Per cominciare e per scagliare subito un masso nel lago, sapendo benissimo di scatenare reazioni furibonde, ma per una volta tanto voglio divertirmi e leggere con gusto i vostri commenti, anticipando che, sempre che sia civile, la discussione non sarà mai censurata, mi ricollego a quanto detto nel primo capoverso per buttarla in politica. Il fatto che, eliminati i guastatori, di colpo si respiri aria pulita mi fa pensare che in politica dovrebbe essere lo stesso. Lo so, inutile che me lo ricordiate, che noi di sinistra siamo accusati di elitismo e di voler far tacere tutti coloro che non la pensano come noi, convinti come saremmo di essere gli unici ad essere in possesso delle giuste chiavi per giudicare e eventualmente guidare una società. Proprio per questo dico che lancio un masso nel lago, perché quello che sto per dire sembra esattamente lo stereotipo di quanto ci accusano i destrorsi. Io vorrei tanto che il diritto di voto fosse un diritto vero e proprio da acquisire e non dato per bontà divina a chiunque. Io sogno una società dove il diritto di voto fosse concesso a chi dimostra una cosa semplice e solare: di sapere cosa stia facendo mettendo una scheda nell’urna. Che sappia come funziona lo Stato di cui elegge la classe governante, di cosa siano i tre poteri, di cosa sia e come funzioni la politica internazionale, nel senso che non basta dire noi facciamo così, bisogna anche vedere se gli altri ce lo lasciano fare, che abbia una minima idea di economia (non occorre tanto, basta sapere che i soldi non si creano dal nulla, ma con il lavoro, e che promettere cose irrealizzabili per la semplice ragione che non ci sono i bori – per noi triestini quello che per i veneti sono gli sghei – dovrebbe screditare ipso facto chi propone cose del genere), che in definitiva prima di avere in mano la scheda elettorale passi un mini esame di stato. Poi può votare come vuole. Chiaro che uno come Lopez è politicamente su un altro pianeta rispetto al sottoscritto, ma avendo dimostrato di seguire le cose e di interessarsi, di leggere e di istruirsi, sarebbe sempre e comunque un elettore modello, qualsiasi cosa votasse. Insomma, non occorre essere della nostra opinione, basta conoscere e riflettere. Utopia? Ovvio, per questo sono sempre più pessimista.

Altro argomento che mi prude e che ritengo totalmente fondamentale, centrale in tutto il discorso che si fa nel mondo moderno su tutto lo sport e su come viene percepito, basket ovviamente compreso. Visco fa un’analisi su come funziona un settore giovanile. Esatta, niente da dire. Solo che a me si ghiaccia il sangue nelle vene e mi viene un’insana e folle idea di imbracciare un AK47 o un Uzi, insomma una roba che spara tanti colpi in poco tempo, e di andare per queste società che si comportano in questo modo e di fare una strage tipo da far impallidire quelle che regolarmente fanno negli USA. Quello che si fa ora è esattamente l’opposto di quello che dovrebbe essere fatto, tutto qua. Le squadre giovanili devono vincere, lo vogliono i dirigenti, i genitori e gli “allenatori” (le virgolette sono d’obbligo per una professione che con il basket giovanile esattamente nulla ha a che vedere) che così faranno carriera, per cui giocano sempre i più forti che hanno sempre loro la palla e sono gli unici che possono fare canestro? Strage. Di gusto. Di tutti. Ma proprio tutti. Chi ragiona in modo così aberrante non ha diritto di calpestare questa valle di lacrime. Tanto tempo fa, in un articolo per il Resto del Carlino con il quale collaboravo grazie al carissimo amico Lorenzo Sani, scrissi in modo provocatorio che il minibasket andrebbe semplicemente eliminato, essendo inutile dal punto di vista tecnico, ma soprattutto deleterio e devastante dal punto di vista sociale. Ora, quasi 30 anni dopo, sono ancora più radicale. Non solo il minibasket, ma con un Decreto del PR andrebbero eliminate tutte le categorie giovanili fino agli Under 16, o cadetti come li chiamavamo noi in modo molto più elegante. E fino a quell’età i ragazzi cosa fanno? Intanto fino all’età di 12 anni imparano a correre, saltare, fare capriole e salire sul palo, e se gli dai la palla in mano (è ovvio, il tuo fine è quello di far di loro giocatori di basket), gliela dai per divertirsi, per stimolare la loro competitività magari con garette di tiro o di palleggio senza comunque alcun tipo di premio in palio, per organizzare magari qualche partitella senza alcun tipo di regole che non