Sergio Tavčar

Sergio Tavčar

Oggi, in attesa del big bang, solo qualche breve considerazione. Intanto sono contento che anche voi vi stiate accorgendo come il vedere una partita di basket dal vivo sia tutt’altra cosa che vederla in TV. Non sono mai riuscito a capire il perché la differenza sia tanto marcata. Evidentemente la televisione appiattisce molto di più di quanto si possa immaginare. Esempi: andare su una pista di discesa, magari d’estate, vedere che tipi di precipizio ci sono e vedere la gara in TV d’inverno dove su quello stesso punto sembra che vadano sul dritto (io mi immagino che roba debba essere la Mausfalle che fa impressione già in TV), oppure, credetemi, la libidine assoluta che suscita una partita di hockey fra squadre vere vista dal vivo. Dico sempre che nella mia carriera il ricordo di ineffabile goduria maggiore fu in occasione di un’ URSS-Cecoslovacchia di hockey alle Olimpiadi del ’76. Sono contento anche che quelli di voi che siete stati a Lubiana e che siete sopravvissuti alle resse ai botteghini (inutile: quando gli sloveni vogliono inventare l’acqua calda fanno pasticci terribili, proprio perché l’acqua calda è troppo facile farla, l’importante a questo punto è che vogliono aggiungerci qualcosa di strano che altri non hanno mai fatto col risultato di combinare disastri plurimi colposi) abbiate notato che la città letteralmente respira di basket. Quello che dicevo: con buona pace dei bolognesi o pesaresi, le due città al mondo più in simbiosi con il basket rimarranno sempre Trieste e Lubiana.

A proposito una piccola precisazione in merito ai rapporti fra sloveni e croati visto che abbiamo nell’uditorio anche un paio di croati, di quelli giusti, con i quali si può chiacchierare in amicizia, magari sfottersi, ma continuando a rispettarci (spero). Parto da lontano facendo una specie di paragone molto poco calzante e con tutti i distinguo possibili dovuti a diversissime fasi storiche passate, ma che può rendere l’idea agli italiani. Allora: tutti gli italiani sapete dei sentimenti profondi reciproci fra di voi, i tedeschi e i francesi. Ebbene: fra i tre popoli costitutivi della Jugoslavia (Regno dei Serbi, Croati e Sloveni del 1918) c’è un rapporto più o meno analogo con gli sloveni nel ruolo dei tedeschi, i croati nel ruolo dei francesi e i serbi nel ruolo degli italiani. Per esempio i serbi non amano, ma ammirano gli sloveni, mentre al contrario gli sloveni amano i serbi e il loro modo di vivere, ma non vogliono averci con loro niente a che fare. In vacanza in Serbia sempre, più a lungo possibile, ma viverci non se ne parla. Ambedue però non è che amino alla follia i croati, in massima parte perché ambedue vedono in loro una spocchia che ai loro occhi è totalmente ingiustificata. Passando al rapporto bilaterale fra sloveni e croati le cose cambiano nettamente: bisogna innanzitutto dire che si tratta in realtà di due popoli più che cugini, in realtà fratelli divisi dalla storia. Per chi non lo sa c’è un’amplissima zona a nordovest di Zagabria (dove sorge fra l’altro anche Kumrovec, il luogo natale di Tito) nella quale si parla un meraviglioso dialetto che è una specie di esperanto sloven-croato (e che sconfina anche dalla parte slovena, anche se in parte molto minima) per quanto gli abitanti siano croati a tutti gli effetti (nessuno ha mire espansionistiche! Non voglio essere frainteso). Meraviglioso anche dal punto di vista storico, in quanto lo stesso tipo di lingua si parlava dappertutto nei due Paesi (Slovenia-Carniola e Croazia propria, lasciando stare da parte Dalmazia e Slavonia che sono storicamente e linguisticamente due entità diverse) ancora nella prima metà del 19.esimo secolo e infatti al tempo sorse una grossa disputa fra i fautori della riunificazione delle due lingue (sloveno e croato) che erano al tempo in realtà percepite come dialetti e i fautori della divisione che ebbero la meglio anche alla luce del risveglio dei popoli a cavallo del 1848. Anche perché, e questo è stato un fattore decisivo, le due entità erano anche politicamente divise fra Austria e Ungheria. Questo lungo preambolo storico per far capire come fra i due popoli ci sia stata sempre una grande competitività con i croati che hanno sempre considerato gli sloveni montanari ottusi senza fantasia e gli sloveni che invece hanno sempre visto i croati come inguaribilmente balcanici, nel senso deteriore che si dà a questo aggettivo. Inciso: se volete offendere a morte uno sloveno chiamatelo balcanico. Per cui se qualcuno pensa che io da sloveno guardi i croati in un’ottica particolare che è tutt’altro che obiettiva, ha perfettamente ragione. Come però che si capisca che capita esattamente la stessa cosa quando un croato parla di uno sloveno. In definitiva sul merito non credete né a me né a lui.
Per cui ammetto che forse la mia disamina sulla squadra croata sia inficiata da questo difetto di fondo. Ciò non toglie comunque che il succo di quanto detto lo confermo. Una sola cosa ho dimenticato di dire: sono perfettamente sicuro che la rinascita (per ora secondo me un po’ casuale e dovuta più a situazioni contingenti che non a un vero e proprio cambiamento di rotta) della Croazia e il fatto che giochi in modo molto più umano che in passato sia dovuta al fatto che finalmente si sono liberati di sciagura Planinić (per non parlare di Marko Popović, il vero eroe della Slovenia nel quarto di finale del 2009), per cui di giocatori bizzarri, chiamiamolo così, ne è rimasto uno slo, ovviamente Roko-Leni, che essendo rimasto solo è molto più gestibile.
Ancora per finire una precisazione su un tema introdotto qualche giorno fa che poi nel calore della discussione è stato dimenticato. La faccenda dei 14 giocatori in lista con 12 a referto per ogni singola partita. La ragione è logica. Nei 12 ogni staff tecnico deve includere un tot di pivot, di guardie, di ali, di specialisti eccetera. Ora poniamo che per sfiga galattica si spacchino uno dietro all’altro tre pivot, o tre guardie, fate voi. Mi sembra logico che si possa integrare il roster con uno di quelli rimasti fuori, proprio per sopperire a buchi improvvisi non preventivabili. Nella pallamano fra l’altro ci sono 16 giocatori in lista, di cui 12 vanno a referto. Da tempo immemorabile e nessuno ha avuto nel frattempo avuto nulla da ridire. Nello stesso calcio, con 11 che vanno in campo e con sole tre sostituzioni, nelle grandi competizioni ci sono 23 giocatori in lista. Anche qui tutto normale. Perché allora nel basket non può essere? Tutto qua.