Rimanere senza il tuo giocatore migliore è un qualcosa che può destabilizzare molte squadre, se ti manca Stephen Curry può destabilizzarsi anche quella macchina perfetta chiamata Golden State Warriors. Quest’anno Steph è andato, a causa di vari problemi alle caviglie, a corrente alternata. L’inizio di stagione è a livelli da Mvp, poi uno stop di dodici partite a Dicembre, un altro di due partite a Gennaio e visto che non c’è il due senza il tre sei partite saltate prima di rientrare contro gli Hawks e farsi malei di nuovo stavolta al ginocchio. Dimenticavo, Golden State ha fuori: Kevin Durant, Klay Thompson e Draymond Green. Ma perché parliamo in questo modo? Nella partita citata prima contro i derelitti Atlanta Hawks, dopo aver segnato 29 punti in 25 minuti, Curry è in area e per sua (anche nostra) sfortuna JaVal McGee gli cade addosso, costringendo il ginocchio ad un movimento innaturale: distorsione. Steph in panchina è visibilmente arrabbiato e dolorante, forse nella sua mente sono riaffiorati i ricordi di quel ginocchio infortunato nel 2016 ai playoff contro Houston che poi lo condizionarono per tutto il resto della post-season. La diagnosi poi ufficializzata nella giornata successiva è di una distorsione di secondo grado al ginocchio destro, con tempi di recupero di almeno tre settimane; con la “paura” però che i playoff possano perdere un protagonista di questo livello. Senza Curry al 100% per Golden State sarà molto più difficile la sfida, prima probabile ma ora “solo” possibile in finale di Conference contro Houston. I Rockets si stanno dimostrando una realtà solida anche a livello difensivo, che già al netto di infortuni avrebbe potuto impensierire i campioni NBA in carica. Pensieri che sulla baia ora stanno diventando preoccupazioni, perché ovviamente Curry tornerà ma non si sa in che condizioni e in che momento della post-season. Ricordiamo sempre quel 2016 in cui Steph non giocò mai, dopo la distorsione subita sempre al ginocchio al primo turno, veramente ai suoi livelli.

Beh ma Golden State è un Super Team e può vincere anche senza Curry! Sì e no, anzi forse più no che sì. Curry è un leader, è quello che insieme a Green e Thompson ha creato questa squadra che ha infranto record su record. È un giocatore che condiziona le difese avversarie in modo troppo elevato con il suo range di tiro infinito. Curry è molto più di 26 punti a partita ed è molto piu di una superstar. Ci sono numeri che mostrano come è diversa, in peggio, Golden State senza di lui; esempio primo l’Offensive rating: con lui in campo gli Warriors sono primi con 120.4 mentre senza Curry sono diciottesimi con 106.4. Poi ancora i compagni, con Steph in campo la percentuale effettiva di chi gioca con lui sale in modo spaventoso. Possiamo prendere due casi: quello di Kevin Durant e quello di Klay Thompson. KD ha un aumento del valore di un 5.3% (non proprio pochissimo per un Panzer offensivo come Durant) e Klay sale di un 8%.
Condizionante. Non c’è un altro aggettivo se non questo per definire Curry.
.
Qualcosa troveranno, qualcosa la mente di Steve Kerr riuscirà ad elaborare per dare una identità leggermente diversa a questi Warriors, che potrebbero però avere una sorpresa già in casa: Quinn Cook. Il giocatore sotto contratto attraverso i nuovi “Two-way contract”, che permettono di giocare sia in Nba che in G-League, nelle partite in cui Curry è stato assente è letteralmente esploso con prestazioni da oltre venti punti per tre partite consecutive e un totale di dodici triple a bersaglio. Parole molto incoraggianti sono arrivate anche da Kerr, che lo ha definito uno dei migliori tiratori della propria squadra (e direi che qualcuno che sa tirare agli Warriors c’è). Chiaro non è Curry, non ha esperienza playoff, non è un ex Mvp, ma potrebbe essere quel sostituto che per alcune partite può “tappare il buco”, che in questo caso è una voragine, ma che in qualche modo va arginata. I playoff sono vicini e Golden State deve essere in grado di riordinare le idee e attendere il ritorno di Steph puntando sui propri punti fermi.