Difficilmente il draft 2013 entrerà nella storia come uno dei più ricchi di talento. Ma, anche se il premio di miglior rookie della passata stagione è andato a Michael Carter-Williams, presto potrebbe essere etichettato come quello di Giannis Antetokounmpo.

Il giovane greco, 20 anni compiuti ieri, è l’elemento che più di altri ha mostrato lampi di classe purissima, attirando l’attenzione in modo da far pronosticare a molti un futuro da stella NBA. Lo ha fatto nell’anno da matricola, andando oltre ogni più rosea aspettativa – soprattutto per un elemento con la sua (limitata) esperienza di gioco – e lo sta confermando in quest’inizio stagione da sophomore, con i Milwaukee Bucks che in più stanno sorprendendo tutti in termini di risultati.

Giannis è di origini nigeriane, il cognome originale sarebbe Adetokunbo, il nome attuale deriva dal passaporto greco, tanto agognato e arrivato solo grazie al basket. Già, perché, arrivati dalla Nigeria nel 1992, gli Adetokunbo hanno vissuto clandestinamente per ben vent’anni a Sepolia, un quartiere di Atene. Charles e Veronica, i genitori, oltre a lavori saltuari, vendevano per strada oggetti come orologi, borse e scarpe. E, sin da piccoli, li hanno dovuti aiutare Giannis e il fratello maggiore Thanasis, che hanno fatto ben presto conoscenza con una vita difficile in una realtà spesso teatro anche di episodi di razzismo. Il Filathlitikos, che ha notato entrambi i fratelli, è stato il trampolino di lancio, per allontanarsi dalla povertà, prendere la cittadinanza greca e – a dispetto di un quadriennale inizialmente firmato col Saragozza – decollare direttamente dalla serie A2 del suo paese alla NBA.

L’umiltà e la simpatia di questo ragazzo hanno presto conquistato tutti, così come la sua storia, che ha colpito l’ambiente dei Bucks ma non solo. A Milwaukee ci hanno creduto, perché è potenzialmente un diamante unico, o quantomeno rarissimo, anche se certamente ancora da sgrezzare. Soprannominato “The Greek Freak”, è alto e sta ancora crescendo – dovrebbe arrivare a 2.13 –, fisicamente non è un centro ma ha le braccia lunghissime e può stoppare, in più la grandezza delle mani gli permette di avere un eccellente controllo di palla che, abbinato alle clamorose doti atletiche, lo rende in grado di giocare anche da esterno. Non è un tiratore naturale, ma potenzialmente può arrivare a fare quello che vuole. Difficile capire quanto ancora possa migliorare, qualcuno teme che possa rimanere un talento incompiuto. Ma la sua etica lavorativa è una garanzia: l’approccio al lavoro è impressionante e non potrebbe essere altrimenti per uno che – ricordando da dove è arrivato – vive tutto come un sogno.

E le sue origini non le ha mai dimenticate, limitando praticamente a nulla gli eccessi in una vita che innegabilmente per lui è cambiata. Basti pensare all’inizio della passata stagione, quando, un paio d’ore prima di una partita casalinga dei Bucks, si è fatto portare in taxi alla Western Union, la compagnia di trasferimento di denaro, per mandare i soldi disponibili alla famiglia in Grecia, salvo però rimanere senza neanche un dollaro. Non potendosi neanche pagare il taxi, è andato alla partita di corsa e solo il passaggio offertogli da una giovane coppia che lo ha riconosciuto lungo la strada gli ha accorciato (di poco) il percorso e permesso di arrivare in tempo. O ancora, quando ha venduto a prezzo di costo all’assistant coach Nick Van Exel la PlayStation 4, sentendosi colpevole di aver speso circa 400 dollari per acquistarla, considerate le difficoltà della famiglia a raggiungerlo negli States e rinviando al loro arrivo l’acquisto di una nuova console. O ancora, quando insieme al fratello Thanasis – scelto a fine 2° giro dell’ultimo draft dai Knicks e poi finito in D-League – in un ristorante di Philadelphia è rimasto impressionato a guardare il menù e, pur consapevole di poter prendere qualsiasi cosa, ha consumato solo un’insalata.

6.8 punti, 4.4 rimbalzi, 1.9 assist in 24.6 minuti, con 23 partenze in quintetto nell’anno da rookie, in questa stagione oscilla tra la “first” e la “second” unit ma dopo 21 presenze ha portato le cifre a 11.7 punti, 5.9 rimbalzi e 2.1 assist, salendo anche in percentuale dal campo (dal 41.4% al 47.4%) e dalla lunetta (dal 68.3% al 72.6%). Ha già ritoccato il proprio career-high, portandolo a 20 punti nella sconfitta con Washington, e piazzato un’eccellente doppia-doppia da 18+12 rimbalzi nella maratona dei tre overtime vinta a Brooklyn. “Non mi sorprende. Se sei destinato a diventare un buon giocatore NBA, i miglioramenti si vedono nei primi 2-3 anni” ha riconosciuto il coach dei Rockets, Kevin McHale, facendo eco ad un Jason Kidd, che vede talvolta Giannis anche da “point-forward” e di sicuro in grado di giocare in più ruoli, come quando gli ha chiesto per qualche minuto di marcare Andre Drummond: “Sta lavorando moltissimo e con l’esperienza sta migliorando nel prendere le decisioni”.

 

Qualche giorno fa è stato onorato dai Bucks, con la sua “bobblehead” consegnata ai primi 10 mila spettatori in arrivo al Bradley Center per la sfida contro Houston: “Non mi assomiglia molto. Sono più bello” ha commentato, aggiungendo poi, con la consueta umiltà, che “però è una bellissima emozione, ho sempre sognato di avere la mia bobblehead nella NBA”. Il sogno continua. In bocca al lupo, Giannis…