Kennedy Meeks: "Ehi Brice, dov'è Raleigh?" Brice Johnson: "ah non chiederlo a me" Marcus Paige: "è vicino Dallas" J.P. Tokoto: "ah."

Kennedy Meeks: “Ehi Brice, dov’è questa Raleigh dove dobbiamo giocare?” Brice Johnson: “ah guarda, non chiederlo a me” Marcus Paige: “hai sentito Theo? Lo sanno tutti che è vicino Dallas” Theo Pinson:”aaah”. Justin Jackson: “Le patatine all’aceto, ecco cosa avevo dimenticato”.

Il Regional East si presenta come uno dei più interessanti, ricchi di talento e di Storia (abbiamo tre squadre che mettono insieme diciotto titoli NCAA) del Torneo, ciononostante è anche una delle parti del tabellone che più sono ricche di squadre delle quali si è parlato forse troppo poco: basti pensare ad Indiana che ha dovuto vincere la regular season della Big Ten per guadagnarsi un minimo di considerazione tra gli addetti ai lavori; o a Xavier che da dieci anni è sinonimo di consistenza eppure viene sistematicamente dimenticata quando si parla dell’elite della NCAA; o ancora a Kentucky, di cui scommettiamo che quest’anno avrete sentito parlare meno in tutta la stagione di quanto non vi sia accaduto in un singolo giorno delle passate, quantomeno dall’arrivo di Calipari in avanti, eppure i Wildcats si potrebbero rivelare -come altre squadre del regional- molto più competitivi del previsto; ma andiamo con ordine e cerchiamo di dare una visione d’insieme del regional e di quello che potrebbe (d’obbligo l’uso del condizionale) accadere al suo interno.

La numero 1 del tabellone è North Carolina e non senza motivo: come si è già potuto osservare nel corso del torneo di conference, dal quale sono usciti vincitori, i Tar Heels sembrano esser giunti alla miglior condizione mentale e fisica (da questo punto di vista specialmente per quel che riguarda Marcus Paige) della loro stagione, mettendo in campo con intensità la loro migliore difesa e trovando in Joel Berry II il possibile fattore X in grado di dare alla squadra quel quid che talvolta pareva mancare per avere un gruppo che potesse saldamente rimanere tra le due-tre favoritissime per il titolo. Con un backcourt in crescita e un Brice Johnson che nel corso del torneo ACC si è potuto permettere di giocare col freno a mano tirato non ci pare proprio che UNC, che peraltro giocherà a Raleigh ovvero letteralmente in casa, possa divenire la prima numero 1 ad uscire contro la #16 che andrà ad affrontare, che uscirà dalla sfida odierna alle First Four tra Florida Gulf Coast e Farleigh Dickinson. A dire il vero è arduo anche immaginare Johnson e compagni fuori dalle Final Four, ma a marzo dare per scontate certe cose è sinonimo di brutte scottature.

A dare qualche grattacapo in più ai ragazzi di Roy Williams proverà la vincente di quella che si presenta come una delle partite più interessanti di questo primo turno, ovvero #8 USC- #9 Providence: I Trojans, al terzo anno sotto la guida del padre putativo di Dunk City a Florida Gulf Coast Andy Enfield, sono una squadra giovane nonché tra le più spettacolari da vedere su un campo di Division I (quasi 81 punti di media a partita) e che possiede un attacco in grado di far sì che sei giocatori possano viaggiare tra i 9.8 punti a partita di Elijah Stewart e i 13.4 del top scorer Jordan McLaughlin, il tutto con il 38% da tre di squadra e un reparto lunghi che può contare sul serbo Nikola Jovanovic e sul freshman Chimezie Metu, talento grezzo ma che sembra essere nato per proteggere i ferri di mezza America. Providence proverà a far pagare dazio a USC per la sua giovane età e per la sua difesa libertina con la guida di due giocatori che formano un backcourt che si può considerare tranquillamente tra i primi cinque dell’NCAA tutta, ovvero quello formato dall’asse Kris Dunn-Ben Bentil: il primo è sulla bocca di tutti da un po’ di tempo ma il secondo, e stiamo parlando di un sophomore, ha viaggiato a 21+8 rimbalzi di media in stagione e nel corso del torneo della Big East è stato autore di una prestazione da 38 punti contro Butler; è difficile immaginare USC in grado di limitare l’attacco propugnato dal duo dei Friars, tuttavia la chiave forse l’ha data Villanova nella semifinale del torneo di conference, limitando la produzione di Bentil a soli tre punti costringendolo a cinque falli in ventisei minuti di utilizzo, chissà che i Trojans non abbiano preso nota e riescano così a mandare in crisi la squadra di Ed Cooley che comunque rimane la favorita dell’incontro.

