La delusione di Kevin Love  (foto: Getty Images)

La delusione di Kevin Love (foto: Getty Images)

La Stagione. Obiettivo playoff di nuovo fallito per i Timberwolves, che si presentavano a inizio stagione con legittime ambizioni di post season. Con un Love ormai all’apice della maturità cestistica affiancato dal solido Pekovic ed una batteria di esterni variegata e di talento, sembrava esserci tutto per dare l’assalto ad una post season che manca a Minneapolis dai tempi di un altro Kevin, Garnett: era il 2004, con l’ala Mvp della regular season buttata fuori in finale di conference dai Lakers di Shaq e Kobe. Love, dopo l’infortunio che lo ha bloccato la scorsa stagione, è tornato a grandissimi livelli, ma vuoi gli infortuni di Pekovic e Martin (costretti a saltare rispettivamente 28 e 14 partite), vuoi l’involuzione di Shved, vuoi un Rubio che, alla prima stagione completa tra i pro dopo due annate piene di acciacchi, ha convinto solo a metà… Tutto ciò ha portato ad un record (40-42) che è comunque il migliore da tanti anni a questa parte e che a Est sarebbe bastato per entrare nelle prime otto. Non a Ovest, dove Minnesota ha chiuso come nona una stagione iniziata tutto sommato discretamente ma a ben 8 partite dai Suns, senza mai davvero sembrare di poter dare l’assalto alle franchigie più in alto.

MVP – Kevin Love. Se qualcuno aveva qualche dubbio sul suo rendimento dopo gli infortuni alla mano e al ginocchio che lo avevano tenuto a sole 18 partite giocate nel 2012/2013, si sarà probabilmente ricreduto. Annata al top per il nipote del cantante dei Beach Boys, chiusa con il massimo in carriera per punti segnati (26,1 di media) e, insospettabilmente per un giocatore tacciato spesso di troppo egoismo, assist smazzati (4,4 a sera) e con i comunque ottimi 12,5 rimbalzi strappati a partita. È ormai tra i top player di tutta la Lega, gli mancano i playoff per consacrarsi definitivamente.

Ricky Rubio, ci si aspetta qualcosa di più anche da lui

Ricky Rubio, ci si aspetta qualcosa di più anche da lui

La Sorpresa – Gorgui Dieng. È vero, è esploso solo nel finale di stagione quando ormai le partite dei Timberwolves contavano poco o niente. Ma il rookie senegalese da Louisville ha mostrato di possedere le caratteristiche che mancavano al pacchetto lunghi di Minnesota: atletismo, rimbalzi, attitudine difensiva. 4,8 punti e 5,0 rimbalzi in stagione, ma con un ultimo mese da 12,0 punti, 11,3 rimbalzi, sono la prova a sostegno di un giocatore troppo a lungo sottovalutato.

La delusione – Alexey Shved. Nel suo primo anno in NBA la guardia russa aveva fatto stropicciare gli occhi allo staff dei Timberwolves, chiudendo una solida stagione da 8,6 e 3,7 assist in 24’ sul parquet, con anche 16 partenze in quintetto. L’arrivo di Kevin Martin e, pare, soprattutto la partenza dell’amico Kirilenko in direzione New York gli hanno creato più di un problema. Risultato: prestazioni negative in serie, cifre più che dimezzate (4,0 punti, 1,1 assist ed appena il 32% dal campo in 10’) e quel salto di qualità che tanto sarebbe servito a Minnesota rinviato.

Prospettive future. Tutto ruota intorno alle decisioni di Kevin Love sul suo futuro. La sua volontà, quando nel 2015 scadrà il suo contratto, è quella di uscirne per andarsene altrove. Per questo Minnesota sta valutando attentamente la possibilità di scambiarlo entro l’estate, in modo da non perderlo la prossima senza ricavarne nulla. A conti fatti, pare che più della metà delle franchigie NBA abbiano chiamato Minneapolis per prendere informazioni, anche se al momento non c’è nulla di definito. Se resterà, la squadra tenterà un nuovo assalto ai playoff cambiando poco o nulla, confidando in una buona pesca in un draft dove sceglierà alle numero 13 puntando, verosimilmente, su un 2-3 (Rodney Hood? Gary Harris?). Diversamente, sarà rivoluzione. Quel che è certo è che per Flip Saunders, presidente e proprietario di un pacchetto di minoranza della franchigia, tornerà in panchina. Basterà per convincere Love a restare?