LAWRENCE, KS - JANUARY 04: Devonte' Graham #4 of the Kansas Jayhawks celebrates as the Jayhawks defeat the Oklahoma Sooners 109-106 in triple overtime to win the game at Allen Fieldhouse on January 4, 2016 in Lawrence, Kansas. (Photo by Jamie Squire/Getty Images)

(Photo by Jamie Squire/Getty Images)

Due partite particolarmente importanti, seppur di diverso peso specifico e valore, si sono svolte nell’ultima settimana, sicuramente le due partite che più hanno catturato l’attenzione dei media e degli appassionati: stiamo naturalmente parlando della stupenda partita vinta in tre overtime dalla numero 1 Kansas ai danni della numero 2 Oklahoma e della netta vittoria della LSU di Ben Simmons (e non solo) su i Kentucky Wildcats di John Calipari.

Cosa abbiamo imparato da queste due sfide che hanno visto all’opera quattro tra le squadre più forti (Oklahoma e Kansas) e più interessanti sia in positivo che in negativo (le altalenanti LSU e Kentucky) di questa particolarissima e assai equilibrata stagione di college basket? Andiamo a vedere iniziando dalla sfida che ha visto contrapposte le prime due squadre del ranking.

Buddy Hield è il miglior giocatore della Division I: 46 punti, 8 rimbalzi e 7 assist all’Allen Fieldhouse contro una Kansas che oltretutto ha difeso bene nei suoi confronti, con Frank Mason letteralmente incollato al bahamense per tutto il secondo tempo e overtime, rappresentano non solo una delle prestazioni più memorabili degli ultimi 20 anni, ma ci confermano come, freshmen fenomeni o meno, in alcuni casi i giocatori al quarto anno di esperienza possano ancora essere i padroni di questo gioco, specialmente se caratterizzati da un’etica lavorativa come quella di Hield. Buddy ha messo a segno otto delle quindici triple tentate, confermandosi uno dei tiratori più efficienti d’America, e, eccezion fatta per le due perse nel finale di gara dovute probabilmente anche ad una lucidità persa un po’ dopo i suoi 54 minuti di gioco, ha confermato i miglioramenti fatti nel trattamento di palla che lo rendono uno dei giocatori offensivamente più completi tra quelli che vedremo al prossimo Draft NBA.

Kansas non solo è (di nuovo) la favorita per il titolo della Big 12, ma per il titolo NCAA: per quanto il livello della conference posso andare alzandosi e vi siano squadre più che degne di usurpare lo scettro della Big 12 ai Jayhawks, che lo detengono dispoticamente da undici stagioni consecutive, Kansas anche quest’anno si sta confermando come la squadra da battere e, al momento, pare esserlo anche per la conquista del Torneo NCAA. I ragazzi di Self hanno trovato la quadratura del cerchio offensivo con il doppio play e Selden nel ruolo di ala piccola che pare essere rinato, così come Perry Ellis, che ha trovato una consistenza che pareva sempre mancargli nei tre anni precedenti passati a Lawrence. A colpire è poi anche la profondità del gruppo nelle mani di Bill Self che può permettersi di utilizzare per meno di 15 minuti a partita giocatori come Diallo e Mykhailiuk: in una NCAA che non pare avere squadre di elite i Jayhawks paiono una delle pochissime compagini in grado di staccarsi dalla moltitudine dei mediocri nel corso delle prossime settimane

Abbiamo assistito alla migliore partita dell’anno: e sarà difficile che le cose cambino da qui alla fine della stagione. Alla partita tra Oklahoma e Kansas non è mancato alcuno degli elementi che rendono una partita non solo stupenda, ma pressoché leggendaria, degna di rimanere nei libri della storia del gioco: le due migliori squadre della nazione; un losing effort con pochi eguali (il già citato Hield); altre prestazioni di alto livello (si pensi a Ellis, 27 punti e 13 rimbalzi); un equilibrio che pareva non volere far terminare mai la partita, andata avanti per tre overtime; un pubblico caldissimo in un’arena storica che non è mancata di tributare omaggio anche agli eroi della compagine sconfitta. Se si vuole imparare ad amare il basket collegiale una partita del genere è il miglior modo per diventarne eternamente devoti.

Certamente meno esaltante, ma per altri motivi dotata di grande interesse la partita tra LSU e Kentucky che ci ha insegnato che:

LSU non non é e non deve essere solo Ben Simmons: il talento dall’Australia è un giocatore straordinario e per buona parte di questo inizio stagione è parso anche l’unico motivo per vedere i Tigers e perché questi potessero vincere quelle (poche) partite che erano in grado di portare a casa. Tuttavia il one man show difficilmente porta ad alti risultati di squadra e prima della partita contro Kentucky gli eredi di Pete Maravich erano proprietari di un deludentissimo record di 8 vinte e 5 perse causato da essenze e dal contributo per così dire altalenante del supporting cast di Simmons, nonché da una difesa che potremmo considerare “noncurante”. Contro Kentucky la difesa dei Tigers ha invece costretto i Wildcats al 41% dal campo con un lavoro particolarmente eccelso sui lunghi di Calipari, annichiliti da Victor e Simmons, che però si è potuto “limitare” statisticamente a 14 punti e 10 rimbalzi, non più costretto a strafare anche grazie al supporto offensivo di un Tim Quarterman quasi da tripla doppia (21 punti + 10 reb + 7 ast.). Se dovesse anche ritrovare un Antonio Blakeney in crisi ormai da diverse partite LSU potrebbe davvero sperare di diventare la squadra da battere in una livellata SEC e giocarsi poi le sue chance per un buon percorso a marzo.

Molta strada da fare per Kentucky e il suo frontcourt: i Wildcats da una parte hanno molte meno pressioni rispetto allo scorso anno e forse un backcourt persino migliore dopo la partenza dei gemelli Harrison e la conseguente esplosione di Tyler Ulis e l’arrivo dell’ottimo Jamal Murray, tuttavia allo stesso tempo Kentucky pare ben lontana dalla squadra “quasi perfetta” dello scorso anno, in particolare per un frontcourt che finora ha ampiamente deluso le aspettative: Poythress, uscito per falli contro LSU, non sta dando il contributo che si pretenderebbe da un veterano e Skal Labissiere, dopo un promettente inizio di stagione, ha visto costantemente scendere il proprio fatturato e, spesso, il proprio minutaggio: la possibilità di dare un importante contributo proprio in seguito all’uscita di Poythress nella partita contro i Tigers non è stata colta e i dubbi sul possibile contributo immediato della solita mole di freshmen dei Wildcats non sono potuti che aumentare.