Sergio Tavčar

Sergio Tavčar

Continuo ad essere fermamente convinto che per essere un grandissimo allenatore di basket si debba essere stati giocatori (come giustamente rimarcato, di qualsiasi categoria, non è la quantità che conta, ma la qualità) leader nelle squadre in cui si è militato. Posso solo convenire che essere stati al comando in qualsiasi altra attività della vita possa essere importantissimo, come fu il caso di Nico Messina, il creatore della grande Ignis, ma più di tanto non posso concedere. “Non occorre essere stati cavalli per fare il fantino”. No, ma se per qualche strana magia lo si fosse stati in qualche vita anteriore, aiuterebbe, e molto, direi in modo decisivo. Solo un cavallo può capire a fondo un altro cavallo.

Fra i commenti che ho letto ce ne è uno che mi ha dato estremamente fastidio, ed è una citazione da un altro autore nella quale si dice che il mondo sta andando avanti e bisogna essere al passo dei tempi e che dunque rinchiudersi in una torre d’avorio rimpiangendo i tempi passati è patetico. Per uno dichiaratamente, proprio per convinzioni congenite sui valori importanti della vita, di sinistra come sono io sembra strano che possa dire che le sorti magnifiche e progressive dell’umanità sono una puttanata colossale che echeggia da lontano le promesse religiose sulla felicità della vita eterna, nel senso oggi mangiate pure sterco che tanto domani sarete felici in un’altra vita. Chi va avanti è solo la tecnologia, mentre nel suo animo l’uomo rimane lo stesso da sempre. E per quanta tecnologia ci possa essere a farci felici sarà sempre il sorriso dell’amata, la carezza di un bambino o un magnifico tramonto. Così, passando all’infimo, il basket sarà sempre bello quando sarà basket e farà schifo quando sarà circo. Tanto più trattandosi di un gioco, di un’attività cioè che coglie le corde più profonde e basilari dell’animo umano che tramite il gioco impara per la vita, ma anche si diverte in situazioni che sublimano la realtà, per cui la gioia estetica che offrirà una bella azione nel basket sarà sempre la stessa. Come, per quanto vada avanti il calcio, tutti godranno sempre a vedere una magia di Messi. Il problema del basket è che di Messi non ce n’è, per cui le nuove leve, avendo sotto gli occhi la realtà attuale pensano che il basket sia quello che vedono oggi. E se si appassionano al basket vedendo come viene interpretato oggidì, allora vuol dire che il basket è veramente uno sport fantastico. Pensate solo a cosa sarebbe se fosse giocato bene.

E per finire ancora la mia sull’infinita diatriba sul fallo sistematico. Come ho già detto (e sono stato anche citato da qualcuno) per me se una squadra è arrivata avanti all’ultimo minuto ha avuto dei meriti che non possono né devono essere cancellati dalla lotteria dei tiri liberi (sì, va be’…segnare i tiri liberi è importante, bisogna essere freddi, fa parte del gioco…ma è pur sempre un’esibizione balistica), per cui mi sembra che moralmente debba essere tutelata affinché porti a buon fine la partita. Per cui sono convinto che la gestione arbitrale negli ultimi minuti dovrebbe essere molto più aderente allo spirito del gioco, nel senso che la squadra che è avanti ha tutto il diritto di far scorrere il tempo, per cui adotterei seduta stante il principio secondo cui fino a quando la squadra in vantaggio è in possesso del pallone si sorvola sul falletto tattico lasciando che il tempo passi. In definitiva introdurrei il concetto, che a me sembra sportivissimo, della regola del vantaggio. Per cui la squadra sotto nel punteggio o difende regolarmente tentando di portar via il pallone grazie alla difesa, ai raddoppi, al pressing o quant’altro oppure deve rassegnarsi al fatto che gli avversari possono tenere la palla per tutti i fatidici 24 secondi concessi dal regolamento. Se vuole far fallo deve allora farlo in modo plateale se non brutale ed allora scatta automaticamente (e legittimamente) la regola del fallo antisportivo. Mia impressione è che gli arbitri siano sempre loro, se mi permettete questa frase, nel senso che non vogliono smettere di essere protagonisti e di voler essere un fattore decisivo nello svolgimento della partita. Se invece nei minuti finali si limitassero alla banale logica del danno procurato, con ciò tutelando la squadra in vantaggio, sarebbe molto meglio per tutti, primi noi spettatori, ai quali sarebbe risparmiata la stucchevole litania dei trasferimenti continui da un canestro all’altro con gli ultimi 30 secondi che durano dieci minuti.