siano quelle basilari del basket, fondamentalmente che non si può camminare con la palla in mano o palleggiare per due volte. Non intervenire in queste partitelle per nessun motivo per fare in modo che si palesino le doti caratteriali e mentali dei ragazzi. Se riesci in queste partitelle allo stato brado a intravedere in un ragazzo (vale ovviamente anche per le femmine, ovvio) le doti fondamentali di un giocatore di basket, che sono la percezione naturale che il basket è un gioco di squadra e che la cosa importante è che vinca la squadra, per cui è fondamentale coinvolgere nel gioco tutti i compagni, anche quelli scarsi, perché motivandoli il rendimento della squadra sarà migliore, allora hai trovato la tua gemma. Hai finalmente trovato quello che un giorno potrà darti grandi soddisfazioni, una volta (molto più tardi) che compirà i giusti passi tecnici che dovranno essere intrapresi quando il fisico sarà già tanto sviluppato da permettere che siano appresi nel modo corretto. Ecco, in un processo del genere, l’unico che ci permette di capire quali siano i veri prospetti, mi sapete dire cosa c…o centri vincere uno scudettino Under 12 (13,14…) giocando magari pick-and-roll fino allo sfinimento? Nulla, anzi fa solo danno. Tanto più che, come detto millanta volte, ma nessuno mi ha mai ascoltato, eppure la cosa è ovvia, lampante e solare, i veri giocatori di basket, quelli che potranno essere veramente competitivi ai massimi livelli, sono quelli che da grandi avranno il fisico. E tutti noi sappiamo per esperienza personale che chi sarà molto alto e robusto da grande, da piccolo è imbranato e capisce le cose con ritardo proprio perché si sviluppa più lentamente, dovendo arrivare più lontano. Per non parlare di quando comincia a crescere e ha gli arti ogni giorno di lunghezza diversa, per cui, quando allunga le braccia per prendere un pallone, il gesto che faceva la settimana prima gli fa andare le mani più lontano di quanto si attenda (le braccia sono nel frattempo cresciute) con il risultato di fare una figuraccia e di essere magari mandato in panchina fra le risate del pubblico, facendogli odiare il basket e perdendo così magari l’unico che di quella generazione avrebbe potuto fare qualcosa.

“Allenatori” di giovanili? Ma scherziamo? Cosa cavolo “alleni” fra i bambini? I bambini li educhi, li fai vivere una vita socialmente appagante, fai in modo che fra loro si trovino bene, che si facciano amici con i quali magari parlare, e magari anche scherzare e litigare, a quattr’occhi e non via Facebook (il che sarebbe la conquista massima, l’Everest dell’educazione in questo triste e piatto mondo moderno), un gruppo insomma nel quale l’abilità di ciascuno nel giocare a basket sia esattamente l’ultima discriminante, se mai lo è. Per mia esperienza, quando i ragazzini erano ancora persone e non automi (ricordate che parlavo della generazione dal ’70 in poi?), i gruppi che riuscivo (ebbene sì, lasciate che esprima la mia soddisfazione per esserci riuscito più volte in questo che ho sempre ritenuto il mio compito fondamentale da istruttore) a creare erano normalmente guidati, o comunque vi avevano una netta prevalenza gerarchica, proprio coloro che più erano negati per il basket. Ma che proprio per questo, trovandosi bene nel gruppo, ci davano dentro molto più di quelli più dotati e prima o poi diventavano veri giocatori, utilissimi alla causa, anche e soprattutto per la loro influenza nello spogliatoio.

E’ chiaro, prima o poi le partite dovrai cominciare a giocarle, anche e soprattutto perché il divertimento vero è chiaramente giocare e non allenarsi. L’importante sarebbe che queste partite contassero il meno possibile, almeno dal punto di vista ufficiale. E che soprattutto fossero giocate fra società simili per mezzi, bacino d’utenza e filosofia di gioco. Per dire, sempre per esperienza personale, quando il mio Polet, in qualsiasi categoria, giocava il derby contro il Kontovel (e viceversa per loro), quello era l’evento dell’anno, quella era la partita chiave, quella non dovevi perderla. Poi, se ne prendevi 60 dalla Pallacanestro Trieste, chi se ne fregava. E i ragazzi si allenavano come disperati solo per battere il Kontovel. Era così per noi e per loro e, quando abbiamo avuto la generazione giusta e ci siamo messi insieme come Jadran, con soli giocatori fatti in casa, siamo arrivati fino in B con 4000 persone a Chiarbola a festeggiare la promozione nella gara decisiva contro Treviso.