Osservando la seconda parte della prima metà del regional ritorniamo a nomi di alta nobiltà cestistica, dato che è qua infatti che risiedono, e potrebbero scontrarsi già al secondo turno, Indiana e Kentucky: gli Hoosiers dopo una regular season oltre ogni più rosea aspettativa con un Yogi Ferrell vero leader del gruppo hanno subito un’amara sconfitta nella prima partita del torneo della Big Ten contro Michigan e vorranno evitare di fare lo stesso al Torneo NCAA dove, con un seed #5 -non sempre fortunato per chi l’ha posseduto-, dovranno affrontare una delle mid-major più insidiose del torneo ovvero #12 Chattanooga, squadra in grado di forzare una palla persa ogni cinque azioni alle avversarie ed in grado di sconfiggere Georgia, Illinois e Dayton fuori dalla schedule della propria conference, ovvero la Southern. Il vizio delle palle perse di Indiana e le difficoltà che affronta ogni qual volta Yogi Ferrell ed il tiro da tre non funzionano perfettamente potrebbero essere pericolose contro i Mocs, tuttavia parlando degli Hoosiers siamo davanti alla terza difesa per possessi delle Big Ten e di un attacco il più delle volte mortifero per gli avversari: certamente la squadra di Tom Crean entra da grande favorita, ma in un contesto come quello che ci si para davanti ogni marzo possiamo accendere un preventivo upset alert.

M-V-P. Tyler Ulis è secondo a pochi quest'anno.

M-V-P. Tyler Ulis è secondo a pochi quest’anno.

Qualche insidia potrebbe nascondere anche la sfida che dovranno affrontare i Wildcats di Kentucky (seed #4) per giungere all’eventuale partita contro gli Hoosiers; tuttavia un upset da parte di #12 Stony Brook pare molto improbabile, ancor prima che per loro manchevolezze (sebbene ovviamente siano presenti anche quelle), per lo stato di forma attuale di Kentucky ed in particolare della sua point guard Tyler Ulis: questa versione della squadra di Calipari non sarà considerata tanto quanto le precedenti, ma l’upgrade dal binomio gemelli Harrison al giocatore giustamente premiato come Player of the Year della SEC ci pare notevole e potrebbe portare una versione dei Wildcats molto meno esaltata delle passate a raggiungere obiettivi non poi così differenti (ricordiamo che di fatto l’anno scorso nonostante il record -quasi- perfetto arrivarono solo vittorie nella SEC, come già quest’anno d’altronde). Molto interessante sarà vedere come si comporterà l’altalenante frontcourt di Kentucky (dove Skal Labissiere rimane sostanzialmente un oggetto non identificato eccezion fatta per un paio di buone prestazioni sul finire della regular season) contro quella vera e propria “bestia” che risponde al nome di Jameel Warney, autore di 43 punti con 10 rimbalzi e quattro stoppate nella finale dell’American East che ha dato ai suoi la partecipazione al Torneo NCAA e già in grado di andare in doppia doppia contro un’altra squadra della SEC quale Vanderbilt in una partita persa dai suoi solo all’overtime. Certo una sfida Indiana-Kentucky con duello tra point guard quali Ferrell e Ulis non sarebbe male ed è alquanto probabile, ma le due nobili dovranno fare attenzione, la prima in particolare. Sull’eventuale fascino di una Sweet Sixteen che ci presentasse North Carolina – Kentucky o North Carolina – Indiana (a livello di previsione propenderemmo per la prima) non stiamo nemmeno a soffermarci; siamo realmente davanti ad una possibile overdose di fascino da Ancient (ma anche Présent) Regime.

Nella seconda metà del tabellone troviamo il seed #6 di Notre Dame: gli Irish hanno eliminato Duke dal torneo della ACC con una rimonta piuttosto impressionante per poi finire dietro nella sfida successiva contro North Carolina, ma questa volta pagando dazio con una sconfitta di 31 punti. La squadra non manca di elementi di qualità (Demetrius Jackson, Zach Auguste, Steve Vasturia), ma risulta nel complesso una squadra mediocre e col vizio di abbandonare completamente le partite: a volte sedici punti si recuperano contro una Duke in debito d’ossigeno, altre volte si perde e nelle ultime tre sconfitte gli Irish lo hanno fatto con un passivo totale di 70 (settanta) punti. A sfidarla al primo round sarà la numero 11 che uscirà vincente dalla sfida delle First Four tra Michigan e Tulsa: la seconda è una delle squadre che più hanno fatto storcere il naso un po’ a tutti per la sua inclusione, ma ha dalla sua comunque qualche buona vittoria in stagione e soprattutto immaginiamo una gran voglia di zittire gli scettici (in passato questa cosa servì ad altre squadre, viene in mente NC State un paio d’anni fa); i Wolverines sembrano in crescita, hanno da poco battuto Indiana nel torneo della Big Ten -partita con la quale si sono guadagnati questa occasione- e ci paiono i favoriti per poi provare un piccola upset sugli Irish, che comunque dovrebbero cavarsela e raggiungere la seconda partita.

