Questa è la storia di un carneade, ma di un carneade vero. Questa è la storia di Scotty Thurman.

Scotty Thurman

Scotty Thurman

Nasce a Ruston nella Louisiana nel 1974, un paesello non particolarmente attraente né interessante ma dove è situata la Louisiana Tech University in cui giocò Karl Malone ed al piccolo Scotty la palla a spicchi piace tanto da passare interi pomeriggi nel cortile a tirare. E tira bene, con un gran stile tanto che Nolan Richardson, coach di Arkansas, offre una borsa di studio al ragazzo, ora giunto ad un metro e novantotto centimetri per giocare nei Razorbacks.

Nolan Richardson è il primo coach di colore ad allenare una major del Sud ed è un tipo particolare: ha creato uno stile di pressing a tutto campo pomposamente chiamato “Forty minutes of Hell” ed ama giocare Up Tempo oltre a far allenare i suoi giocatori alle 6 del mattino “gli avversari a quest’ora dormono e non ci prendiamo un vantaggio su di loro”. Aveva portato Arkansas alle Final Four nel 1990 ma la squadra del 1993-94, con Thurman al secondo anno, non pare poter andare oltre ad un onorevole Torneo NCAA basandosi su un solo talento come il bizzarro Corliss Williamson, un Freak of Nature, un centro di due metri senza tiro da fuori ma con una ferocia fuori dal comune in area che a sorpresa trascina i Razorbacks ad una stagione da 31 vittorie e 3 sconfitte ed alla Final Four di Charlotte dove battuta la Arizona di Khalid Reeves in semifinale Arkansas si ritrova Duke in finale.

Sono i resti dei Blue Devils del back to back del ‘90 e ’91, il loro leader è lo splendido Grant Hill ma della squadra del back to back oltre a lui è rimasto solo Antonio Lang, poi c’è Cherokee Parks un settepiedi californiano dal grande talento e dal cuore troppo dolce per reggere il fantasma di Christian Laettner ed infine Chris Collins, il figlio del grande Doug ex coach dei Chicago Bulls, e Jeff Capel. Una buona squadra ma non irresistibile.

il tiro decisivo di Scotty

il tiro decisivo di Scotty

La finale è infatti tiratissima e Scotty fa il suo dovere col suo morbidissimo jumper mentre Williamson è troppo potente e duro per i morbidi Parks e Lang. A poco più di un minuto dal termine Chris Collins con una tripla dall’angolo porta i Blue Devils sul 70-70. Arkansas vuole servire Williamson in area ma viene triplicato e costretto a scaricare fuori, il passaggio di uscita è impreciso ed il compagno fatica a non perder palla per poi scaricarla sul mezz’angolo destro dove è situato Scotty quando mancano 53”. Il numero 30 riceve e si aggiusta la palla. Nel frattempo arriva in aiuto Lang mentre il cronometro dei 35” sta per scadere, si alza morbido, spezza il polso e con una gran parabola il pallone passa oltre alla mano dell’ala di Duke… ci mette un’eternità… e si infila dolce nel canestro per una tripla che spezza l’inerzia a favore dei Razorbacks.

Finisce 76-72.

Arkansas vince il suo primo titolo NCAA della sua storia.

Williamson è il Most Outstanding Player ma Scotty Thurman è l’eroe.

Si fermano entrambi ancora un anno al college ma dopo il loro anno da junior entrambi si dichiarano per il draft. Thurman forte dei suoi 15 punti di media, del suo gran tocco da fuori e della gloria di quel tiro ci crede. La NBA lo aspetta. Prende un agente ma forse Robert Fayne che lo rappresenta non ha abbastanza contatti eppure sia Fayne che gli scouts NBA lo rassicurano: sarà una tarda prima scelta, al massimo verrà chiamato all’inizio del secondo giro. La notte del draft si presenta con il suo abito buono ed aspetta che Stern lo chiami. Passano le prime scelte. In lotteria viene chiamato l’amico Corliss. Si arriva alla fine del primo giro. Nothing. Inizia il secondo. Nothing. Arriva l’ultima chiamata. Undrafted.

un altra visione del tiro decisivo

un altra visione del tiro decisivo

Non si può più tornare indietro. Il college è alle spalle. Lo chiama una squadra italiana ma rifiuta un buon contratto. Vuole la NBA a costo di passare i tagli delle summer leagues. Lo chiama Willis Reed dei Nets e lo rassicura “Con quel tuo tiro ti troviamo un posto da noi…” ma Scotty viene tagliato per ultimo e comincia a girovagare: un po’ di CBA e poi varca l’oceano. Grecia, Italia, Libano, Cipro, Jugoslavia e Giordania. Sempre con quella notte del draft in testa. Alla fine se ne fa una ragione “Ero un ragazzo che voleva giocare nella NBA ma non è successo, altri che hanno avuto una carriera come la mia ci sono riusciti ma non era nel mio destino, non c’è nulla di garantito nella vita”.

Ora Scotty è tornato a casa. A Little Rock nell’Arkansas, dove rimane un eroe, lavora nel mercato immobiliare ma è anche Direttore dello Sviluppo degli Studenti Atleti della sua ex Università “Abbiamo un programma per aiutare i ragazzi a trovare un titolo di studio adatto alle loro capacità per farli prendere la strada giusta”

“Quasi tutti i nostri giocatori vogliono diventare professionisti ma non si deve essere professionisti per forza nel basketball, si può essere grandi professionisti come avvocati o dottori…” il nostro piccolo Scotty ha imparato la lezione.