Passando al basket (notate la finezza? – nel capoverso precedente il basket come tale non c’entra per nulla) mi riaggancio a quello che scrive Gabriele. Il quale vorrei tanto conoscerlo, perché dal punto di vista dei ragionamenti sembra un mio clone nato da qualche parte in Toscana (mi pare). Mi si è quasi gelato il sangue nelle vene quando ho letto il suo commento sul famoso rigore contro la Juve a Madrid (non chiedetemi cosa ho fatto in quel momento), in quanto ha scritto veramente parola per parola quanto detto da me il giorno dopo in redazione parlando con Robi Siljan, compreso l’accenno al rigore all’ultimo minuto che si dà quando c’è la parata del difensore sul tiro che sta finendo in porta. Aggiungo che tempo fa, in una chiacchierata con Boša Tanjević, lui disse testualmente: “Fallo nell’ultimo minuto è un coltello nella schiena (Faul u zadnjoj minuti je nož u leđa)”. Gabriele fa una disamina sull’Eurolega che, per quanto detto prima, è più o meno esattamente quella che potrei fare io. Con due piccole precisazioni comunque: non sono tanto sicuro delle chance dell’Olympiacos, e ciò non perché non sia d’accordo sul fatto che disponga di eccellenti giocatori. Io ho dei dubbi sulla tenuta fisica dei due giocatori che sono l’anima della squadra, ovviamente Spanoulis e Printezis, due grandissimi giocatori di basket (poi quanto siano campioni decidetelo voi, per me, in quanto grandi giocatori di basket, lo sono per definizione – ripeto per l’ennesima volta, per parlare di campioni bisognerebbe per prima cosa mettersi d’accordo sulla definizione stessa di cosa e chi sia un campione) che però sono già di penultimo se non ultimo pelo, per cui in una serie serrata di partite allo spasimo non so quanto possano reggere. D’accordo su CSKA e Fenerbahce aggiungendo che mi sembra che la previsione iniziale della migliore chimica del duo Chacho-De Colo rispetto a quella del duo De Colo-Teodosić si sia rivelata esatta (per la ragione tanto giustamente esposta che Rodriguez, essendo un play vero, fa fare più spesso e volentieri a Nando la guardia pura, il 2, come si diceva una volta, ruolo che è esattamente il suo) e che il Fener, senza Bogdanović e Udoh si sia indebolito, malgrado il fatto che finalmente, grazie al fatto di essere stato prima sotto Trinchieri e ora sotto Obradović, Melli stia finalmente facendo quello che sa fare e che ancora non riescono a capire che deve fare anche in nazionale, dove giocano la palla veltri e suini, tutti meno che lui. Per finire sono molto d’accordo con Buck (a proposito, veramente grazie per i bellissimi report su Milano che mi permettono di non parlarne, avendo sempre e comunque detto tutto lui) sul fatto che bisogna stare molto attenti al Real. L’ho già scritto in fase di presentazione e di mie impressioni iniziali: se ritorna Llull e se, e sottolineo se (che belle erano le canzoni di una volta! – scusate il rigurgito di passatismo), ritorna il Llull che può essere, a fare le cose che faceva accanto a Dončić in nazionale Goran Dragić, allora per me il Real diventa il grande favorito per la vittoria. Ripeto però: “se”, ed è questa la vera questione. Finisco con un’altra grandissima considerazione di Gabriele: il numero di tiri da tre tentati dalle squadre migliori di Eurolega. Avete trovato varie spiegazioni che però, per il mio abito mentale, sono un clamoroso scambio fra causa e effetto. Secondo la mia ferrea opinione è che sono le squadre migliori proprio e perché tirano poco da tre. In questo modo hanno molte più dimensioni in attacco e possono diventare devastanti. E poi, nel finale di partite tiratissime punto a punto a decidere quasi sempre sono tiri liberi all’ultimo secondo e non clamorose triple alla sirena che entrano in tutti i highlight, ma lo fanno proprio perché sono clamorose eccezioni e non regola. Le squadre forti possono tirare meno da tre perché sono forti sotto canestro? Esatto, maledizione! Da che basket è basket le partite si vincono sotto canestro. Tutto il resto è fuffa per bambini (o tali per atteggiamento mentale).