Bisognerebbe parlare di ciclo finito e di ciclo mai iniziato, subito dopo Siena-Milano, invece al presente preferisco un passato remoto e l’immediato rilancio verso un futuro chissà quando posizionato.

Mi è capitata sott’occhio una copia della Gazzetta dello Sport del luglio 1971. Grafica preistorica, ovvio, con prima pagina divisa in otto blocchi di testo e un paio di foto in bianconero. Parte alta: blocchi che riguardano pugilato, atletica, nuoto e pallacanestro. Parte bassa, quindi inferiore soprattutto come importanza, quattro titoli e inizio di relativi, lunghissimi e verbosissimi articoli di calcio.

Avete letto bene e meglio capito come la realtà sia sia completamente rovesciata negli ultimi anni, sempre e solo pro calcio, e la “Rosea” non è che la vetrina principale dei giornali italiani quando si parla di sport sulla carta stampata e un buon metro di paragone quando ci si riferisce al rapporto fra media e sport in generale. Sì, sporadicamente altri sport meritano la prima pagina. Sporadicamente appunto ma ricordo ancora la rabbia di un collega ad Atene, 2004, quando in una giornata trionfale per gli azzurri ai Giochi il suo Direttore – sempre di quel giornale – aveva preferito un titolone sui preliminari chi Champions (mi pare di ricordare della Juve).

In una pagina “qualsiasi” dell’estate 2012, senza grossi clamori come ne proponeva quella di 40 e passa anni fa, gli altri sport diversi dal calcio passeranno dai blocchi ai titolini confusi con le battute di Gene Gnocchi. E il basket italiano non ne farà più parte.

Lunedì, a Roseto, un eccellente convegno organizzato nell’ambito della settimana del Trofeo “Lido delle Rose”, nato nel 1975 e forse il più antico in Europa e magari al mondo, si è discusso di futuro del basket. Niente di teoricamente nuovo, dibattiti del genere erano una costante anche negli anni del boom e poi della dignitosa sopravvivenza. La differenza è stata innanzitutto che i contributi sono stati riversati su internet. Poi, avendo partecipato e con un ruolo attivo, non posso attribuirmi meriti o sollecitare un’attenzione particolare su quanto è emerso. Però posso consigliare di seguire quanto detto da Mario Arceri, Eugenio Crotti e Luigi Lamonica, quest’ultimo ad esempio quando avverte sui rischi del sorteggio arbitrale che si vorrebbe introdurre dalla prossima stagione: «Vi scongiuro, evitiamolo, sarebbe la morte dell’arbitraggio. Scegliete uno, due, tre designatori, quanti volete, ma non pensate sempre e solo male ma rendetevi conto che ci vuole sempre un po’ di criterio nel mandare un arbitro con più o meno esperienza ad un incontro più o meno difficile. La carriera di un arbitro giovane può essere distrutta se mandato allo sbaraglio. In Europa il sorteggio lo fanno solo in Grecia ed è un disastro». Ancora dall’arbitro che per la seconda volta consecutiva andrà alle Olimpiadi: «E’ il momento di decidere cosa fare, anche per i nuovi arbitri, ma per tutto il basket in generale. Credo però che manchi la volontà di guardare a lungo termine, che si prendano decisioni per l’immediato, anziché guardare avanti di 5-10 anni».

Eugenio Crotti, consigliere federale e responsabile per i settori minibasket, scolastico e giovanile ha anticipato i dettagli del programma denominato 519. Decrittato riguarda le età e i percorsi dai 5 ai 19 anni e le quattro aree di intervento decise dalla federazione: tecnica, fisica, medica, psicologica. Si parla soprattutto di attività di base, giovanile: difficilissima in questo periodo economico perché dovrebbe coinvolgere e ottimizzare le scuole primarie.

Infine, la parte che riguarda la Comunicazione ma non solo: 1) il rammarico per poche cose da dire e pochi personaggi che aiutino ad attirare attenzione; 2) l’ovvietà delle cose dette nelle conferenze stampa da protagonisti sul campo che peraltro, per la soddisfazione dei club, non sono quasi mai sollecitati al “Si può dire di più”; 3) una Lega Basket che al di là dell’opportunità o meno della trasformazione-riduzione in società di servizi è sempre più depotenziata.

Poche pietre, certamente non miliari, forse sassi nello stagno. Che però va mosso, perché non è fango terapeutico quello spalmato sul basket italiano. E sai invece il letame che tanti hanno già ammazzato davanti al ventilatore posizionato verso di noi, se ad esempio dovessimo perdere la Benetton, Treviso, un’ex oasi felice?

E ho solo fatto un esempio, ma a breve parleremo di altre scivolate sul filo del rasoio.

FRANCO MONTORRO