La vincente della sfida sopracitata dovrà affrontare (e crediamo perdere) verosimilmente #3 West Virginia che però prima dovrà superare in una sfida per nulla scontata una vecchia conoscenza degli upset di marzo, ovvero #14 Stephen F. Austin: i Lumberjacks sotto la guida di Brad Underwood non hanno mancato un Torneo NCAA in tre anni (il primo batterono VCU e l’anno scorso hanno fatto sudare Utah), non perdono dalla fine di dicembre e sono l’unica squadra della nazione a far meglio quello che a West Virginia riesce meglio, ovvero il costringere gli avversari a commettere palle perse su palle perse, aspetto che potrebbe creare non pochi problemi ad una squadra come quella di Huggins che ha qualche problema a prendersi cura del pallone quando non riesce a produrre con continuità attacco dalle proprie ripartenze. Certo i Mountaineers hanno uno dei migliori lunghi del panorama collegiale in Devin Williams, un allenatore che sa come andare fino in fondo al torneo e hanno dimostrato consistenza lungo tutta la stagione: fosse stata un’altra numero 3 l’upset alert sarebbe stato alle stelle dato il valore di Stephen F. Austin, con West Virginia la possibilità rimane, ma comunque è un’eventualità abbastanza remota, con Huggins ed i suoi che paiono squadra quantomeno da Sweet Sixteen.

Andando ad affrontare le ultime due partite di questo primo turno troviamo innanzitutto #7 Wisconsin e #10 Pittsburgh: entrambe le squadre non hanno propriamente brillato nei rispettivi tornei di conference, con Wisconsin battuta subito da Nebraska e Pittsburgh in grado solo di battere per la terza volta in stagione Syracuse (che, ironia della sorte, ha il suo medesimo seed nel regional Midwest. Mistero della fede.) salvo poi non creare troppi grattacapi a North Carolina. Seppur risulti difficile immaginare entrambe le squadre oltre il secondo turno, quella che potrebbe creare il maggiore scompiglio e che ci sembra la favorita di questa sfida è Wisconsin: in un’annata tutt’altro che facile i Badgers sono riusciti a trovare la quadratura del cerchio nella seconda parte di stagione sotto la guida di Greg Gard, riuscendo anche a battere squadre quali Indiana, Maryland e Michigan State. Ethan Happ è uno dei freshman di maggior valore all’infuori dei nomi destinati al prossimo Draft NBA, la difesa è tornata a funzionare (24esima per adjusted defense secondo KenPom.com) e se solo Nigel Hayes riuscisse a tornare alle percentuali dello scorso anno per una manciata di giorni allora un viaggio alle Sweet Sixteen non sarebbe folle da immaginare.

L’ultima sfida è quella che vedrà contrapposta la numero 2 del regional Xavier contro la numero 15 Weber State: i Wildcats (soprannome sempre amato dai college di tutto il mondo) sono tra le squadre migliori nel concludere al ferro e nell’andare in lunetta, tuttavia la Xavier di Chris Mack (costantemente tra i migliori allenatori della Division I) sembra davvero avere poche lacune ed a meno di sorprese davvero considerevoli è difficile vederla fuori dalla Sweet Sixteen, raggiunte anche l’anno scorso non senza sorpresa degli addetti ai lavori e con un gruppo inferiore a quello di quest’anno. I Musketeers segnano tanto, sono tredicesimi per rimbalzi a livello nazionale e sono tanto efficaci con i propri lunghi quanto con un parco guardie che ha in un sophomore, Trevon Bluiett, ed un freshman, Edmond Sumner, i suoi due realizzatori migliori: Xavier c’è per questo e anche per gli anni a venire. Sinonimo di consistenza al Torneo NCAA (cinque volte alle Sweet Sixteen nelle ultime sette partecipazioni dal 2008 a oggi), i ragazzi di Mack da questa parte del tabellone, West Virginia permettendo, paiono davvero la squadra designata a provare a fermare quella che dovrebbe essere la favorita della parte alta, ovvero North Carolina.

Per fortuna tra poche ore tutte queste parole saranno prive di senso, un senso che avranno solo i giudizi e i risultati del campo che potrebbero tanto confermare quanto sovvertire le previsioni e le considerazioni che tutti ci sforziamo di fare in vista di eventi sportivi che, come la March Madness, ci catturano il cuore e la mente.