DeMarcus Cousins (Foto: ngngsports.com)

DeMarcus Cousins (Foto: ngngsports.com)

La stagione 2012-13 dei Sacramento Kings verrà ricordata da tifosi e addetti ai lavori non tanto per quanto successo sul parquet, ma soprattutto per tutte le vicende burocratiche che hanno portato, il 17 maggio scorso, all’annuncio della definitiva cessione della franchigia da parte della famiglia Maloof al gruppo di imprenditori locali guidati da Vivek Ranadive. Ma riavvolgiamo il nastro e andiamo ad analizzare la stagione regolare della squadra californiana. 28 vittorie e 54 sconfitte per la squadra di coach Smart sono un bottino decisamente deludente (e infatti a fine anno con il cambio di proprietà è arrivato anche il benservito al coach), soprattutto se si considera che la miglior serie di vittorie consecutive è stata segnata tra il 5 e l’8 dicembre con le W conquistate contro Raptors, Magic e Blazers. I nero-viola sono risultati la sesta peggiore franchigia della stagione e, nonostante un roster fatto di grandi promesse, non hanno mai espresso un gioco che poteva considerarsi decente. I 105.1 punti concessi a sera agli avversari rendono i Kings la peggior squadra della Lega in questa statistica e rendono testimonianza di quanto sia stato facile battere Sacramento quest’anno. Anche se volessimo considerare solo il rendimento all’interno della Western Conference troveremmo i Kings in fondo alla graduatoria. Se poi anche quello che dovrebbe essere il tuo uomo franchigia (ovvero DeMarcus Cousins) durante l’anno ti crea più di un grattacapo allora non si può arrivare per niente al nodo della matassa. C’è bisogno di aggiungere altro per descrivere il fallimento della stagione dei Kings?

MVP. Trovare un MVP in questa franchigia, e in questa stagione, è compito quanto mai arduo. Se poi bisogna attribuire questo “riconoscimento” a uno che di MVP ha solo il talento è ancora più triste. Sì, perché il già citato DeMarcus Cousins dal punto di vista statistico è risultato il migliore dei suoi, portando a casa medie di 17.1 punti, 9.9 rimbalzi con un ottimo 73% dal campo, ma dal punto di vista dell’impegno, della leadership e della voglia di lottare per la maglia che si indossa è da collocare verso il fondo della classifica. Dottor Jekyll e mister Hyde se ce n’è uno, il centro dei Kings ha tutto per poter sfondare nell’NBA e diventare la superstar che il suo potenziale racchiude. Ma i neuroni non sembrano volersi mettere in moto e… il tempo passa.

Isaiah Thomas (Foto: fansided.com)

Isaiah Thomas (Foto: fansided.com)

La sorpresa. Avevamo già avuto modo di conoscerlo nello stupendo anno da rookie disputato la passata stagione, ma Isaiah Thomas ha trovato il modo di confermarsi anche al secondo anno nella Lega. Il 24enne da Washington University si è ritagliato uno spazio significativo nelle rotazioni fino a diventare il playmaker titolare, mettendosi alle spalle i vari Brooks e Fredette. Se si considera la stagione disgraziata si può dire che i quasi 14 punti di media sono da ritenersi più che ottimi. Deve però migliorare assolutamente il gioco per la squadra, perché al momento è un catalizzatore di possessi alla Nate Robinson (chissà perché, ma hanno anche la stessa statura) e in stagione ha smistato solamente 4 assist a gara. Troppo pochi per il vostro playmaker titolare (che infatti sembra esser già finito sul mercato).

La delusione. Difficile, anzi, impossibile puntare il dito su un singolo giocatore deludente in questa stagione disastrosa. Come detto prima, DeMarcus Cousins potrebbe tranquillamente incarnare sia l’MVP che la delusione della stagione, ma molti altri giocatori hanno reso meno di quanto ci si aspettasse da loro, a partire da un Tyreke Evans troppo alterno e con cifre in costante calo anno dopo anno (15,2 punti, 4,4 rimbalzi, 3,5 assist), fino ad arrivare all’evanescente John Salmons (8,8 punti e 3 assist e 8 milioni di dollari guadagnati quest’anno), passando per Jimmer Fredette, ancora in difficoltà di ambientamento al piano superiore (7,2 punti con il 42% dal campo), e Travis Outlaw, che fattura 5,3 punti a partita a fronte di un salario di 3 milioni di dollari all’anno, garantiti per altri due anni (non proprio noccioline).

Prospettive future. Con l’avvento di Ranadive il futuro dei Kings non potrà che essere migliore. Innanzitutto il nuovo proprietario (come da accordi) costruirà entro il 2017 la nuova arena per le gare interne della franchigia, ma soprattutto il restyling in dirigenza e nel coaching staff dovrebbe dare a questi Kings una nuova identità. Dopo l’allontanamento di coach Smart è arrivato Mike Malone, ex assistente di Mark Jackson ai Golden State Warriors. Di lui si dice un gran bene ed è per questo che la notizia del suo ingaggio è stata accolta come una manna dal cielo dal popolo di Sacramento. Cambierà anche il GM, con Chris Wallace dei Grizzlies favorito per il posto. A lui il compito di creare il roster dei Kings per la prossima stagione. Si deve ripartire da un Cousins maturo, da una buona pescata alla scelta nº 7 del draft di giugno e da qualche trattativa per dare un volto nuovo alla squadra (Evans, Thornton, Thomas e Thompson sono avvisati). Il nuovo ciclo dei Sacramento Kings è iniziato.

 

Amedeo Fine