver registrato 18.8 punti e 10 rimbalzi a partita. Il ventunenne sarà uno dei perni principali su cui si baseranno le sorti dei Toronto Raptors, che mostreranno gioventù e voglia di mettersi in mostra nella stagione che inizierà contro i Boston Celtics il 30 ottobre all’AirCanada Centre.

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Rudy Gay e DeMar DeRozan (Usa Today Photo)

Ma come si presenteranno i Toronto Raptors a quell’appuntamento? Si potrebbe dire che il quintetto è rimasto intatto rispetto all’anno scorso, con la sola importante eccezione di Andrea Bargnani, che però aveva calcato il parquet in soltanto 35 delle 82 gare di stagione regolare. Dal momento in cui è stato annunciato il suo definitivo stop i Raptors hanno sostanzialmente giocato con lo starting five che vedremo contro i Celtics a fine Ottobre. In cabina di regia c’è Kyle Lowry, che viene da una stagione non fra le migliori della sua carriera, con gli infortuni che gli hanno impedito di giocare in 14 gare, ma che rappresenta un pezzo fondamentale nella crescita della squadra e sul quale i Raptors hanno puntato molto per cercare di abbandonare la mediocrità nella quale questa squadra si trova ormai da anni. Importante in questo senso esattamente come il tiro dalla media e da fuori di DeMar DeRozan e di Rudy Gay, che insieme a Lowry formano i 3/5 esplosivi di uno starting five che può contare anche su Amir Johnson, ormai promosso titolare inamovibile e sul già citato Jonas Valanciunas, che con il passare del tempo è sempre più a suo agio nell’ambiente e soprattutto sotto canestro, dove, più la stagione è andata avanti, più è diventato una presenza scomoda per i lunghi rivali.

La panchina invece è quella che ancora lascia qualche dubbio, anche se si è fatto moltissimo per migliorarne la produttività. Oltre all’affidabilità di Landry Fields e Aaron Gray rimasta intatta dal mercato e rimanendo sempre nella speranza di vedere cose migliori da Terrence Ross, la presenza dei già citati Novak, Hansborugh e Daye e non ultimo di DJ Augustin come backup di Lowry, può rappresentare qualcosa di meglio rispetto ai tribolati anni passati. Si può ben notare come i cambiamenti non sono stati eccessivi per Toronto in questa offseason, anzi. Ma nonostante questo, l’estate per la dirigenza targata Maple Leaf Sports & Entertainment (la firm proprietaria dei Raptors) viene considerata comunque molto positiva, con la sensazione che sia iniziata una nuova era, con più fiducia in chi gestisce il mercato (e non potrebbe essere altrimenti passando da Colangelo all’ottimo Ujiri) e nei giocatori.

Non importa che il talento più cristallino del prossimo draft sia canadese e abbia detto di voler giocare per l’unica squadra canadese della NBA, ma questo roster è in grado di dare fastidio a tutte le squadre della Eastern Conference, ed è pronosticata come una delle pretendenti all’ottavo e ultimo posto disponibile per la prossima postseason. Il draft, il tanking e Andrew Wiggins possono aspettare.