denzel valentine

La semifinale più attesa, considerata una sorta di finale anticipata, era quella tra Maryland e Michigan State e si può ben dire che non abbia deluso le alte aspettative: ad avere la meglio è stata la seconda, andiamo a vedere come.

Sin dai primissimi possessi, per quanto la partita sia ancora in perfetto equilibrio, si possono notare le differenze, nette, tra le due squadre: Maryland commette subito due turnover in sequenza e gioca basandosi solo sulle proprie individualità, propugnando un attacco senza idee e una difesa passiva, Michigan St. dall’altra parte gioca un basket corale, perfetto in transizione ed efficace anche a metà campo, grazie in primis alla guida di Valentine che dopo una decina di minuti ha già distribuito sei assist e mandato sei compagni sul taccuino dei marcatori. Quando le differenze di qualità di gioco sono così evidenti è solo questione di tempo prima che la squadra migliore prenda del vantaggio ed infatti a 7′ dal termine della prima frazione MSU va sul +10 e chiude la prima frazione avanti 41 a 33. Da segnalare i 9 assist (a fronte di 0 palle perse) di Valentine, tre più di quelli smistati da Maryland nel complesso, anche per un Melo Trimble non ancora in grado di entrare in partita, fermo a 0 su 6 dal campo e due soli assist.

Nel secondo tempo, come già fatto vedere sul finire del primo -seppur allora con limitati guadagni-, Maryland continua a migliorare in difesa, costringendo l’attacco degli Spartans a qualche errore e allo stesso tempo incominciando anche ad instaurare la propria presenza nei pressi dell’area in fase offensiva, situazione vantaggiosa anche per i falli di cui è cosi costretta a caricarsi la squadra di Tom Izzo.

Mentre Michigan St. inizia ad andare in confusione e a perdere qualche pallone di troppo a causa di una difesa dei Terrapins che sale sempre più di colpi, Melo Trimble sceglie il momento migliore per segnare il suo primo canestro dal campo, una tripla che dà il 53 pari a 10′ dal termine. Da quel momento da ambo le parti si segna pochissimo e quasi mai dal campo, eppure aleggia quella tensione da thriller psicologico -emozionante, anche se forse non particolarmente appagante- che non può finire che con un ultimo minuto punto a punto: sul 60-59 Spartans Dayonta Davis fa il gioco difensivo della partita con una stoppata degna dei migliori campetti d’America su Diamond Stone, permettendo a Valentine di andare in lunetta per dare ai suoi un possesso pieno di vantaggio a 22” dal termine; subito dopo accorcia Trimble col suo secondo canestro dal campo nonché il primo per Maryland in oltre dieci minuti; Valentine viene mandato in lunetta e sbaglia il primo libero di un 1+1; Trimble attacca il canestro ma il layup si ferma sul ferro: la lotta a rimbalzo è furiosa, ma ne esce vittoriosa Michigan St. proprio con Valentine che poi con un 2-2 ai liberi consegna la vittoria ai suoi. Maryland esce dal torneo forse con qualche certezza in più sulle proprie possibilità, ma soprattutto si spera più cosciente del fatto di dover giocare come mostrato nel secondo tempo (quantomeno a livello difensivo e di “buona volontà”, meno come produzione offensiva) per potersela giocare alla pari con l’elite della Division I, alla quale non può appartenere soltanto basandosi sul talento dei singoli. Per i meri numeri da segnalare i 18 di Robert Carter e il 2 su 15 di Trimble, di fatto mancato su entrambi il lati del campo, anche se segnando il layup nel finale sarebbe stato l’eroe di giornata. Per MSU la conferma di avere una squadra da titolo, quantunque non perfetta, e un giocatore come capita di vederne pochi, quel Valentine in grado di mettere a segno 18 punti, 10 assist e 7 rimbalzi, nonostante la buona difesa di Sulaimon su di lui, con in particolare un primo tempo in cui ha mostrato come si può realmente dominare una partita con i soli assist.

La prima semifinale ad essere giocata, meno attesa ma non per questo priva di interesse, è stata quella tra Purdue e Michigan, che come già detto è stata vinta dai primi. Vediamo come la squadra di Matt Painter è andata a guadagnarsi la finale.

La partita inizia subito nel segno dei Boilermakers che aprono con un parziale di 8-0 che però non scoraggia Michigan che si riporta subito a contatto. Purdue segue la propria natura colpendo soprattutto in pitturato, tant’è che nei primi quattordici minuti sono solo sei le conclusioni tentate all’infuori dell’area piccola; l’attacco di Michigan dall’altro canto è più variegato, ma il jumper stenta ad entrare (3 su 12 da tre) e i Wolverines trovano più soddisfazione quando riescono ad attaccare i difensori avversari in velocità o con backdoor. La differenza che dà il 38-30 a Purdue dopo i primi 20′ la fanno specialmente i quindici punti di A.J. Hammons che gioca una prima frazione offensivamente perfetta, mettendo in mostra tutto il suo ampio repertorio dentro e fuori dall’area e aiutando i suoi ad imporre la propria presenza in pitturato (24 a 12 dopo la prima frazione). Il secondo tempo, come il primo, si apre con un parziale di Purdue, questa volta però un più ampio 9-0: Michigan sembra poggiare sul motto “non può piovere per sempre” o forse sarebbe meglio dire “non può non piovere per sempre”, dato che continua ad accontentarsi di jumper sempre più affrettati che tendono a non centrare il bersaglio, così come Purdue tende a non offrire seconde opportunità, approfittando anzi dei rimbalzi difensivi per ripartire in contropiede e costruire il proprio vantaggio di diciassette lunghezze. Michigan è al tappeto e Derrick Walton è l’ultimo a mollare il colpo, riuscendo persino a riportare i suoi sul -6 grazie a dieci punti in una manciata di minuti; con 7’35” ancora sul cronometro la partita sarebbe recuperabile, ma Purdue ritrova il controllo del proprio attacco nonché i punti del terrore dei sette mari che risponde al nome di A.J. Hammons (che chiuderà con 27 punti e 11 rimbalzi) e così riprende il proprio vantaggio e va a vincere senza problemi con il risultato di 76-59. Michigan è ora attesa da un Selection Sunday ricco di tensione e speranza per una partecipazione al torneo NCAA per nulla scontata, mentre Purdue, dopo le prestazioni di questo torneo, può approcciarsi alla finale del torneo della Big Ten con fiducia e soprattutto con una ritrovata sicurezza dopo una seconda metà di stagione regolare che era stata piuttosto altalenante.